L’ennesima sfida per gli Stati Uniti si gioca sull’asse Washington-Islamabad. Andare oltre l’alleanza militare tra USA e Pakistan è fondamentale per fermare la nuova ondata terroristica e per stabilizzare il quadrante centroasiatico, ma i problemi non sono pochi né facilmente risolvibili. La strategia di Obama si è inserita nel solco tracciato da Bush, con una intensificazione delle incursioni aeree ad opera dei “drones”, gli aerei senza pilota
I FATTI – Nonostante i maggiori sforzi siano oggi impiegati per risolvere la delicata e instabile questione afghana, è il Pakistan che risulta essere di vitale interesse per gli USA, soprattutto in ottica di lungo periodo. Secondo fonti pachistane, riportate alcuni giorni fa sul Washington Post, sarebbe scoppiato un violento scontro, durato diverse ore, tra i Talebani pachistani e le truppe regolari dell’esercito di Islamabad. L’obiettivo era prendere il controllo sui resti di un drone americano, precipitato qualche ora prima nel Waziristan meridionale. Questo spiacevole imprevisto riaccende la discussione interna all’Amministrazione americana sul ruolo degli Stati Uniti nel cosiddetto quadrante Af-Pak. CRUCIALITA' DEL “PAK” NEL BINOMIO “AF-PAK” – Il Pakistan è importante per tre ragioni principali. Innanzitutto è un Paese islamico che conta più di 180 milioni di abitanti, circa sei volte quelli dell’Afghanistan e il doppio di quelli dell’Iran. Inoltre possiede un arsenale nucleare e un armamento convenzionale tra i più potenti d’Asia. Infine la regione al confine con l’Afghanistan (Federally Administered Tribal Areas – FATA) è il maggior centro di addestramento di combattenti, vicini ad al-Qaeda e ad altri movimenti terroristici, anche con passaporto europeo (diversi cittadini tedeschi e britannici sono stati coinvolti durante operazioni di counterinsurgency, cioè di contrasto agli insorti). Il collasso dello Stato pachistano o la definitiva rottura dell’alleanza con esso sarebbero due dei maggiori pericoli che potrebbero correre gli Stati Uniti e l’Occidente. Washington si è preoccupata di creare e mantenere uno stretto legame a livello militare e di intelligence con il Pakistan, cercando di evitare che l’istituzione più importante di quel Paese, l’esercito, slittasse su posizioni anti-occidentali. Di contro non si è mai rafforzato il lato politico dell’alleanza, generando un vulnus difficile da riempire ora che i rapporti tra USA e Pakistan sono ai minimi storici.
COERENZA DELLA STRATEGIA USA – L’Amministrazione Obama opera in Pakistan nel solco della strategia tracciata da Bush. Le principali incursioni in territorio pachistano sono addirittura aumentate, in particolare grazie al continuo sviluppo della tecnologia applicata ai velivoli a pilotaggio remoto. Basti pensare che durante l’Amministrazione Bush (dal giugno 2004, ovvero da quando è iniziato questo tipo di bombardamenti in Pakistan) si contava in media un attacco ogni 40 giorni, mentre con Obama si è passati a un attacco ogni quattro giorni. Inoltre i missili Hellfire e Stinger di cui sono dotati gli MQ-1 e gli MQ-9 sono diventati, negli ultimi anni, molto più precisi nel centrare gli obiettivi designati. Se dal 2004 al 2009 la percentuale di militanti uccisi sul totale delle vittime si aggirava intorno al 60%, dal 2008 al 2010 è arrivata all’85% e nel 2011 si è sfiorato il 95% (secondo le statistiche della New America Foundation). Tutto ciò non è servito da deterrente, al contrario intelligence e popolazione pachistana stanno assumendo posizioni sempre più ostili a quelle americane e gli attacchi guidati dalle cellule pachistane (in particolare quelle legate ad Haqqani) sono sempre più frequenti. RITORNO ALLA POLITICA – Per far accettare al popolo pachistano quello che l’ex direttore della CIA Panetta giudica l’unico strumento attuabile in quelle aree, potrebbe rendersi necessario in primo luogo sottrarre all’intelligence americana l’esclusiva gestione dei drones, per portarla verso i più trasparenti protocolli militari. In secondo luogo diversi consiglieri di Obama sottolineano il bisogno di condividere il programma con le autorità pachistane, in maniera tale da allentare quella che può essere vista come un’ingerenza straniera nell’ordine pubblico e negli affari interni. Più in generale la maggior parte dei think tank americani chiede all’Amministrazione Obama di condurre un’azione politica vera in Pakistan, affiancata a quella militare e, soprattutto, di allargare la visione riduttiva del quadrante Af-Pak in un più ampio scenario che comprenda anche l’India (quest’ultima rimane la più grande paura pachistana, riaccesa dal rinnovato interesse del governo indiano nelle vicende afghane).
Davide Colombo [email protected]