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La fragile sicurezza del Mar Baltico

Miscela Strategica – La regione del Baltico ritorna ad essere preoccupazione strategica in seguito al deteriorarsi dei rapporti tra Paesi europei dell’est e Russia. Ma alle politiche assertive si contrappongono elementi di vulnerabilità strategica che, se non sapientemente gestiti, potrebbero portare a situazioni di stallo difficili da controllare.

LA COMPLESSITA’ GEOGRAFICA – Sul Mar Baltico si affacciano ben 10 Paesi, ciascuno dei quali ha una propria storia e tradizione politica, così radicate da creare rapporti di forza non lineari e soluzioni di governance sui generis. Dal punto di vista politico-militare, i due blocchi principali rimangono la NATO (cui aderiscono 7 dei Paesi interessati) e la CSTO, con la Russia come unico Paese direttamente coinvolto nell’area. Ad essi si aggiungono i due casi speciali di Svezia e Finlandia. La prima vicina alla coalizione NATO e con essa legata da trattati ufficiali, la seconda gelosa della propria autonomia quanto propensa a conservare rapporti di buon vicinato con Mosca. Il deterioramento dei rapporti NATO-Russia in seguito alla crisi ucraina hanno avuto come diretta conseguenza il rispolvero delle tensioni nell’area, fomentate dalla diffidenza dei Paesi Baltici ed Europei orientali nei confronti del potente vicino russo quanto dalla postura aggressiva rispolverata da Mosca, che accusa per contro la NATO di espandersi troppo anche sul fronte Baltico a danno del proprio spazio geopolitico ed economico.
Tutti gli strumenti militari nell’area sono oggi molto più deboli che in passato. Eppure, la particolare configurazione geografica unita alla forte dipendenza economica della maggior parte degli Stati rivieraschi dalla libera navigazione nel Baltico consentirebbe ad un attore aggressivo di interdire le rotte commerciali nell’area con mezzi pur insufficienti a garantirne il controllo. Ciò comporterebbe probabilmente una trappola strategica simile a quella ucraina, con una situazione di stallo politico-militare dalla quale tutti gli attori, alla fine, uscirebbero sconfitti.

La mappa mostra i sistemi di alleanze e le principali basi navali
La mappa mostra i sistemi di alleanze e le principali basi navali

PROSPETTIVE STRATEGICHE – Il sotto-gruppo composto da Estonia, Lettonia e Lituania è quello che nel corso degli ultimi dieci anni ha più guadagnato in termini di sicurezza. L’adesione alla NATO permette loro di garantire la difesa territoriale dalla Russia, altrimenti impossibile per via dell’inconsistenza delle loro rispettive forze armate, anche se congiunte. Il loro spazio aereo viene sorvegliato e protetto da caccia NATO a rotazione mentre la presenza dei contingenti statunitense, tedesco e danese rappresentano una specie di assicurazione sulla vita. In effetti, anche se si tratta di poche centinaia di uomini, l’eventuale minaccia russa coinvolgerebbe direttamente anch’essi, determinando l’impossibilità per gli alleati di defilarsi o di non rispettare l’articolo 5 del patto Atlantico. Ciononostante, la dipendenza energetica dalla Russia li mette in pesante svantaggio, a dispetto delle garanzie militari. A tal proposito essi hanno ben accolto la politica di differenziazione delle fonti operata dall’UE. Ma la loro possibile soluzione si baserebbe principalmente sull’importazione di gas naturale (LNG) dal mare, ricadendo quindi nel dilemma strategico legato alla libera navigazione nel Baltico.
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Dimensione economica dei Paesi dell’area
PIL 2015 – in miliardi di dollari

  • Germania – 3413,5
  • Russia – 1176
  • Polonia – 491,2
  • Svezia – 487,4
  • Norvegia – 421
  • Danimarca – 297,4
  • Finlandia – 235,3
  • Lituania – 42,6
  • Lettonia – 28,4
  • Estonia – 23,1

