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Fratellanza storica… e strategica

La Cina con il suo modello economico “socialista a carattere cinese” deve il suo successo alla sua stabilità politica. Così titolava il 14 settembre 2009 l’agenzia di stampa governativa di Pechino, la Xinhua, riportando le parole di Hun Sen, il primo ministro cambogiano: “Sono convinto che la stabilità e lo sviluppo cinese non sia solo un bene per la Cina, ma che arrechi benefici anche all’economia regionale e globale”. E quelle erano soltanto avvisaglie del processo di consolidamento delle relazioni tra Cina e Cambogia che ha trasformato l’atavica amicizia tra i due paesi in una strategic brotherhood

 

CINA, MOST TRUSTWORTHY-FRIEND – Gli sforzi per la realizzazione della nuova partnership strategico-cooperativa sino-cambogiana s’intensificano entusiasticamente da ambedue le parti. Il 21 agosto 2011, l’ufficiale Zhou Yongkang, veterano del Partito Comunista Cinese (PCC), ha incontrato Hun Sen, durante la sua visita ufficiale a Phnom Penh, nella quale hanno stabilito di collaborare insieme per affrontare le nuove sfide globali, raggiungere i 2,5 miliardi di dollari nel commercio bilaterale, sviluppare i comuni progetti infrastrutturali per la crescita economica e diffonderne i benefici ai due popoli. Se da una parte Pechino encomia la condotta cambogiana nella lotta alla criminalità transfrontaliera e il suo sostegno alle hard policies adottate per contenere le spinte centrifughe interne che minano la stabilità nazionale. Dall’altra Phnom Penh definisce il nuovo partner “most trustworthy-friend”, assicura di parteggiare per la one-China policy, quindi di riconoscere Tibet, Hong Kong, Macao, Xinjiang e Taiwan quali parti indivisibili della Repubblica Popolare Cinese, stato unitario e  multinazionale.

 

LEGAMI STORICI – Per ritrovare i prodromi del rafforzamento dei legami bilaterali occorre tornare indietro nel tempo, fino al 1958, anno in cui la Cambogia, retta dal principe Norodom Sihanouk, riconobbe diplomaticamente l’esistenza della Repubblica Popolare Cinese, disconoscendo la credibilità del regime di Taiwan e operando in favore della rottura dell’isolamento della Cina e della sua emarginazione dalla scena internazionale. Sihanouk, messo in fuga dal colpo di stato promosso da Lon Nol nel 1970, fu ospitato a Pechino, da dove venne organizzato il supporto alla guerriglia dei Khmaey Krahon, i Khmer Rossi, il movimento comunista filo-cinese guidato da Pol Pot che coniugava il maoismo e il revanscismo nazionalista cambogiano anticolonialista. Con il sostegno cinese i Khmer Rossi ottennero il potere nel 1975 ma nel gennaio 1979 con l’occupazione vietnamita di Phnom Penh la Repubblica Popolare di Kampuchea esautorò la Kampuchea Democratica, rinforzando l’influenza vietnamita e sovietica nel Paese a detrimento di quella cinese.

 

COOPERAZIONE POLITICA ED ECONOMICA – Fu solo con gli accordi di Parigi nel 1991 che la Cina ha potuto iniziare a tessere una nuova tela di relazioni con il suo storico alleato. Ma il pragmatismo politico del Paese di Mezzo non ha mancato di manifestarsi nel momento più opportuno, così quando i donatori occidentali sospesero gli aiuti umanitari, successivamente al golpe del luglio 1997 con il quale Hun Sen si liberò degli antagonisti monarchici, i cinesi profittarono dell’isolamento cambogiano per approfondire i legami bilaterali concedendo aiuti per 6 milioni di dollari per la crescita del Paese. A scrivere una nuova pagina di storia delle relazioni tra i due Paesi è stata la visita ufficiale del vice premier cinese Wu Yiin in Cambogia nel marzo 2004, durante la quale è stato eretto l’intero piano programmatico di cooperazione economico-commerciale e sono stati siglati accordi destinati ad accrescere il volume del commercio bilaterale per 320 milioni di dollari, in quei settori che il China-ASEAN Free Trade Area aveva definito prioritari (sviluppo del bacino del Fiume Mekong, agricoltura, infrastrutture e comunicazioni). Successivamente il partenariato sino-cambogiano ha ampliato la sua sfera d’azione e alla cooperazione politica ed economica si è affiancata quella nel settore militare. In pochi anni la Cina è divenuto il primo investitore nel Paese, scalzando il primato detenuto per anni da Taiwan.

