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Il freno (quasi) rotto: la Germania tra austerità e realpolitik

Analisi Il 18 marzo 2025 il Bundestag ha sospeso il freno al debito (Schuldenbremse) per finanziare investimenti in difesa e infrastrutture strategiche. Una svolta storica che segna la fine dell’austerità tedesca? Non proprio. La decisione riflette piuttosto una ridefinizione selettiva delle priorità, dettata da nuove pressioni geopolitiche e dalla necessità di rilegittimare la leadership tedesca in un’Europa disorientata.

UNA RIFORMA BLINDATA: TATTICA PARLAMENTARE E MEMORIA FISCALE

Dopo le elezioni del 23 febbraio, che hanno sancito la vittoria del blocco conservatore CDU/CSU con il 28,6% dei voti, la nuova legislatura del Bundestag si è aperta il 25 marzo con una geografia politica inedita: l’ultradestra di AfD e la sinistra radicale di Die Linke detengono insieme una minoranza di blocco in grado di ostacolare qualsiasi futura riforma costituzionale. Al palese scopo di aggirare uno scenario in cui l’una si sarebbe opposta alla rimodulazione del freno al debito e l’altra a un aumento della spesa militare, Friedrich Merz, leader della CDU e Cancelliere in pectore, ha forzato i tempi: la sospensione del Schuldenbremse – il vincolo costituzionale che limita il disavanzo federale allo 0,35% del PIL – è stata votata dal Parlamento uscente, in coalizione con SPD e Verdi, appena una settimana prima dell’insediamento del nuovo Bundestag.
Una strategia riuscita, ma non senza conseguenze. Christian Dürr, capogruppo dei liberali dell’FDP – già responsabili della rottura con Scholz proprio sul freno al debito – ha accusato Merz di aver formato una “coalizione del debito”, sconfessando le promesse di rigore fatte in campagna elettorale. Ancora più dura Alice Weidel, co-leader dell’AfD, che ha parlato della “più grande frode elettorale della storia repubblicana”, denunciando un patto tra i “perdenti” delle urne per aggirare la volontà popolare. Diversi ricorsi sono già stati presentati alla Corte Costituzionale di Karlsruhe, che potrebbe bloccare in tutto o in parte la riforma. Non sarebbe la prima volta: già nel 2023, una sentenza di Karlsruhe congelò fondi Covid inutilizzati, innescando un buco da 60 miliardi nel bilancio federale.
Nel frattempo, i negoziati per la formazione della cosiddetta “grande coalizione” CDU–SPD restano in bilico. La riforma, dunque, va anche letta come operazione preventiva per evitare l’impasse istituzionale.
Per comprenderne appieno la portata, sarebbe bene liberarsi di due errori di prospettiva. Il primo è pensare che la Germania abbia abbandonato l’ortodossia fiscale: il Schuldenbremse è stato solo sospeso, e per motivi precisi, non archiviato. Il secondo è credere che la decisione sia frutto di un’inversione ideologica, laddove l’austerità non dipende esclusivamente da volontà politica, ma è parte integrante dell’immaginario fiscale tedesco, trasversale ai partiti e profondamente radicato nella memoria collettiva del Paese. La sospensione del freno al debito è dunque meno un “cambio di rotta” e più un adattamento tattico, una realpolitik per garantire margini di manovra nel mezzo di una triplice pressione: sfide alla sicurezza, crisi economica e competizione sistemica globale.