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Finlandia e Svezia hanno una posizione ancora piĂą complessa, essendo membri dell’Unione Europea ma non della NATO. Le recenti tensioni mettono a dura prova la sostenibilitĂ  politica e militare delle loro scelte di campo. Nel dibattito politico finlandese si fa strada l’ipotesi della richiesta di adesione al Patto Atlantico, ma le relazioni con Mosca sono consistenti e la bilancia commerciale ne risentirebbe grandemente. Il Paese teme inoltre le ritorsioni russe in caso di sbilanciamento ad ovest, poco clementi con chi non dispone dell’ombrello NATO. Helsinki si fa carico della propria difesa ed ha mantenuto il proprio apparato militare in efficienza, incrementando le spese negli ultimi anni. Ma se il Paese potrebbe far fronte a schermaglie di confine o nelle proprie acque territoriali, la riduzione delle capacitĂ  operative degli altri Paesi baltici rende difficile alla Marina finlandese garantire i vitali flussi commerciali tra il Mare del Nord e il Golfo di Finlandia. L’anello debole è principalmente la Svezia. In tempi meno tesi, Stoccolma ha rinunciato ad alcune capacitĂ  operative fondamentali, ad esempio quelle ASW (Anti-Submarine Warfare), trovandosi ora in difficoltĂ  di fronte all’incremento di attivitĂ  militare russa. I sommergibili di Mosca hanno piĂą volte violato le acque svedesi impunemente e non avrebbero fatto fatica a colpire le poche unitĂ  sottili – anche se di ottima qualitĂ  – di cui la Svezia dispone per il controllo della propria grande e frastagliata zona costiera.
A dire il vero la Russia non ha incrementato di molto le sue forze (10-11 unitĂ  da guerra operative) nel Baltico, limitandosi ad una lenta ma costante modernizzazione. Tuttavia la rinnovata operativitĂ  navale ed aerea sottolinea – talvolta in maniera imbarazzante per i Governi della regione – il generale disarmo che l’area ha vissuto fino a poco piĂą di un anno fa. 

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Esercitazione anfibia russa nei pressi dell’enclave di Kaliningrad

PROBLEMI DI MISURA – L’erosione di alcune capacitĂ  militari di rispetto diventa una premessa per lo stallo politico in caso di crisi. Si tratta di un problema di misure. In primo luogo, le misure che i Paesi NATO hanno preso nei confronti della Russia. Tra queste, il ripristino di alcune esercitazioni militari ha un doppio effetto: deterrenza ma anche provocazione. Esercitazioni come BALTOPS o piani operativi come EAGLE GUARDIAN permettono di mantenere la capacitĂ  di operare come alleanza, dimostrando la superioritĂ  di una eventuale task force NATO sulla squadra navale russa. Mosca vede queste esercitazioni come provocazioni, e spesso risponde con analoghe dimostrazioni di potenza come le ZAPAD. Questi eventi si distaccano tuttavia dalla realtĂ  operativa quotidiana che i singoli Paesi devono/dovrebbero affrontare, in quanto ciascuno tende/tenderebbe a rifuggire il confronto diretto tra squadre navali per non mettere in discussione la propria credibilitĂ . L’orografia  e l’idrografia del campo di battaglia delineano piuttosto un contesto di guerra litoranea da giocarsi con estenuanti pattugliamenti, posa di mine, interdizione navale, operazioni anfibie e sottomarine. Un’ipotesi di scuola, ad esempio, è l’occupazione russa dell’isola di Gotland, eventualitĂ  che gli svedesi, oggi, difficilmente riuscirebbero a fronteggiare. In questa pur remota possibilitĂ , la NATO interverrebbe? E qui si arriva al secondo problema di misura. La crisi in Ucraina ha dimostrato come la rapid dominance di un territorio non NATO di dimensioni limitate possa portare ad uno stallo politico-militare. Nel caso del Baltico, per le ragioni geostrategiche illustrate, una situazione di questo genere potrebbe riproporsi. Ed è difficile stabilire in maniera univoca se essa rappresenterebbe un incentivo al dialogo o all’escalation per ciascuno degli attori considerati.

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Una FAC (Fast Attack Craft) finlandese classe Hamina in partenza

TANTI POSSIBILI SVILUPPI – In questo momento di tensione la frammentazione politico-militare nello spazio geopolitico del Mar Baltico lo rende sensibile ad eventi o scelte politiche che potrebbero cambiarne le dinamiche strategiche. Vediamone alcuni.

