Mariupol è una città industriale e portuale sul Mar d’Azov di notevole rilevanza strategica, il cui controllo potrebbe segnare gli esiti della guerra combattuta nel Donbass.
POSIZIONE STRATEGICA – Conta circa 460.000 abitanti ed è situata a circa 120 km a sud-ovest di Donetsk lungo il tracciato dell’autostrada costiera M14 che collega Odessa a Rostov sul Don (Russia). Il controllo di questa città per conto della Russia da parte dei separatisti è di essenziale importanza non solo per via dell’importante posizione geografica, ma anche per il proprio rilievo economico e logistico. Controllare Mariupol significa nei fatti controllare l’intera costa nord del Mar d’Azov, vale a dire garantirsi l’ambita contiguità territoriale con la Crimea. Non dobbiamo dimenticare infatti che la Crimea è priva di fonti di gas, elettricità ed acqua e che questa sua completa dipendenza dall’Ucraina ne impedisce la ripresa socio-economica.
Difficile pensare che la Russia possa accettare una penisola altamente militarizzata in costante deficit di beni e servizi essenziali. Mosca perseguirà pertanto i propri obiettivi cercando di creare e consolidare un corridoio terrestre che colleghi le regioni orientali dell’Ucraina alla Crimea. Impossessarsi della costa nord del Mar d’Azov significherebbe, inoltre, stroncare sul nascere future discordie connesse alle preziose Zone Economiche Esclusive del quadrante nord-est del Mar Nero e allo sfruttamento delle sue preziose risorse.
Mosca, tuttavia, non può permettersi di intervenire direttamente dalla Crimea, poiché diverrebbe evidente un proprio coinvolgimento diretto e vanificherebbe lo sforzo diplomatico del Cremlino nel sostenere che tale guerra è esclusivamente civile ed interna all’Ucraina. Saranno pertanto i separatisti del Donbass istruiti e riorganizzati ad avanzare con le “proprie” truppe e i “propri” mezzi da est.
RIPOSIZIONAMENTI – Dalla caduta del fondamentale snodo ferroviario di Debaltseve (che collega le due autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk) avvenuta il 18 Febbraio scorso, i ribelli hanno avuto il tempo di riorganizzare le proprie risorse più a sud a poche decine di chilometri ad est di Mariupol. Lo stesso generale Wesley Clark a fine Marzo ha dichiarato che i due mesi susseguenti la caduta di Debaltseve sono stati utili per lo spostamento di mezzi pesanti, la riorganizzazione delle milizie e la preparazione della terza (e forse definitiva) offensiva su Mariupol, determinando come ottimale per l’avvio dell’operazione il lasso di tempo che intercorre tra la Pasqua Ortodossa (12 Aprile) e la parata in Piazza Rossa del 9 Maggio. Oltre ai benefici operativi derivanti dalla stagione primaverile, in caso di successo Putin potrebbe vedere accresciuto il proprio consenso proprio in occasione della più propagandistica delle festività nazionali russe.
Pare che tali dichiarazioni siano giunte a pochi giorni di distanza da quelle di un altro “pezzo grosso”, l’ex colonnello russo Igor Girkin, meglio conosciuto come “Strelkov”, che ha preannunciato per il 16 Aprile l’inizio dei combattimenti per il controllo della città portuale, ai quali potrebbero partecipare un cospicuo numero di foreign fighters a sostegno delle forze di Kiev.
Lo stesso “Presidente” ribelle Aleksander Zakharchenko ha dichiarato a più riprese che sono in atto i preparativi per la presa della città, considerata parte integrante dell’autoproclamata repubblica di Donetsk in quanto componente dell’omonimo distretto amministrativo (Oblast’ di Donetsk).
