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Crisi politica nelle Maldive

L’arcipelago delle Maldive sta vivendo una delle fasi più turbolente della propria storia politica, segnata da massicce proteste popolari e infuocate polemiche giudiziarie. Al centro della crisi la carismatica figura dell’ex Presidente Mohamed Nasheed, accusato di “terrorismo” dal Governo per il controverso arresto del giudice Abdulla nel 2012.

PROTESTE DI PIAZZA – Tradizionalmente vista in Occidente come paradisiaca destinazione per turisti, la Repubblica delle Maldive sta attraversando un periodo di grave instabilità politica e istituzionale, paragonabile per certi versi ai drammatici eventi del settembre 2003 che spinsero il Paese sulla strada della democrazia. Come in quella occasione, le strade della capitale Malé sono infatti teatro da settimane di grandi proteste popolari contro il Presidente Abdulla Yameen, accusato di tendenze autoritarie ed abuso di potere. Guidate dai due principali Partiti d’opposizione, il Maldivian Democratic Party (MDP) e il Jumhooree Party (JP), le proteste sono state finora ordinate e pacifiche, anche se non sono mancati piccoli tafferugli sia con la polizia che con i sostenitori del Presidente Yameen. Ad ogni modo la situazione resta estremamente tesa e il rischio di una degenerazione violenta delle manifestazioni anti-governative è stato denunciato a più riprese dai rappresentanti diplomatici di India e Stati Uniti, che hanno invitato le parti in causa ad un dialogo costruttivo e a una risoluzione pacifica delle proprie divergenze.

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Fig. 1 – Mohamed Nasheed, ex Presidente delle Maldive, durante una conferenza stampa (novembre 2013)

Tali inviti alla calma sono però destinati a restare lettera morta: non sembrano infatti esserci molti spazi per un compromesso tra Governo e opposizione, in virtù della categorica richiesta di dimissioni avanzata dai manifestanti contro Yameen. I rappresentanti dei due schieramenti non accettano nemmeno di stringersi le mani in pubblico, mostrando un’ostilità reciproca difficile da superare. Inoltre, il dibattito politico nel Paese è prigioniero di una complessa ragnatela di eventi politici e giudiziari che sta mettendo a dura prova i principi democratici della costituzione del 2008, specialmente quelli relativi all’indipendenza della magistratura dal potere politico. Al centro della crisi vi è infatti la controversa decisione dell’ex Presidente Mohamed Nasheed, leader del MDP, di arrestare il giudice Abdulla nel gennaio 2012, sulla base di accuse assai pretestuose. Contestata duramente da tutti gli organi dello Stato, inclusa la polizia, tale decisione costrinse Nasheed alle dimissioni poche settimane dopo, provocando addirittura un’inchiesta ufficiale del Commonwealth sulle circostanze della vicenda. Nel 2013 nuove elezioni presidenziali vennero poi annullate al primo turno dalla magistratura per supposte “irregolarità”, danneggiando sopratutto le prospettive di Nasheed, allora in testa nella corsa elettorale. Un secondo turno di votazioni diede infatti la vittoria all’attuale Presidente Yameen, leader del Progressive Party of Maldives (PPM) e fratellastro di Maumoon Abdul Gayoom, padrone assoluto della scena politica maldiviana dal 1978 al 2008. Inutile dire che Nasheed e l’MDP videro nella decisione dei giudici una vendetta politica nei propri confronti, contestando duramente l’esito delle elezioni sia in sede parlamentare che giudiziaria.

SCAMBIO DI ACCUSE – Le ripercussioni dell’affaire Abdulla non si sono però chiuse con le controverse presidenziali del 2013. Già sottoposto ad indagine giudiziaria per abuso di potere nel 2012, Nasheed è stato infatti accusato di “terrorismo” per l’arresto di Abdulla all’inizio di quest’anno, uno sviluppo che potrebbe precludergli una nuova candidatura alle presidenziali del 2018. Inoltre, tale accusa è molto più grave a livello penale ed ha portato all’arresto immediato dell’ex Presidente, ora rinchiuso nel carcere di Dhoonidhoo. Ed è stato proprio l’arresto di Nasheed a provocare le grandi proteste di piazza di MDP e JP contro il Governo, gettando il Paese in una gravissima crisi politico-istituzionale. La contestazione è arrivata infatti anche in Parlamento, dove il tradizionale discorso presidenziale di inizio anno è stato continuamente interrotto dalle grida rabbiose dei deputati dell’opposizione, che hanno pure mostrato diverse foto di Nasheed trascinato a forza dalla polizia in tribunale per la prima udienza del suo processo. In risposta, i deputati della maggioranza hanno invece mostrato cartelli di approvazione per l’arresto dell’ex Presidente, e alcuni di loro sono persino venuti alle mani con i loro rivali, generando ulteriore caos all’interno dell’aula palamentare.

