Il Giro del Mondo in 30 Caffè 2012 – L’anno si apre con una conferma: il mondo non è piĂą lo stesso di alcuni anni fa. La supremazia degli Stati Uniti e delle altre potenze occidentali è ormai destinata a declinare, di pari passo con il peso crescente di attori importanti come Cina e Brasile. Una nuova ridefinizione delle “regole del gioco” mondiali ci sembra dunque che dovrĂ essere una prioritaria nell’agenda dei prossimi anni. Per quest’anno, la paura della recessione e della crisi economica dovranno indurre ad una presa di coscienza che il mondo è cambiato, primo passo verso la definizione di una nuova governance
UNA PROFEZIA SBAGLIATA – E meno male che qualcuno aveva parlato di “fine della storia”. All’inizio degli anni’90 il politologo statunitense Francis Fukuyama aveva utilizzato questa espressione per sintetizzare ciò che sarebbe accaduto con il crollo dell’Unione Sovietica e il termine della Guerra Fredda: gli Stati Uniti, seguiti dalle altre potenze occidentali, avrebbero prevalso inesorabilmente nei rapporti di forza mondiali. Fine della storia, appunto. L’ultimo decennio del secolo scorso ha effettivamente seguito questo copione; tuttavia le cose, con buona pace di Fukuyama (il cui intento era comunque anche provocatorio) hanno poi iniziato a seguire una traiettoria ben diversa. La prima “doccia fredda” è stata rappresentata dalla data cruciale dell’11 settembre 2001: un evento dall’altissimo significato simbolico, oltre al quale si è andata costruendo in questi anni una nuova realtĂ globale. Dallo stretto bipolarismo Washington – Mosca si sta giungendo sostanzialmente ad uno schema multipolare, attraverso il passaggio dal modello “1 +” (dominato dagli USA con alcuni attori di peso minore) e “2 +” (con la Cina che, seppur non ancora a livello economico, sta affiancando gli Stati Uniti come influenza e rilevanza geopolitica in numerosi scenari mondiali).
UN NUOVO ORDINE MONDIALE – E’ chiarissimo ormai che in questi anni si sta determinando un processo molto fluido di redistribuzione del potere globale. La Cina, da tempo seconda economia mondiale, ma anche altri importanti attori come Brasile, Russia e India (per intenderci, coloro che compongono l’ormai famosissimo acronimo BRIC) stanno progressivamente colmando il gap rispetto alle potenze occidentali. Le due crisi, dapprima quella finanziaria del 2007/2008 e poi quella del debito pubblico del 2010/2011, hanno accentuato questo processo, indebolendo USA e Unione Europea a vantaggio di queste potenze emergenti. Un modo per capire in termini quantitativi l’evolversi di questa dinamica è guardare alla posizione finanziaria internazionale dei Paesi emergenti: si possono fare scoperte molto interessanti, come per esempio il fatto che i Paesi sviluppati non sono – o non saranno piĂą – creditori netti di quelli in via di sviluppo, ma stanno diventando loro debitori. L’aumento esponenziale dei debiti pubblici ha infatti accelerato questo “capovolgimento nella finanza globale”, come ha ben spiegato l’economista Eswar S.Prasad in un recente articolo. In particolare, la tendenza che si sta verificando è un accumulo di riserve di valute straniere “forti” (ovviamente soprattutto dollari statunitensi), mentre dal lato delle passività – quindi, per intenderci, di deflussi di capitali – ha avuto luogo una netta riduzione dell’indebitamento pubblico a vantaggio della crescita degli Investimenti Diretti Esteri (intesi come afflusso di capitali dall’esterno). Questa tendenza, per dare un esempio chiaro, è comune a tutti i Paesi che formano il gruppo dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) e rappresenta un netto miglioramento della posizione finanziaria di uno Stato nei confronti del resto del mondo. Cina e Brasile, ad esempio, sono tra i maggiori detentori di dollari al mondo e hanno un rapporto debito/PIL decisamente piĂą basso e sostenibile rispetto alle potenze occidentali oggi in difficoltĂ . Il debito del Brasile ammonta al 50% del Prodotto Interno Lordo e il governo di Dilma Rousseff ha l’obiettivo di diminuirlo sensibilmente entro il termine del mandato. Nel 2007 le economie emergenti contavano per il 25% del PIL mondiale e per il 17% del debito. La prospettiva per il 2016 è che questi Stati rappresentino il 38% del PIL e appena il 14% del debito.
…E UNA NUOVA GOVERNANCE? – Se il denaro comincia a invertire la direzione del proprio flusso, è evidente che le relazioni internazionali non potranno piĂą essere le stesse degli anni ’90. Due sembrano le parole chiave che possono “immortalare” questo processo: interdipendenza e multipolaritĂ . In altre parole, nel breve-medio periodo i rapporti tra le potenze mondiali saranno sempre piĂą su livelli di paritĂ e di reciproco confronto, meno probabile appare in questa fase un’accelerazione sulla conflittualitĂ . Se la Cina possiede un’enorme quantitĂ di riserve in dollari essendo il primo “azionista” del debito pubblico statunitense, difficilmente la nuova Ă©lite di Pechino (a fine anno Xi Jinping e Li Keqiang dovrebbero subentrare a Hu Jintao e Wen Jiabao) cercherĂ lo scontro con Washington nei prossimi mesi o negli anni strettamente seguenti. Che fare allora per garantire una nuova e maggiore governabilitĂ delle relazioni internazionali? I sistemi attualmente in uso appaiono quantomai obsoleti e inadeguati. Il processo decisionale del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite non risponde piĂą da tempo all’attualitĂ delle forze in gioco, così come le varie sigle G-7 e G-8 sono ormai vuote e anche formalmente errate (se venisse davvero rispettato il criterio dell’importanza economica, l’Italia dovrebbe essere fuori e nella membership dovrebbero entrare Cina e Brasile). Anche il G-20 (foto a destra) si è dimostrato un semplice forum di discussione senza capacitĂ di incidere sull’efficacia di prendere decisioni collettive e davvero vincolanti. Una proposta interessante è quella formulata dall’economista di Harvard Dani Rodrik, che nel suo ultimo libro “La globalizzazione intelligente” mette a nudo i problemi dell’architettura delle relazioni internazionali sottolineando l’esistenza di una “trilemma politico dell’economia mondiale”. Secondo Rodrik le esigenze di iperglobalizzazione, mantenimento della democrazia e conservazione dello Stato nazionale, sono inconciliabili. Quindi, saranno realizzabili soltanto a due a due e qualunque scelta venisse fatta dovrebbe rinunciare ad uno dei tre elementi (vedi nel chicco in piĂą).
L’ANNO CHE VERRA’ – Il 2012 sarĂ un anno cruciale per le sorti dell’economia mondiale. L’interdipendenza cui si è accennato sopra non renderĂ immuni i Paesi emergenti da un eventuale tracollo dell’Euro o da una nuova crisi negli Stati Uniti: per questo, dovrebbe essere nell’interesse di tutti collaborare per salvare l’economia da una vera e propria catastrofe. Un aumento della dimensione della cooperazione potrebbe iniziare a gettare le basi per una nuova “Bretton Woods”, l’inizio di un processo che ristrutturi la gestione dell’economia globale. Si tratta di un processo molto lungo e che molto difficilmente si svolgerĂ quest’anno; tuttavia la prima fase, quella della presa di coscienza che il mondo è cambiato, dovrĂ avvenire il prima possibile.