In 3 sorsi – A un mese dal suo insediamento il Presidente Biden ha dichiarato ufficialmente la fine dello stato di emergenza lungo il confine col Messico, definendo come “ingiustificata” la decisione adottata nel febbraio 2019 dal predecessore Donald Trump.
1. LE TENSIONI CON LA PRECEDENTE AMMINISTRAZIONE
L’emanazione dello stato di emergenza nazionale al confine con il Messico era stata dichiarata dall’Amministrazione Trump nel febbraio 2019, generando una strenua resistenza dalla controparte democratica al Congresso. L’opposizione aveva definito questo provvedimento come un “abuso di potere” adottato con l’obiettivo di “scavalcare” l’opposizione prevalsa al Congresso verso il finanziamento di 5,7 miliardi di dollari, che Trump aveva chiesto per la costruzione del muro, uno dei massimi baluardi nel corso della sua campagna elettorale, che lo ha portato alla vittoria alle presidenziali nel 2016.
I picchi più alti nello scontro che ha visto contrapposti Trump allsi sono raggiunti quando, nell’ottobre 2019, l’ex Presidente ha deciso di porre un veto alla risoluzione che l’opposizione era riuscita a far approvare al Congresso appena un mese prima, proprio con lo scopo di far terminare lo stato di emergenza.
Fig. 1 – Nel febbraio 2019 Donald Trump proclamava lo stato di emergenza al confine col Messico
2. LA SVOLTA DI 180° DI BIDEN
In seguito agli ordini esecutivi firmati il primo giorno da Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden ha deciso di porre ufficialmente fine allo stato di emergenza nazionale al confine col Messico, mettendo in atto una vera e propria svolta di 180° rispetto alla politica intrapresa dal predecessore. Politica che, secondo Human Rights Watch, a causa del programma Migrant Protection Protocols (anche definito Remain in Mexico) avrebbe esposto migliaia di richiedenti asilo a continue violenze, essendo costretti a tornare in Messico in attesa che la loro domanda venisse esaminata.
È proprio sulla frontiera col Messico e sui 732 chilometri di muro eretti nel corso della Presidenza Trump che Biden fa l’inversione più netta, dichiarando che “nessun altro dollaro dei contribuenti americani” continuerà a finanziarlo. La decisione di interrompere la costruzione del muro ha inoltre incontrato l’approvazione del Presidente messicano Andrés Manuel López Obrador, il quale lo ha definito un “fatto storico”, un progetto che è stato determinante non solo nelle Amministrazioni repubblicane negli Stati Uniti, ma anche in quelle democratiche.
Fig. 2 – Richiedenti asilo lungi il confine fra Messico e Stati Uniti
3. UNA POLITICA MIGRATORIA “RESPONSABILE”
La fine dello stato di emergenza e lo stop verso la costruzione del muro sono elementi che costituiscono un progetto molto più ampio nell’Amministrazione Biden, denominato U.S. Citizenship Act of 2021, attraverso il quale il Presidente intende regolarizzare 11 milioni di irregolari presenti negli Stati Uniti. Nonostante le intenzioni di Biden di gestire in maniera “responsabile” la situazione alla frontiera, molti, fra cui lo stesso Assistente speciale del Presidente per le Politiche interne per l’Immigrazione Tyler Moran, ritengono necessario il raggiungimento di una soluzione permanente per coloro che da anni chiedono di poter regolarizzare la propria presenza sul suolo americano senza riuscirci. Con la maggioranza democratica in entrambe le Camere al Congresso, in diversi sperano che finalmente Biden possa riuscire dove le altre Amministrazioni hanno fallito, permettendo così il raggiungimento di una politica migratoria stabile quanto umana.
Giulia Esposito
“Joe Biden” by Gage Skidmore is licensed under CC BY-SA