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Lungo la tratta delle donne dalla Nigeria

Caffè Lungo – La città nigeriana di Benin City è una delle capitali africane del traffico di esseri umani e della prostituzione. Tra le prime destinazioni delle donne vittime di tratta c’è l’Italia e, nonostante i passi in avanti in Nigeria e in Europa, resta enorme il lavoro per debellare il fenomeno, soprattutto in tempo di pandemia.

BENIN CITY, DA DOVE TUTTO PARTE

Al giorno d’oggi, grazie al continuo flusso di informazioni e al ruolo di numerosi validi giornalisti come Gianpaolo Musumeci, siamo tutti a conoscenza dello sfruttamento nell’ambito della prostituzione di giovani donne africane immigrate in Europa per loro scelta o, più spesso, perché costrette. Sono loro le nuove schiave del XXI secolo.
Ma dove inizia il viaggio della speranza destinato a diventare un inferno?
Diversi studi e inchieste hanno individuato Benin City, capitale dello Stato federato di Edo in Nigeria, come hub principale in Africa del traffico umano, tuttavia le ragioni non sono ancora del tutto chiare. Il movente più lapalissiano è di certo la povertà che affligge la popolazione dell’intera regione, ma non è l’unico. Un altro motivo risiede nella storia dello sviluppo commerciale del Paese.
Benin City, già capitale del ricco regno del Benin, sin dal XIV secolo è stata un crocevia di traffici (in epoca coloniale imposti dalla conquista britannica), dal bronzo alla gomma, dall’avorio all’olio di palma, fino agli esseri umani venduti nelle antiche e moderne tratte degli schiavi.
Nel corso degli anni le modalità di traffico sono cambiate, adeguandosi ai tempi moderni e alle nuove tecnologie. Tuttavia la pratica dei riti di iniziazione che vincolano le ragazze alla totale sottomissione nei confronti delle madame, le donne che le reclutano, è ancora molto usata.
Nel 2018 l’oba Ewuare II, la massima autorità religiosa e politica del popolo Edo, ha condannato la pratica di questi riti della tradizione juju volti allo sfruttamento e ha lanciato una maledizione su chiunque li realizzasse. L’annuncio ha sortito qualche buon risultato, ma non è stato sufficiente a fermare completamente questa pratica disumana.

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Fig. 1 – L’oba Ewuare II il giorno dell’incoronazione, il 20 ottobre 2016

L’ITALIA È IL PRIMO CLIENTE

Alcuni rapporti dell’Agenzia delle Migrazioni delle Nazioni Unite (OIM) e della World Bank hanno rivelato che l’80% delle donne nigeriane che approda in Italia viene impiegate nella prostituzione e il 60% di loro viene dallo Stato di Edo.
Secondo un’inchiesta della Repubblica il business della prostituzione in Italia frutta ogni mese circa 90milioni di euro.
Una volta sbarcate dai gommoni sotto gli occhi ormai abituati dei media nazionali, le vittime vengono subito reclutate dalle gang nigeriane del luogo, che sanno del loro arrivo e riescono quindi a eludere la registrazione nei cosiddetti hotspot. Altre volte le donne giungono in Italia autonomamente, ma vengono reclutate con modalità simili nei centri di accoglienza e nelle reti ex SIPROIMI ed ex SPRAR.
In seguito vengono portate in “case di collegamento”, appartamenti isolati affittati da gang nigeriane dove sono segregate e costantemente controllate. Solo qui viene loro rivelata la vera natura del loro lavoro e del debito elevato che dovranno pagare.
Queste confraternite di sfruttatori nigeriani arrivarono in Italia negli anni Ottanta e posero le loro basi principalmente in Sicilia e Campania. Nonostante l’opera costatante delle Autorità, non sono mai state smantellate del tutto. Inoltre tramite accordi di non belligeranza con bande locali e con la criminalità organizzata, hanno esteso la loro influenza sul territorio.