[one_half]Normalizzazione dei rapporti UE-Russia – Improbabile nel breve termine, nel medio e lungo periodo l’Unione Europea si troverà nella necessità di normalizzare i propri rapporti con Mosca. Se questo avvenisse in senso positivo, ad esempio con la sospensione delle sanzioni o con un accordo sull’Ucraina, l’attuale fase di recrudescenza delle tensioni si smorzerebbe, facendo tornare l’area al precedente trend positivo, che vedeva gli Stati rivieraschi in crescita, Russia compresa. In questo caso la prospettiva del mutuo interesse economico avrebbe vinto sulle considerazioni di tipo strategico e i Paesi oggi sul piede di guerra cesserebbero gradualmente con gli allarmismi.[/one_half][one_half_last]Incidenti diplomatici – Nessuno vuole passare dalla dimostrazione di potenza ai fatti ma, se i Paesi baltici continueranno ad alimentare la percezione estrema della minaccia, ogni incidente che coinvolgesse assetti militari (dal classico sconfinamento di aerei o navi russe ad un’esercitazione particolarmente robusta) potrebbe trasformarsi in una scintilla pericolosa. Mosca ha più volte dimostrato di tenere alla propria credibilità ed al proprio ethos politico più che alla convenienza economica, pertanto la composizione amichevole di eventuali controversie non è da darsi per scontata, soprattutto nel caso di screzi con i Paesi neutrali.[/one_half_last]

[one_half]Incomunicabilità – La crisi ucraina ha dimostrato che il blocco russo e quello NATO non sono capaci di parlarsi. In pratica, nessuno comprende il punto di vista dell’altro ed è cristallizzato nella propria visione geopolitica. E’ altrettanto vero che Mosca non ha trovato in Europa un interlocutore univoco, con Francia, Germania e Italia poco inclini a soluzioni drastiche, Gran Bretagna allineata pedissequamente agli Stati Uniti, Paesi centro-orientali ostili e Balcani indecisi e stretti tra due fuochi. Questa condizione si ripeterebbe nel Baltico in caso di escalation, con le ancora piĂą complesse posizioni svedese e finlandese, spingendo il confronto strategico verso un corto circuito comunicativo dai risvolti imprevedibili.[/one_half][one_half_last]Spostamento asse strategico – Il peso ponderato di Germania, Italia, Francia e altri Paesi meridionali è ancora alto in sede NATO e UE. L’Europa è impegnata oggi anche a sud a causa del grande arco di instabilitĂ  che si è creato in Africa settentrionale e Medio Oriente. Le sfide poste da terrorismo internazionale, migrazioni e guerre civili potrebbero trasferire l’attenzione della NATO dal fronte orientale a quello meridionale con due possibili, opposti effetti: minore attenzione agli strali polacchi e baltici e conseguente raffreddamento del confronto con la Russia oppure, pessimisticamente, incremento dell’influenza di Mosca sugli Stati baltici (considerando anche la questioni etno-demografiche) e minaccia – diretta e indiretta – agli spazi geopolitici finlandesi e svedesi. [/one_half_last]

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Corvetta svedese classe Visby in pattugliamento a sud di Stoccolma

[one_half][box type=”warning” align=”” class=”” width=””]RISCHI

Una serie dei rischi cui la regione va incontro secondo il trend attuale:

  • Recrudescenza del confronto strategico NATO-Russia
  • Ritorno a paradigmi strategici non piĂą sostenibili economicamente e politicamente
  • Situazione di stallo politico-militare in caso di crisi
  • Involuzione dello sviluppo economico dell’area baltica (in crescita in questi anni)
  • Crisi internazionale con effetto domino

[/box][/one_half][one_half_last][box type=”note” align=”” class=”” width=””]VARIABILI

Una lista delle variabili che influenzeranno il trend attuale rafforzandolo o indebolendolo, a seconda dei casi:

  • Percezione/i delle minacce alla sicurezza internazionale
  • PrioritĂ  strategiche e atteggiamento politico della NATO
  • PrioritĂ  strategiche e atteggiamento politico della Russia
  • Normalizzazione delle relazioni UE-Russia
  • Impatto dell’andamento della crisi ucraina sui timori politici dei Paesi europei orientali e settentrionali

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Sommergibile tedesco classe U-212 in rientro alla base di Eckernfoerde (Kiel), nel Baltico

Marco Giulio Barone

Foto: Official U.S. Navy Imagery

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Marco Giulio Barone
Marco Giulio Baronehttps://ilcaffegeopolitico.net

Marco Giulio Barone è analista politico-militare. Dopo la laurea in Scienze Internazionali conseguita all’Università di Torino, completa la formazione negli Stati Uniti presso l’Hudson Institute’s Centre for Political-Military analysis. A vario titolo, ha esperienze di studio e lavoro anche in Gran Bretagna, Belgio, Norvegia e Israele. Lavora attualmente come analista per conto di aziende estere e contribuisce alle riviste specializzate del gruppo editoriale tedesco Monch Publishing. Collabora con Il Caffè Geopolitico dal 2013, principalmente in qualità di analista e coordinatore editoriale.

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