La percezione che Mariupol sia una città alquanto strategica è avallata dal fatto che già per due volte le truppe separatiste abbiano tentato di prenderne il possesso (a Maggio e a Settembre dello scorso anno), senza dimenticare l’increscioso assalto avvenuto con missili Grad il 24 Gennaio 2015 in un affollato quartiere orientale della città che causò una trentina di vittime civili. Attualmente le forze ATO (Operazione anti-terrorismo) sono impegnate nella costruzione di fortificazioni attorno alla città, per la quale i componenti del Battaglione Azov (paramilitari nazionalisti ucraini) stanno cercando di farsi paladini garantendone la difesa (lasciando inascoltate le direttive di Kiev che invitavano a lasciare la città entro il primo Aprile e ad inquadrarsi nell’Esercito regolare).
ESIGENZE ECONOMICHE – C’è da chiedersi come mai i ribelli non abbiano sfondato a Settembre quando effettivamente erano in grado di farlo. Il leader separatista Alexander Borodai a tal proposito ha recentemente dichiarato che la conquista del porto a quel tempo avrebbe compromesso le esportazioni delle industrie di Rinat Akhmetov, ricchissimo imprenditore filorusso, che non sarebbe stato in grado né di esportare “triangolando” con la Russia né di operare tramite il porto di Odessa a causa delle interferenze del suo acerrimo nemico politico Ihor Kolomoyskyi. Sicché vi è stato un reciproco accordo tra lo stesso Akhmetov (forte sostenitore della Repubblica Popolare di Donetsk) e i leader ribelli che permettesse al primo di continuare ad esportare prodotti siderurgici sotto bandiera ucraina e ai secondi di continuare a godere del suo supporto economico. La domanda che ne sussegue è se nel frattempo le cose siano cambiate.
ASIMMETRICI ERRORI – Qualora i ribelli decidessero di agire, potrebbero optare per un accerchiamento di Mariupol, decidendo di far cadere prima Berdyansk e tagliando così ogni forma di rifornimento alla città, che si ritroverebbe nei fatti ad essere un “porticciolo su un laghetto chiamato Azov”. Oltre a ciò le imbarcazioni ucraine si ritroverebbero intrappolate in un piccolo “mare chiuso”, bloccate a sud dalla flotta della Federazione Russa. La guerra entrò nel vivo l’estate scorsa in seguito alla grande ritirata di Sloviansk ideata e organizzata da Strelkov, che portò in salvo le truppe separatiste a costo dell’abbandono di ingenti quantità di armamenti. La cosa venne percepita erroneamente come una dura sconfitta a scapito dei filorussi, i quali non sarebbero mai stati in grado di rialzarsi. In realtà il Cremlino venne forzato ad aumentare il proprio supporto alla causa ribelle. A distanza di mesi, la guerra del Donbass potrebbe avvicinarsi ad un epilogo a causa dell’ostinata e rischiosa posizione di movimenti politici ultranazionalisti, quali Pravy Sector, che sospingono per una errata ed eccessiva concentrazione di forze governative ucraine nel punto geo-strategico sbagliato. Nel caso i separatisti dovessero impossessarsi di Mariupol, ci troveremmo di fronte ad un caso da manuale, oggetto di studi per molti anni a venire.
Mirko Mussetti
[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””]Un chicco in più
Igor Girkin detto Strelkov è un ex colonnello russo, veterano di svariati conflitti avvenuti nello spazio ex-sovietico: Transnistria (1992), Bosnia (1992-1995), Cecenia (1994-1996, 1999-2000), Donbass (2014). Di fatto è uno dei massimi esperti in guerre ibride.
Ultranazionalista ortodosso con idee marcatamente zariste, nell’ingaggio dei conflitti si è spesso attivato in prima persona come volontario seguendo le proprie convinzioni politiche personali più che le direttive del Cremlino. Dalle prime fasi del conflitto in Est Ucraina fino al 14 agosto 2014 è stato Ministro della Difesa e Comandante delle forze armate dell’autoproclamata Repubblica Popolare di Donetsk. Strelkov è stato dichiarato terrorista dalle autorità di Kiev ed è attualmente soggetto a sanzioni e limitazioni alla libera circolazione da parte dell’Unione Europea.[/box]
Foto: EU Humanitarian Aid and Civil Protection
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