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Fig. 2 – Benin City è la principale città in Nigeria per il traffico di essere umani e la prostituzione

LA COVID-19 HA BLOCCATO I RIMPATRI

Da ormai un anno la pandemia tiene in scacco la vita di ciascuno di noi, costringendoci a cambiare i nostri piani e a limitare i nostri spostamenti. Se per noi significa rinunciare ad alcuni viaggi d’affari o di piacere, per le vittime di tratta significa rimanere bloccate in Paesi stranieri, senza sapere quando potranno tornare dai propri familiari.
Con il calo delle attività a causa della Covid-19 molte ragazze sono riuscite a scappare dai loro aguzzini e hanno iniziato il loro viaggio di ritorno, ma a marzo dello scorso anno la Nigeria ha dichiarato il blocco emergenziale dei voli internazionali e così anche la sospensione dei voli di rimpatrio per le vittime. Anche adesso che alcuni voli sono stati ripristinati, la procedura rimane complessa e inaccessibile a molte.
Innanzitutto non è facile trovare in Nigeria luoghi dove trascorrere la quarantena di 14 giorni obbligatoria al rientro in patria, le cui spese sono a carico del soggetto interessato. Inoltre il personale no profit, che solitamente assiste le vittime al loro arrivo in aeroporto e durante il percorso di reintegro, ha dovuto ridurre il lavoro in presenza o addirittura ricorrere alla modalità telematica.
Le ultime statistiche dell’OIM hanno registrato un aumento dell’impegno da parte della Nigeria nell’assistenza ai rimpatri. Eppure, in un recente sondaggio dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, i sopravvissuti alla tratta si dichiarano convinti che la pandemia influirà nell’aumento dei tassi di traffico di esseri umani futuro.

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Fig. 3 – Una manifestazione a Lagos contro il traffico di esseri umani

PROGRESSI E OSTACOLI

Nonostante l’autorevole dichiarazione dell’oba Eware II e la pandemia, la tratta delle donne nigeriane continua. È dunque necessario sviluppare un approccio multidimensionale e lavorare su entrambe le sponde del Mediterraneo per sconfiggere questa piaga della società.
Sia il Governo nigeriano che quello dello Stato del Benin hanno compiuto numerosi passi in avanti, imponendo pene più severe per i trafficanti e siglando accordi di collaborazione con gli Stati vicini, ma i loro sforzi sembrano ancora una goccia nell’oceano.
Anche il Dipartimento di Stato americano, in un report del 2020, ha stilato alcune raccomandazioni riguardo a questa tematica basandosi su quattro macro aree: persecuzione, protezione, prevenzione e profilazione dei traffici.
Dal canto suo l’Europa dovrebbe rafforzare la cooperazione con la Nigeria e cambiare approccio circa l’immigrazione, favorendo lo sviluppo di canali di migrazione legali e costruendo un numero maggiore di rifugi per le donne.
Infine, le organizzazioni non governative hanno un ruolo fondamentale nell’assistenza alle vittime, sia in patria che in Europa. In Nigeria affrontano una nuova sfida: raggiungere più potenziali vittime possibili, in quanto l’attività di reclutamento delle madame si è estesa in villaggi rurali che hanno meno accesso all’informazione. In Europa invece, grazie ai fondi europei, costruiscono “case sicure” e fanno attività di consulenza per le vittime.
A volte sono le stesse vittime che, una volta pagato il debito o essendo riuscite a fuggire, diventano paladine della lotta contro la tratta. La storia di Blessing, voce e ispirazione nella battaglia contro la moderna schiavitù, e di Osas Egbon, fondatrice dell’organizzazione Women of Benin City ne sono un incoraggiante esempio.

Alessandra De Martini

This signs bids visitors and residents farewell as they leave Benin City, the capital of Edo State and the heartland of trafficking in women in Nigeria.” by The Advocacy Project is licensed under CC BY-ND

Dove si trova

Perchè è importante

  • Benin City è la principale città in Nigeria per il traffico di esseri umani e lo sfruttamento di giovani donne nell’ambito della prostituzione.
  • L’Italia è il primo cliente di questo business disumano.
  • Con il blocco dei voli internazionali durante la pandemia e i divieti di spostamento la procedura di rimpatrio in Nigeria delle vittime di tratta è diventata più complessa da attuare.
  • Lo Nigeria ha realizzato qualche passo in avanti nella lotta contro il traffico delle donne, siglando accordi bilaterali con altri Paesi e supportando il lavoro di organizzazioni non governative. Anche in Europa si stanno elaborando nuove strategie, ma la strada è ancora lunga.

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Alessandra De Martini
Alessandra De Martini

Classe 1996, mi sono laureata in Investigazione, Criminalità e Sicurezza internazionale presso l’Università degli Studi Internazionali di Roma. Sono appassionata di geopolitica, ma amo anche imparare nuove lingue e viaggiare. Durante il percorso universitario, ho cercato di combinare le mie passioni partecipando all’Erasmus, ad alcuni programmi di studio all’estero e ad un progetto di volontariato in Colombia. Nel tempo libero mi piace leggere thriller, fare jogging ma soprattutto giocare con il mio cagnolino!

 

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