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Fig. 1 – Friedrich Merz, Presidente dell’Unione Cristiano–Democratica (CDU), durante la sessione straordinaria del Bundestag tedesco convocata per discutere l’emendamento costituzionale proposto da SPD e CDU/CSU sulla sospensione del freno al debito e l’istituzione di un fondo speciale per le infrastrutture. Berlino, 18 marzo 2025

DIFESA E SOVRANITÀ: LA SICUREZZA COME LEVA FISCALE

Il primo e più evidente motivo della sospensione del Schuldenbremse è legato alla sicurezza. La riforma non prevede un allentamento generalizzato del freno al debito, ma introduce una deroga circoscritta a spese connesse alla sicurezza nazionale, come la difesa militare, civile, la cybersicurezza e l’intelligence – a condizione che superino l’1% del PIL. Per la prima volta, anche i 16 Länder saranno autorizzati a indebitarsi fino allo 0,35% del proprio prodotto interno lordo, superando così il vincolo finora assoluto che impediva loro qualunque nuovo debito.
Un fondo straordinario da 500 miliardi di euro, concepito per rilanciare industria e infrastrutture, si accompagna così a una svolta in chiave militare: i piani di Merz mirano a rafforzare la Bundeswehr attraverso investimenti, ripristino della leva obbligatoria e il raggiungimento del 2% del PIL in spesa per la difesa, in linea con le aspettative NATO.
Merz ha definito questa svolta una nuova Zeitenwende – evocando il linguaggio di Scholz nel 2022 – e ha parlato in Aula di un “primo grande passo verso una nuova comunità europea della difesa”. La Germania si allinea così alla strategia proposta da Ursula von der Leyen, che da mesi chiede di escludere la spesa militare dai vincoli del Patto di Stabilità. Ma la scelta tedesca non nasce solo con lo sguardo rivolto a Bruxelles. Con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, il suo uso geopolitico dei dazi sulle esportazioni europee e la sua ambiguità rispetto all’appoggio all’Ucraina, Berlino si trova a dover riconsiderare il proprio posizionamento strategico. L’ombrello americano non è più garantito, e l’idea di “autonomia strategica” europea, spesso evocata ma mai realizzata, sembra ora necessaria.
È su questo crinale che va letto anche l’apparente cambio di passo di Merz. Contrariamente a quanto molti osservatori avevano previsto, il leader cristiano-democratico non ha mostrato esitazioni nel rompere con la tradizione del rigore. Ma più che a un mutamento ideologico, la scelta rimanda alla necessità di ridare assertività alla Germania e, con essa, a un’Europa scossa da crisi multiple. Merz non ha rinnegato il rigore: l’ha adattato alle nuove regole del gioco, dove la deterrenza conta più del pareggio di bilancio.

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Fig. 2 – Militari tedeschi trasportano batterie del sistema di difesa aerea MIM-104 Patriot presso una base di addestramento, dove sono schierati due sistemi Patriot nell’ambito delle operazioni NATO sul fianco orientale, Jasionka, Polonia

ECONOMIA SELETTIVA: CRESCITA SÌ, WELFARE NO

Il secondo asse della svolta tedesca è interno. Dopo tre trimestri di recessione, la sospensione del freno al debito apre spazi per un intervento pubblico più ampio. Ma la direzione della spesa è tutt’altro che redistributiva. Il piano prevede investimenti in digitalizzazione, infrastrutture strategiche e resilienza industriale, ma nulla – al momento – su sanità, pensioni o welfare. Il modello è quello di una “crescita mirata”, in cui lo Stato interviene per aumentare la competitività, non per compensare le disuguaglianze.
È un’impostazione coerente con la tradizione tedesca della “frugalità funzionale”, che non vede l’intervento pubblico come fine, ma come mezzo condizionato al ritorno economico. Il rischio, però, è quello di aggravare le fratture interne. Le fasce meno protette restano escluse dalla nuova stagione di investimenti, e la protesta sociale potrebbe alimentare ulteriormente la crescita dell’AfD, oggi sopra il 40% nei Länder orientali. Il rigore selettivo rischia di diventare socialmente regressivo.
In questo quadro, la tempistica della sospensione appare ancora più significativa. Se il vincolo costituzionale fosse stato superato un anno prima, forse si sarebbero potuti limitare gli effetti della recessione e rafforzare la coesione sociale. Ma l’FDP – pur numericamente marginale – era decisivo nella coalizione semaforo e ha sempre fatto del freno al debito la propria bandiera (proprio su questo nodo era caduto il Governo Scholz). Oggi che i liberali sono fuori dal Bundestag, il vincolo può essere sospeso. La Germania ha agito di fatto quando il contesto politico lo ha finalmente permesso.

