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Austerity in Giamaica: percorso “greco”?

Non solo Grecia: nei Caraibi l’economia giamaicana non se la passa troppo bene. Per questo il Fondo Monetario Internazionale chiede di intraprendere riforme in direzione dell’austerità fiscale, a dispetto di un contesto locale molto particolare.

Da Kingston (Giamaica)

AUSTERITÀ IN SALSA CARAIBICA – Giamaica, la terza isola dei Caraibi in ordine di grandezza dopo Cuba e Repubblica Dominicana, nel campo degli investimenti internazionali continua a fare la parte del leone. Quaggiù è il settore privato, a differenza di Cuba, a giocare un ruolo preponderante. I finanziamenti che hanno sostenuto il Paese dagli anni dell’indipendenza fino ad oggi non sono a fondo perduto. Finanziamenti della Banca Mondiale supportano le attività estrattive, in gran parte controllate dalle aziende USA, che possiedono miniere di bauxite ovunque. È la preziosa materia prima di cui il suolo giamaicano è fornitore mondiale, che consente la produzione dell’alluminio nei Paesi anglosassoni. Il settore del turismo all-inclusive parla invece lingua spagnola. Le catene dei vari Riu, Bahia, IberoStar e Fiesta lo testimoniano.

Piscina hotel Bahia
Fig.1 – La piscina del lussuoso Hotel Bahia. Foto dell’autore

La Cina ha costruito e gestisce, incassando lauti pedaggi, l’autostrada che collega la Costa Nord con la capitale Kingston. Eppure la parola d’ordine che circola sulle prime dei giornali locali è austerity. La stessa che ha costretto a duri tagli del welfare sociale nell’Europa meridionale – i famigerati PIIGS, ovvero Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna. A parlare di austerità è stato il Segretario di Stato spagnolo per la cooperazione internazionale, Jesùs Gracia Aldaz, che ha pubblicato un editoriale sul magazine giamaicano “Gleaner”  raccomandando politiche economiche simili a quelle varate in Spagna. Lo spagnolo auspica per la Giamaica disciplina finanziaria corredata di tagli e flessibilità sul mercato del lavoro, ricordando la cura applicata al suo Paese, che a suo dire lo ha guarito, nonostante in Spagna vi sia uno dei più alti tassi di disoccupazione in Europa. Perché alla Giamaica è richiesta una terapia d’urto che porti ad un aggiustamento fiscale? L’economia dell’isola caraibica, a differenza di molti altri Paesi in via di sviluppo, è cresciuta molto poco negli ultimi trent’anni (in media meno dell’1% annuo secondo la Banca Mondiale), mentre il debito pubblico è schizzato alle stelle, oltre il 140% del PIL. Condizioni che hanno spinto il Fondo Monetario a intervenire.

COSA RIFORMARE? – Ecco i punti-chiave delle richieste fatte al Governo giamaicano rapportandoli alla realtà del Paese caraibico

1. Riduzione degli indennizzi per licenziamento senza giusta causa.

2. Aumento delle assunzioni in prova.

Tali riforme non sembrano molto calzanti con il contesto locale, dato che la legislazione lavorativa dell’isola è ancora basata sui canoni coloniali, con un’ampia discrezionalità da parte del datore di lavoro. Il diritto di sciopero non è quasi mai esercitato dalla working class per il semplice fatto che coloro che lo fanno vengono spesso licenziati – e facilmente rimpiazzati, dato che il parco disoccupati qui è sempre affollato. Parlando di assunzioni in prova, sono la consuetudine. Considerando che il minimum wage (salario minimo) è intorno ai 40 euro in valuta locale, uno dei più bassi dei Caraibi, gli employers non si fanno scrupolo di applicarlo a tempo indeterminato.

3Tagli sul welfare

L’istruzione è da sempre a pagamento, terminata la Primary School (scuola elementare). Il passaggio alle medie è consentito solo dopo il superamento di un esame di Stato, da sostenere presso il CXC (Caribbean Examination Council). Il costo dei libri di testo a tal fine è proibitivo per le famiglie del ceto basso. Un pacchetto-base che comprenda almeno Inglese, Storia, Biologia, Educazione Civica e Fisica supera i 400 euro, per cui gli studi di molti si fermano alla soglia della scuola media. L’accesso ai corsi superiori è possibile solo per un 20% scarso della popolazione studentesca. Il costo di università private, come la Northern Caribbean di Mandeville, è superiore a quello di molte facoltà americane. Esistono a Kingston due istituti regionali, UWI (West Indies) e U-Tech (Tecnologia) con rette più contenute, ma l’accesso è limitato, dovendo ospitare studenti provenienti anche da altri Caraibi anglofoni.

Bambini all'asilo
Fig. 2 – Bambini all’asilo. Foto dell’autore

Riguardo la salute, gli ospedali pubblici sono sovraffollati e spesso sprovvisti di attrezzature e macchinari: tranne lodevoli eccezioni, come il Bustamante (l’ospedale dei bambini a Kingston) e il comunale di Mandeville, il quadro è desolante. Proliferano laboratori e cliniche private, che durante il quadriennio di governo del Jamaica Labour Party (2007-2011) patrocinato dal Primo ministro Bruce Golding, hanno prevalso. Il costo di una visita specialistica parte da un minimo di 50 euro; la cifra supera anche i 300 in caso servano TAC di approfondimento. Come negli Stati Uniti, l’accesso a un nosocomio privato è possibile solo se supportato da un medical plan assicurativo. Le polizze sono simili a quelle in vigore negli USA, inaccessibili per i ceti medio-bassi

POVERI LORO – Le richieste del FMI mettono a rischio anche il recente programma di aiuti del governo giamaicano, approvato poche settimane fa, che stanzia altri 75 milioni di dollari giamaicani (circa 650.000 dollari) a sostegno dei poveri. La miseria è la piaga più grave in Giamaica, sovente abbinata alla criminalità. Se questi numeri saranno ridotti, entrambe rischiano di aumentare in maniera esponenziale. La povertà è concentrata soprattutto nei distretti rurali e nei ghetti della capitale. Serbatoi inesauribili per la manovalanza delle gangs.

Flavio Bacchetta

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Un chicco in più 

Ad aprile 2014 il governo della Giamaica e quello cinese hanno firmato l’accordo preliminare della prima fase dell’iniziativa Jamaican Logistics Hub (JLH), che è volta a posizionare Kingston come il quarto snodo nella catena globale della logistica, insieme a Rotterdam, Dubai e Singapore, servendo l’intero continente americano. Il progetto, quando sarà completo, dovrebbe aprire importanti opportunità in termini di crescita e occupazione.

Questo articolo è un aggiornamento di quanto già pubblicato su “Il Fatto Quotidiano 

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Flavio Bacchetta
Flavio Bacchetta

Ho lavorato come agente di commercio in Italia, alternando la mia attività con il lavoro di fotoreporter free lance. Ho collaborato con il settimanale L’Espresso, Panorama, Oggi e altri ancora, tramite l’agenzia di Milano Laura Ronchi. Dal 1994 ho aperto nei Caraibi una mia azienda, che si occupa della produzione e distribuzione di prodotti grafici ricavati dalle mie immagini. Ho collaborato anche con quotidiani caraibici, quali The Gleaner in Giamaica, fornendo loro testi e foto. Scrivo sulla politica e i problemi sociali delle Americhe, dal 2010, come collaboratore esterno di quotidiani nazionali italiani, quali il Manifesto, e magazine online. Il Fatto Quotidiano ospita anche un mio blog di opinioni.

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