lunedì, 7 Ottobre 2024

APS | Rivista di politica internazionale

lunedì, 7 Ottobre 2024

"L'imparzialità è un sogno, la probità è un dovere"

Associazione di Promozione Sociale | Rivista di politica internazionale

Un Caffè con Carlo Festucci, AIAD

Miscela Strategica – In occasione del salone internazionale DSEI 2015 abbiamo avuto l’opportunità di intervistare Carlo Festucci, segretario generale dell’AIAD – la Federazione Industrie Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza. Ne abbiamo approfittato per chiedere il suo punto di vista su temi a noi cari legati alle relazioni internazionali, con un focus particolare sull’Unione Europea

Dottor Festucci, per cominciare, quali sono i prodotti italiani di punta e qual è lo stato generale dell’industria italiana della difesa?

I nostri prodotti più competitivi sono quelli dell’elicotteristica, il settore aerospazio e tante piccole e medie imprese che hanno una loro offerta di pregio. Però non c’è un best seller o qualcosa che “tiri di più”, il panorama è complesso e variegato. Ci sono diversi prodotti di eccellenza, come l’Eurofighter, l’M-346 e gli elicotteri di AgustaWestland, ma attenzione, in termini di eccellenza tecnologica. Se poi verranno acquistati o meno dipenderà dai requisiti del cliente.

La Commissione Europea invita da qualche anno le aziende del settore a coordinarsi tra loro e a prediligere operazioni di M&A. Quanto le politiche UE condizionano il vostro assetto aziendale e le vostre strategie?

Questo non è vero. La Commissione Europea si sta impegnando a far sì che la Francia e la Gran Bretagna cooptino gli altri Paesi e li portino dalla loro parte, e questa è una cosa diversa dall’aggregare. Lasci perdere le dichiarazioni ufficiali, l’EDA (European Defence Agency) è a conduzione francese, l’OCCAR (Organisation Conjointe de Coopération en matière d’Armement) è a conduzione inglese e provano a imporre le loro posizioni. Sa perché non si fa il famoso esercito europeo? Oggi esso sarebbe un aggregato dell’esercito francese con quello tedesco. E noi faremmo la parte dei camerieri, cosa che non ci sta bene. Se si vorrà fare si dovranno stabilire delle regole del gioco per mettere a fattor comune la sovranità e ridistribuirla in maniera diversa ma equa. Finché non si ha la volontà di ragionare in questi termini, non può esserci unità. La Francia bombarda prima la Libia e ora la Siria senza dircelo in anticipo ma mettendoci di fronte al fatto compiuto. Questo e altri comportamenti sono da Paesi che, sulla base di una direttiva cartacea, vogliono agire per proprio conto e farlo anche a nome degli altri senza averli consultati. Questa a mio parere non è né politica estera né politica strategica e nemmeno politica della difesa. Se si seguissero queste direttive alla lettera l’industria italiana finirebbe per andare al traino di quelle britanniche e francesi anche nei settori in cui invece potrebbe dettare il ritmo. Oggi non c’è l’Europa, né l’Unione, n’è il continente. C’è un aggregato di pezzetti che si vogliono tenere assieme in maniera non sufficientemente organica. Nel nostro settore ci sono industrie europee che giocano a sopraffare le altre, così come esiste una politica estera europea fatta di alcuni Paesi che cercano di sopraffare gli altri senza concedere loro dignità proporzionata al loro ruolo. Dal mio punto di vista queste limitazioni non consentono oggi di fare una politica estera e di difesa di livello. E questo si riflette anche sulla politica industriale correlata.

Tempo fa ci fu un mega-progetto tra i big di Francia, Germania e Gran Bretagna…

Quando Airbus, BAe Systems e l’allora EADS tentarono la fusione si voleva organizzare un colosso che cacciasse gli altri fuori anziché includerli. Per fortuna l’accordo saltò perché i tedeschi, che si sentirono marginalizzati, non accettarono le condizioni finali. Ma gli altri due (Francia e Gran Bretagna) lo rifarebbero e ci riproveranno. Il punto è quindi: o si fa l’Europa sul serio, o a queste condizioni non si troveranno intese soddisfacenti, perlomeno in questo settore.

Il "nostro" Marco Giulio Barone con Michele Lastella, Direttore Comunicazioni di MBDA Italia. Alla sua sinistra anche Carlo Festucci, segretario generale dell'AIAD e Roberta Acocella, media relations manager di MBDA Italia
Il “nostro” Marco Giulio Barone con Michele Lastella, Direttore Comunicazioni di MBDA Italia. Alla sua sinistra anche Carlo Festucci, segretario generale dell’AIAD e Roberta Acocella, media relations manager di MBDA Italia

 

Le crisi internazionali e le conseguenti scelte nazionali ed UE in politica estera (nel breve periodo) condizionano la vostra performance? In che modo?