 

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GEOPOLITICA NELLO SCACCHIERE INDOCINESE – La Cina ha rappresentato per la Cambogia, a livello intra-statale, un sostegno insostituibile per la promozione della stabilità politica ed economica, della sicurezza e della riconciliazione nazionale, ed a livello extra-statale, un supporter per l’ottenimento della legittimità internazionale. È, tuttavia, nella dimensione geopolitica e geostrategica dello scacchiere del Sud-Est Asiatico che si rinvengono le ragioni del sodalizio sino-cambogiano, nella competizione per la leadership regionale, quindi per il controllo commerciale territoriale e marittimo. Il nuovo asse Cina-Cambogia si rafforza squassando i precedenti equilibri regionali e a detrimento dell’influenza di uno storico rivale cinese: il Vietnam. Le tensioni ideologiche sino-sovietiche e le mire egemoniche vietnamite sulla penisola indocinese sono i semi causali dell’antagonismo con la Cina, che ha raggiunto l’acme delle ostilità proprio in Cambogia, in seno al Partito Comunista della Cambogia nel quale è perdurato per decenni lo stallo conflittuale tra le fazioni filo-cinese e filo-vietnamita, e in seguito all’invasione vietnamita del Paese che nel 1979 confinò l’avanzata cinese oltre confine. Logorare i legami tra Phnom Penh e Hanoi è il diktat che indirizza i piani strategici cinesi: occorre neutralizzare l’influenza vietnamita sul primo ministro Hun Sen per evitare che la Cambogia sostenga i reclami di sovranità avanzati dal Vietnam sugli isolotti del Mar Cinese Meridionale. Allo stesso modo, lo stretto legame con la Cambogia consente ai cinesi di ingerire nell’ambito della diplomazia multilaterale regionale, soprattutto nellAssociation of South-East Asian Nations alla quale Phnom Penh ha aderito nel 1999, pilotando dall’esterno gli equilibri dell’organizzazione, indebolendone la coesione e controbilanciando l’influenza statunitense.

 

CAMBOGIA-THAILANDIA, TESTING GROUND PER LA CINA – Paradigma di questa nuova diplomazia pubblica cinese, la decennale disputa frontaliera tra la Cambogia e la Thailandia è il testing ground per la Cina, aspirante potenza regionale, che esercita la propria charm policy per conciliare le relazioni bilaterali con quelle multilaterali. Il Tempio di Preah Vihear e le terre adiacenti, i contesi 798 chilometri di confine tra i due Paesi, entrambi partners commerciali cinesi, hanno offerto a Pechino un’opportunità imperdibile, ossia la possibilità di gestire nel ruolo di mediatore la crisi regionale a discapito dell’ASEAN, preposta alla sicurezza dell’area. Tuttavia il Dragone ha giocato d’astuzia, ha invitato le parti a risolvere la disputa con mezzi pacifici e piuttosto che mediare fra i due Paesi amici ha caldeggiato l’intervento dell’ASEAN per il ripristino del dialogo, legittimandolo informalmente quale unico organo risolutore delle controversie e bilanciere della stabilità regionale. In questo modo, la Cina ha anteposto la conquista della fiducia e della credibilità in seno all’ASEAN al protagonismo regionale tout court, ribadendo la propria politica di non interventismo nelle beghe territoriali inter-statali e la necessità di un ordine pacifico che favorisca la crescita economica. Ora che si rafforza la strategic brotherhood sino-cambogiana e Phnom Penh gioca la “carta cinese” per accelerare la crescita economica, stonano proprio come note anacronistiche le parole che nel 1988 Hun Sen utilizzò per designare le relazioni tra i due Paesi: “la Cina è la radice di tutto ciò che c’è di cattivo in Cambogia”.

 

M. Dolores Cabras

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