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ISSpresso: un Caffè nello spazio

Oggi il Caffè inaugura una serie di articoli di approfondimento su tematiche concernenti lo spazio. Quale migliore occasione per iniziare se non l’arrivo sulla Stazione spaziale di una macchina per il caffè espresso?

ISSPRESSO – La cosiddetta “pausa caffè” è un rito diffusissimo in quasi tutti gli uffici e luoghi di lavoro, sulla Terra e non. Sulla ISS (International Space Station – Stazione spaziale internazionale), a seconda del carico di lavoro giornaliero, gli astronauti (ci riferiremo con questo termine sia per quelli “occidentali” sia per i russi i quali, solitamente,sono chiamati cosmonauti) dell’equipaggio trovano qualche minuto per una pausa in cui mangiano degli snacks e/o bevono alcune bevande, tra le quali c’è il caffè. Fino ad ora l’unico modo per consumarlo era aggiungere polvere di caffè ad acqua riscaldata dentro il contenitore standard per bevande. Successivamente si mescolava il tutto agitando il contenitore e si poteva bere il caffè tramite la cannuccia. Da oggi, invece, la ISS disporrà di una vera e propria “macchina per il caffè” a capsule, molto simile a quelle che si possono trovare nelle nostre case e in molti uffici. Denominata ISSpresso (evidente gioco di parole tra la stazione spaziale e la parola espresso), avrà una duplice funzione: dare all’equipaggio la possibilità di godersi un caffè quanto più simile a quello “terrestre” e compiere esperimenti sulla dinamica dei fluidi.

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Fig. 1: il razzo Falcon-9 sulla rampa di lancio con il veicolo Dragon in cima

SCOPI – ISSpresso è un progetto congiunto tra le aziende italiane Argotec e Lavazza con la collaborazione dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI). La possibilità per gli astronauti di bere del caffè “terrestre” si rivela molto utile in termine di morale, poiché l’equipaggio passa in genere cinque mesi e mezzo sulla ISS e dopo un certo periodo di tempo si è riscontrato che ciò che più manca loro sono le piccole cose quotidiane della vita sul nostro pianeta, come una passeggiata all’aria aperta o, per l’appunto, una tazzina di caffè. ISSpresso sarà in grado di preparare anche caffè lungo, tisane, tè, brodo e potrà affiancare l’attuale sistema di reidratazione dei cibi già operativo sulla stazione. Fondamentale è anche l’aspetto scientifico e ingegneristico del progetto. L’obiettivo principale è studiare il comportamento dei fluidi ad alta temperatura e pressione in ambiente di microgravità (comunemente chiamata gravità zero) e testare se le soluzioni adottate per questa macchina siano le più adatte. La macchina pesa complessivamente 20 chilogrammi e sarà installata a bordo dall’equipaggio nelle prossime settimane.

Samantha Cristoforetti e Terry Virts nel modulo Cupola durante le operazioni ci cattura del Dragon
Samantha Cristoforetti e Terry Virts nel modulo Cupola durante le operazioni ci cattura del Dragon

COM’È ARRIVATA? – La nuova macchina per il caffè è arrivata tramite un veicolo spaziale cargo automatico denominato Dragon. Progettato e costruito dalla compagnia spaziale privata Space-X nell’ambito dei contratti CRS (Commercial Resupply Services – Servizi commerciali di rifornimento) finanziati dalla NASA e firmati nel 2008 con le compagnie Orbital Science Corporation (ora Orbital ATK) e Space Exploration Technology (Space-X). Questi contratti hanno aperto la via alle compagnie private per l’accesso allo spazio in orbita terrestre bassa (LEO – Low Earth Orbit) per quanto concerne le attività connesse al volo spaziale con equipaggio. Il lancio della Dragon è avvenuto martedì 14 Aprile dalla Cape Canaveral Air Force Station in Florida tramite il razzo Falcon-9 v1.1, sempre costruito da Space-X. Il lancio è stato particolare, poiché per la seconda volta, è stato tentato un atterraggio frenato dal motore principale del primo stadio del vettore su una piattaforma automatica posizionata a largo della Florida. L’atterraggio è stato un successo parziale: il razzo è arrivato sulla piattaforma, ma non è riuscito a stabilizzare verticalmente il contatto, cadendo di lato ed esplodendo. Il Dragon non è progettato per un aggancio automatico alla ISS, ma deve essere “catturato” con il braccio robotico (Canadarm-2) in dotazione alla stazione e poi attraccato ad uno dei portelli del modulo Harmony. L’operazione è stata effettuata dalla nostra astronauta Samantha Cristoforetti con l’assistenza del comandante della Expedition 43, Terry Virts, alle 13.00 (ora italiana) di oggi.

Video 1: il tentativo di atterraggio del primo stadio del razzo Falcon-9 v.1.1 sulla piattaforma a largo della Florida

Emiliano Battisti

[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””]Un chicco in più

Falcon-9 v1.1: è l’ultima versione del vettore Falcon-9 progettato e realizzato dalla Space-X. Rispetto all’originale è in grado di fornire il 60% di potenza in più per trasportare in orbita maggior carico utile. Ulteriore innovazione è la dotazione di un software per il rientro controllato del primo stadio unito a “zampe” estensibili per l’atterraggio, nell’ottica di renderlo, in futuro, riutilizzabile.

Canadarm-2: è il braccio robotico della stazione. Viene utilizzato per lo spostamento di carichi esterni alla stazione, per l’attracco di veicoli spaziali cargo come il Dragon, il Cygnus e l’HTV e per assistere gli astronauti durante le attività extraveicolari (le cosiddette passeggiate spaziali). Il braccio è operato da un membro dell’equipaggio (solitamente assistito da un secondo) utilizzando gli appositi comandi installati nel modulo Cupola.[/box]

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Emiliano Battisti
Emiliano Battisti

Consulente per la comunicazione per un’azienda spaziale e Project Officer and Communications per OSDIFE, sono Segretario Generale e Direttore della comunicazione dell’APS Il Caffè Geopolitico e Coordinatore dei desk Nord America e Spazio. Ho pubblicato il libro “Storie Spaziali”.

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