Per noi le crisi internazionali sono una sfiga! Se c’è la guerra non possiamo vendere. Io una volta andai in Commissione Difesa e fui attaccato perché gli esponenti di SEL rivendicavano il diritto di essere pacifisti. Risposi: «io sono più pacifista di voi». Primo perché non mi pare una cosa saggia che i miei figli o i miei nipoti vengano chiamati alle armi e mandati a combattere. Secondo perché io, dal punto di vista commerciale, dove c’è la guerra non vendo, perché noi vendiamo a Paesi che sono autorizzati a ricevere armi, e che quindi sono pacifici abbastanza da non essere sotto embargo. Noi abbiamo bisogno di stabilità! Abbiamo una legge sull’export che ci fa la “risonanza magnetica” ogni cinque minuti per vedere cosa facciamo e dove andiamo. I Paesi tra loro antagonisti ricevono armi da altri Paesi, a volte conosciuti e altre no. Ad esempio in questo periodo c’è il fenomeno Stato Islamico. Bisognerà spiegare dove questi prendano le armi e le munizioni, qualcuno gliele darà pure. Se non siamo noi, da dove vengono? Si vede che ci sono fornitori opposti che tendono a bilanciare le forze in campo e il conflitto, alla fine, si tiene tra Stati che si possono permettere di far arrivare le armi lì. Per noi direi che il periodo di pace è il più proficuo e quindi a quello tendiamo se e quando abbiamo voce in capitolo.

Embed from Getty Images

Fig.1 – Il dibattito pubblico italiano è spesso appiattito su posizioni ideologiche

In Italia le tematiche del settore difesa e sicurezza sono spesso trattate poco e male. Le aziende italiane ne risentono in qualche modo?

Il nostro Paese è, diciamo… complesso. Che ci sia una minoranza di gente cui qualunque cosa si faccia non va bene è un conto, ma c’è un’altra parte di persone che su queste tematiche ci ragiona seriamente. Io non mi sentirei di dire che le tematiche della difesa vengano trattate male. Chi è deputato ad occuparsene lo fa coscientemente e con cognizione di causa. Poi però c’è una politica trasversale che risponde a dei criteri elettorali. Sapendo che la difesa non è un argomento popolare cerca sempre in qualche modo di non essere d’accordo, ma poi di far diversamente in privato, parlo per esperienza personale. Credo che ci sia più paura di apparire con le proprie opinioni che non di occuparsi seriamente degli argomenti a noi cari. Per intenderci, l’Eurofighter non è stato boicottato da nessuno, ma se invece di acquistare l’F-35 avessimo ampliato il programma Eurofighter ci sarebbe stata la stessa identica bagarre. Il problema non è quindi l’F-35, ma che qualunque cosa si faccia sulla difesa non va bene a prescindere. Se un politico dice che un F-35 vale 100 asili dice una cosa giusta, ma il problema è che le due spese non sono comparabili. L’F-35 non sostituisce l’asilo, ma 240 velivoli che sono a terra, costano e non funzionano perché obsoleti. Tenere quelle macchine ferme, che non possono rispondere alle esigenze del nostro apparato di difesa, il quale è altrettanto necessario degli asili, ha un costo molto elevato. L’F-35 alla fine produce anche risorse per le persone che ci lavorano attorno, poche o tante giudicate voi, ma rispondono ad una esigenza difensiva, così come gli asili rispondono ad un’esigenza educativa. A ciascuna esigenza la propria risposta, senza sommare le mele e le pere, come ci insegnavano, appunto, all’asilo. Se la cosa non si pone in questi termini si da un’immagine distorta, e quindi negativa. È chiaro che se mi chiedi di scegliere tra un Eurofighter e gli ospedali io risponda «a me, che ho una certa età, servono più gli ospedali», però il giorno in cui dovessimo dover difendere opinioni pubbliche e politiche, cittadini, asili e ospedali dal Califfo di turno (o altra minaccia) la bandiera della pace servirà a poco, perché quella gente è intenzionata a sgozzarci a prescindere. Ci vorrà qualche altra cosa.

La nostra intervista si conclude qui. Rivolgiamo un caloroso ringraziamento a Carlo Festucci per la sua cordialità e disponibilità!

Marco Giulio Barone

[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””]

Un chicco in più

Per chi volesse approfondire, questa intervista è parte integrante dello speciale che Il Caffè Geopolitico ha dedicato al salone DSEI 2015.

La Federazione AIAD (Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la sicurezza) rappresenta la stragrande maggioranza delle imprese italiane che operano nel settore (oltre un centinaio) presso organi e istituzioni nazionali e internazionali, NATO inclusa. La sua principale attività è tutelare l’industria italiana e coordinarne le attività di ricerca e sviluppo. L’AIAD si pone spesso come interlocutore privilegiato nei confronti dei ministeri Affari Esteri, Sviluppo Economico, Università e Ricerca Scientifica e degli enti (ad es. ENAC, ASI, CNR)  che si avvalgono dei prodotti e servizi delle aziende federate.

[/box]

Foto: fil.nove

Dove si trova

Perchè è importante

Vuoi di più? Iscriviti!

Scopri che cosa puoi avere in più iscrivendoti

Marco Giulio Barone
Marco Giulio Baronehttps://ilcaffegeopolitico.net

Marco Giulio Barone è analista politico-militare. Dopo la laurea in Scienze Internazionali conseguita all’Università di Torino, completa la formazione negli Stati Uniti presso l’Hudson Institute’s Centre for Political-Military analysis. A vario titolo, ha esperienze di studio e lavoro anche in Gran Bretagna, Belgio, Norvegia e Israele. Lavora attualmente come analista per conto di aziende estere e contribuisce alle riviste specializzate del gruppo editoriale tedesco Monch Publishing. Collabora con Il Caffè Geopolitico dal 2013, principalmente in qualità di analista e coordinatore editoriale.

Ti potrebbe interessare