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Fig. 3 – Alice Weidel, co-leader di Alternativa per la Germania (AfD), interviene durante un dibattito al Bundestag sul limite al debito federale previsto dalla Legge fondamentale, Berlino, 13 marzo 2025

LEADERSHIP EUROPEA, PRESSIONI GLOBALI: LE ‘REGOLE’ DI BERLINO

Il terzo asse riguarda la proiezione esterna della Germania, ed è globale nei suoi effetti, anche se europeo nei mezzi. Berlino non si limita a reagire alle crisi economiche o militari: cerca attivamente di ridefinire la propria posizione strategica in un sistema internazionale frammentato, in cui le linee di frattura tra sicurezza, industria e politica fiscale si sono fatte porose. In questo contesto, la sospensione del Schuldenbremse va letta come una scelta che riguarda tanto l’autonomia europea quanto la capacità tedesca di resistere alle pressioni globali.
La spesa militare – oltre a rafforzare la deterrenza – diventa un volàno geoeconomico, utile a rilanciare l’industria nazionale, consolidare poli tecnologici e rilocalizzare produzioni critiche. È un riarmo non solo militare ma anche industriale, che punta a proteggere la base produttiva tedesca in un’epoca di de-risking con la Cina e di guerre commerciali in arrivo.
Come sempre, però, l’asimmetria fiscale tra i Paesi dell’eurozona rischia di generare nuove fratture. La Germania, pur superando temporaneamente sia i propri vincoli costituzionali che quelli previsti dal Patto di Stabilità, resta un Paese a basso debito rispetto ai propri vicini. Questo le consente di espandere la spesa senza mettere in discussione la sostenibilità del bilancio pubblico. Per altri Paesi, invece – a partire dall’Italia, ma anche Francia, Spagna e Portogallo – la situazione è molto più complessa: il margine per un indebitamento aggiuntivo è esiguo, e ogni deviazione rischia di tradursi in nuovi vincoli di rientro nel medio termine.
Il rischio è che la Germania, pur rivendicando il proprio europeismo, finisca per influenzare unilateralmente le condizioni del nuovo ordine fiscale europeo, scegliendo se, quando e quanto allentare i vincoli – in base ai propri interessi strategici. L’operazione di Merz è in questo senso tanto tecnica quanto politica: rilancia il ruolo tedesco, ma solleva interrogativi sulla sua compatibilità con una governance davvero condivisa.
L’UE guarda a Berlino – non per copiare, ma per capire se il nuovo corso tedesco sarà una breccia condivisibile o un vantaggio unilaterale. Perché, come ha scoperto Merz, la complessità del presente non si risolve più nei margini di un sottobicchiere.

Ginevra Dolce

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Perchè è importante

  • Il 18 marzo il Bundestag ha approvato una riforma per sospendere temporaneamente il freno costituzionale al debito (Schuldenbremse). La misura apre la strada a un programma di riarmo, rilancio economico e rafforzamento del ruolo geopolitico tedesco.
  • È una svolta significativa per la Germania, che ha fatto dell’austerità fiscale una linea identitaria. Ma è poco probabile che segni una rottura strutturale. L’opinione pubblica resta legata al rigore, e già in passato la Germania ha sospeso le sue regole solo in situazioni eccezionali.

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Ginevra Dolce
Ginevra Dolce

Ho una laurea in Relazioni Internazionali – European Studies e sto conseguendo un Master di II livello in Geopolitica e Sicurezza Globale, mi piace giocare a Twilight Struggle e il mio libro preferito è 1984 di Orwell, ma ho anche dei difetti.

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