Caffè lungo – Rinat Akhmetov è l’oligarca più forte dell’Ucraina, un protagonista della storia del Paese dalla fine dell’URSS al conflitto odierno con Mosca, tra amicizie con politici filorussi e lealtà verso la nuova Ucraina pro-UE.
AKHMETOV, DAL CLAN BRAGIN A UOMO PIÙ POTENTE E INFLUENTE DEL DONBASS
Rinat Akhmetov, di etnia tatara musulmana, iniziò la carriera finanziaria in Donbass legandosi a un importante esponente della sua comunità, Akhat Bragin, noto in loco per la spregiudicatezza negli affari e per la proprietà della squadra di calcio più importante della regione, lo Shakhtar Donetsk.
In seguito al crollo dell’URSS dei primi anni Novanta, nel Donbass nacquero potentati che si contendevano il controllo economico delle privatizzazioni, tra cui il clan Bragin era il più importante. Nel 1995 l’imprenditore muore, in circostanze mai chiarite, in un attentato e Akhmetov ne eredita il potere, diventando l’uomo finanziariamente più forte del Donbass.
Il suo legame con la politica si consolida e nel 1997 il magnate riesce a posizionare come governatore dell’oblast Viktor Yanukovich, finanziando e sostenendo il suo partito, quello delle Regioni, che nel 2010 arriverà a guidare l’intera Ucraina.
Il tycoon tataro sostenne Yanukovich in modo da favorire i propri affari, forte della tradizionale propensione degli oligarchi ucraini a influenzare politicamente il Paese, un modello simile a quello della Federazione Russa sebbene, a differenza dell’Ucraina, a Mosca esista una sola fazione a cui dover obbligatoriamente guardare, cioè quella legata a Vladimir Putin.
La società di Akhmetov, la System Capital Management, ha interessi non solo nel settore minerario, il pezzo forte della holding, con la Metinvest tra i principali produttori al mondo di ferro e di acciaio. SCM detiene anche la proprietà di canali televisivi, la più grande compagnia privata di beni energetici dell’Ucraina, la controllata DTEK, vasti beni immobiliari e agricoli, con una forza lavoro stimata in oltre 200mila dipendenti.
Fig. 1 – Rinat Akhmetov, figura importante e controversa della recente storia ucraina
2014, L’ANNO SPARTIACQUE, TRA VENTI SEPARATISTI E SOSTEGNO ALLA NUOVA KIEV
Il 2014 è per Akhmetov uno spartiacque: sostenere i secessionisti filorussi del Donbass o il nuovo Governo filo-occidentale nato da EuroMaidan. A fine 2013 il suo gruppo SCM espresse pubblicamente una nota in cui criticava la mancata firma del Presidente Yanukovich dell’accordo di associazione con la UE, la causa all’origine delle proteste di piazza.
Nonostante il rapporto personale con Yanukovich, il magnate scelse l’Occidente, suo forte acquirente di acciaio e materie prime, elemento che sarebbe stato compromesso se, ad esempio, vi fossero state sanzioni economiche da parte dei Paesi europei in caso di un suo appoggio ai secessionisti.
La guerra generata dai separatisti sostenuti attivamente da Mosca non favorì gli affari. A causa di tale tensione, il Donbass passò da una produzione di ricchezza stimata in 25 miliardi di dollari nel 2013 a 5,8 nel 2015, con ricadute evidenti sulla holding di Akhmetov.
Il magnate ucraino si spese personalmente per evitare uno scontro frontale, sostenendo maggiore autonomia della regione, ma senza una secessione, cosa che diversi esponenti filorussi come Denis Pushilin, uno dei leader secessionisti del Donbass, considerarono come un tradimento.
Akhmetov incitò migliaia di propri operai della Azovstal di Mariupol a manifestare contro il separatismo, mossa che contribuì, nel 2014, a evitare che la città portuale finisse in mani filorusse, a differenza di Donetsk dove prevalsero i secessionisti e in cui lo stadio Donbass Arena, di proprietà del magnate, fu gravemente danneggiato nei combattimenti, con danni stimati in parecchi milioni di dollari.
Fig. 2 – Raccolta di beni umanitari per la popolazione del Donbass sponsorizzata da Akhmetov nel 2015
AKHMETOV E ZELENSKY: UNA RELAZIONE COMPLESSA
I rapporti con il Presidente Zelensky, che deve la sua ascesa a un altro oligarca, Igor Kolomoisky, patron della rete televisiva suo trampolino di lancio politico, non sono idilliaci.
A fine 2021, Akhmetov fu accusato pubblicamente da Zelensky di preparare un colpo di Stato in combutta con i servizi segreti russi, accusa smentita dal tycoon ucraino, sebbene sui suoi canali televisivi furono mosse dure critiche all’operato del Governo, al punto che i deputati di Servitore del Popolo, il partito di Zelensky, boicottarono tali emittenti.
Tuttavia, da febbraio 2022 Akhmetov non ha esitato nel sostenere attivamente la resistenza ucraina e il suo Governo contro l’invasione russa, con una delle battaglie simbolo del conflitto che ha visto protagonista proprio la sua acciaieria principale, la Azovstal di Mariupol.
Akhmetov ha fornito acciaio per l’esercito di Kiev e finanziato con 25 milioni di dollari, derivanti dalla vendita al Chelsea per 100 milioni del calciatore Mudryk, il fondo Heart of Azovstal, che offre assistenza ai soldati e reduci dal fronte ucraino.
Il magnate ha, inoltre, accettato senza contenziosi di restituire al Governo le licenze di trasmissione della sua Media Group Ukraine, composta da diversi canali televisivi, giornali e testate online, una mossa dovuta in seguito alla legge varata nel 2021 dal Parlamento ucraino per ridurre il potere oligarchico sul Paese.
Le riforme su corruzione e oligarchia sono centrali per ottenere, tra anni, l’ingresso nella Unione Europea, pietra miliare per il Governo Zelensky. È difficile pensare Akhmetov come sfidante politico di Zelensky, essendo un attore che preferisce giocare dietro le quinte, ma il suo ruolo nelle politiche finanziarie del Paese sarà elemento con cui fare i conti, anche per la capacità del magnate di aver rinnovato la sua immagine agli occhi di molti ucraini, che fino all’invasione russa del 2022 ancora dubitavano della sua lealtà al Paese, visti i suoi storici legami con l’ex Presidente filorusso Yanukovich.
Lorenzo Pallavicini
Immagine di copertina: “FCShakhtar_Rinat Akhmetov and UEFA president Aleksander Čeferin 12.2021” by press-office SCM is licensed under CC BY-SA