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Fig. 2 – Teso confronto tra polizia e sostenitori di Nasheed durante le controverse elezioni presidenziali del 2013

Infastidito dalle proteste, Yameen ha accusato l’opposizione di attentare alla stabilità del Paese e di impedire il regolare svolgimento delle sue funzioni costituzionali, dando prova di scarso spirito democratico. Allo stesso tempo il Presidente ha ribadito a più riprese a osservatori internazionali e diplomatici stranieri, preoccupati dal crescente clima di tensione a Malé, che la vicenda Nasheed è un affare puramente interno alle Maldive e che non pregiudicherà la sicurezza generale dell’area dell’Oceano Indiano. D’altro canto MDP e JP non hanno alcuna intenzione di mollare la presa e continuano ad accusare il Governo di abuso di potere, chiedendo a gran voce le dimissioni immediate di Yameen. Vista l’assenza forzata di Nasheed, la guida dell’opposizione è passata saldamente nelle mani del magnate Qasim Ibrahim, leader ed ex candidato presidenziale del JP, che sta tentando di trovare possibili alleati all’estero, aumentando la pressione diplomatica sul Governo. Uno di questi alleati potrebbe essere il nuovo Presidente dello Sri Lanka Sirisena, con cui Qasim ha già avuto un interessante scambio di vedute durante una recente visita a Colombo. Inoltre diversi esponenti del MDP si sono recati in India per sensibilizzare l’opinione pubblica locale a favore di Nasheed e convincere il Governo Modi a intervenire più incisivamente nella crisi politica maldiviana. Al momento tali mosse sembrano avere prodotto risultati positivi, spingendo Yameen a intavolare colloqui informali con l’opposizione per uscire dall’attuale impasse politico-istituzionale.

IMBARAZZO INDIANO –  Tuttavia una risoluzione vera e propria della crisi politica a Malé appare ben lontana, gettando un’ombra significativa sugli attuali equilibri geopolitici dell’Oceano Indiano. In virtù della sua posizione geografica, l’arcipelago delle Maldive rappresenta infatti uno dei pilastri sia del perimetro difensivo dell’India nella regione che della “Via Marittima della Seta” recentemente lanciata dalla Cina verso l’Africa orientale. Ogni segno d’instabilità nel Paese viene quindi visto con genuina preoccupazione da New Delhi e Pechino, anche se le sue due potenze asiatiche hanno reagito in modo diverso al clamoroso arresto di Nasheed. Mentre la Cina ha dichiarato pubblicamente la propria fiducia nell’operato del Governo maldiviano, supportando implicitamente la posizione di Yameen, l’India ha reagito con notevole imbarazzo ed esitazione alla disgrazia politica del leader del MDP, trincerandosi dietro generici appelli alla calma e alla riconciliazione nazionale. Una presa di posizione sorprendente, considerati gli stretti legami politici e personali di Nasheed con New Delhi, e che ha provocato reazioni polemiche sia in India che nelle Maldive.

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Fig. 3 – Il Presidente Yameen con il premier indiano Narendra Modi (maggio 2014)

Molti commentatori hanno infatti accusato Modi di avere abbandonato un alleato prezioso nella regione, consegnando passivamente le strategiche Maldive all’influenza politica di Pechino. In realtà, la reazione del Governo indiano è in parte frutto delle dichiarazioni improvvide dello stesso Nasheed, che ha chiesto pubblicamente la “protezione” diplomatica dell’India poco prima del suo arresto. Parole che hanno inevitabilmente incrinato l’immagine di New Delhi come possibile forza mediatrice nel conflitto politico maldiviano, costringendo il Governo Modi ad adottare una posizione prudente per evitare accuse di partigianeria verso l’MDP. Allo stesso tempo le Autorità indiane non vogliono mettere in discussione i buoni rapporti con Yameen, che ha presenziato l’anno scorso all’insediamento di Modi a Race Course Road e che ha espresso più volte la volontà di mantenere una relazione privilegiata con New Delhi.

Desiderosa di non avvantaggiare la crescente influenza della Cina a Malé, l’India esita quindi a sostenere l’una o l’altra fazione della crisi politica maldiviana, rifugiandosi dietro un’impacciata neutralità ufficiale. Non a caso, in una decisione clamorosa dell’ultim’ora, il Governo indiano ha addirittura deciso di escludere le Maldive dall’itinerario del recente tour diplomatico di Modi nell’Oceano Indiano, evitando una visita dalle conseguenze politiche imprevedibili. Una decisione che ha provocato le irate proteste di molti nazionalisti indiani, furiosi per la debole politica estera di New Delhi nel proprio “cortile di casa”.

Simone Pelizza

[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””]Un chicco in piĂą

Il 13 marzo Mohamed Nasheed è stato condannato da un tribunale di Malé a tredici anni di carcere per terrorismo. Immediate le proteste del MDP, che ha denunciato il carattere politico della sentenza e promesso nuove manifestazioni anti-governative nelle prossime settimane.  [/box]

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Simone Pelizzahttp://independent.academia.edu/simonepelizza

Piemontese doc, mi sono laureato in Storia all’Università Cattolica di Milano e ho poi proseguito gli studi in Gran Bretagna. Dal 2014 faccio parte de Il Caffè Geopolitico dove mi occupo principalmente di Asia e Russia, aree al centro dei miei interessi da diversi anni.
Nel tempo libero leggo, bevo caffè (ovviamente) e faccio lunghe passeggiate. Sogno di andare in Giappone e spero di realizzare presto tale proposito. Nel frattempo ho avuto modo di conoscere e apprezzare la Cina, che ho visitato negli anni scorsi per lavoro.

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