Domenica scorsa la Nigeria è stata nuovamente sconvolta da un’azione di Boko Haram contro cristiani e poliziotti. Il Governo ha reagito uccidendo uno dei maggiori esponenti dell’organizzazione, Abdulkarim Ibrahim. Cerchiamo con cinque domande e cinque risposte di capire cosa stia accadendo in Nigeria
Che cos’è Boko Haram?
Boko Haram, che letteralmente significa “l’educazione occidentale è peccato (o sacrilegio)” è il nome con il quale è più noto il gruppo terroristico islamista nigeriano a vocazione jihadista Jama’atu Ahlis Sunna Lidda’awati Wal-Jihad, ossia “il Popolo per la Predicazione degli insegnamenti del Profeta e del Jihad”. Formalmente, il movimento fu fondato nel 2001 o nel 2002 – più presumibilmente – da Ustaz Mohammed Yussuf a Maiduguri, con lo scopo di instaurare la shari’a in tutta la Nigeria. Il centro primario di promulgazione della dottrina di Boko Haram fu una scuola nella città d’origine del gruppo, nella quale confluirono molti giovani disoccupati attirati dai toni aspri dei militanti contro la corruzione dello Stato secolare. Tuttavia, come spesso accade per le formazioni terroristiche – si veda anche al-Shabaab – è difficile ricostruire l’organizzazione interna di Boko Haram. L’avvio delle operazioni militari e degli attentati risale comunque al 2009, quando il Governo nigeriano intraprese una campagna contro la diffusione dei gruppi islamisti. Da allora, Boko Haram è ritenuta responsabile, direttamente o indirettamente, di almeno 3mila morti, 600 solo nei primi mesi del 2012. I suoi obiettivi principali sono le comunità cristiane e i rappresentanti dello Stato, in particolare nelle regioni settentrionali del Paese.
Qual è la dottrina ufficiale di Boko Haram?
Definire il sistema ideologico dei gruppi islamisti è spesso complesso anche per gli osservatori più esperti, poiché si ha spesso. una sovrapposizione di correnti politico-religiose. Nel caso in esame, la linea principale è il salafismo a tendenza jihadista, ossia la dottrina che pone la necessità di inserire l’Islam nel mondo contemporaneo attraverso la riproposizione dell’epoca d’oro di Maometto. In questo senso, alcuni salafiti ritengono che il jihad sia l’unica possibilità di sconfiggere l’oppressione secolare non rettamente musulmana, intendendo così questo “sforzo” non solo con una valenza salvifica, bensì anche con un’accezione politico-programmatica. Piuttosto che ad al-Qaida nel Maghreb Islamico, l’idea è forse più vicina a quella dei somali di al-Shabaab, i quali però tendono a impiegare il jihad quale strumento di liberazione dall’occupazione straniera (le truppe etiopi, keniote e dell’Unione Africana), mentre Boko Haram lo ritiene un sistema di attuazione della propria agenda politica. Questo è il principale motivo per il quale non tutti gli esperti sono concordi nell’inserire il gruppo nigeriano nell’elenco dei movimenti del salafismo jihadista.
Quali sono lo scopo e la strategia di Boko Haram?
Prima di affrontare l’argomento è necessaria una breve digressione sulle problematiche nigeriane. Il Paese, infatti, è estremamente frammentato tra le oltre duecentocinquanta etnie nelle quali sono divisi i suoi 160 milioni di abitanti. Oltretutto, storicamente i maggiori culti religiosi in Nigeria si sono affermati in precise aree geografiche, cosicché sono divenuti elementi di diversificazione per ogni gruppo etnico: l’Islam è praticato in particolar modo al nord, mentre il Cristianesimo cattolico e protestante ha il maggior numero di fedeli negli Stati meridionali e centro-orientali. Il Paese è profondamente diviso anche per motivi politici – si pensi al fenomeno del MEND – considerato che i governi hanno acconsentito nell’arco degli anni a una serie di incessanti modificazioni in senso federalistico, arrivando a costituire 36 Stati (altri sono in progetto) con forti connotazioni etniche. L’assenza delle Autorità soprattutto nei territori periferici, gli scontri interreligiosi e la lotta per il controllo delle ingenti risorse naturali hanno esasperato il rischio per la sicurezza e favorito una dilagante corruzione. In questo contesto, Boko Haram, ancor prima che l’instaurazione della shari’a, ha un altro obiettivo nel breve periodo, ossia la destabilizzazione del nord (nella mappa le aree dove l’organizzazione è più attiva), la creazione di uno stato di anarchia violenta nel quale gli interessi personali di politici e figure di rilievo possano essere condotti senza difficoltà. Colpendo i cristiani, Boko Haram ottiene allo stesso tempo rilievo mediatico e inasprimento degli scontri interreligiosi che minano la coesione socio-politica.
Esiste un dialogo con il Governo nigeriano?
Nel passato, altre organizzazioni e singole personalità hanno proposto alla Nigeria il proprio impegno per la mediazione tra il Governo e Boko Haram. In altre circostanze, sono stati gli islamisti a individuare soggetti alle quali affidare l’apertura di un tavolo di negoziazione. Recentemente il capo di Boko Haram, Abubakar Shekau, avrebbe incaricato alcuni rappresentanti dell’ala moderata del gruppo di contattare il presidente Goodluck (foto in alto), il quale, tuttavia, ha ribadito che al momento non esistano margini di trattativa.
La Nigeria è a rischio collasso?
Secondo alcuni osservatori la Nigeria è in parte uno Stato fallito, poiché il governo di Abuja è incapace di controllare completamente i territori settentrionali. Tuttavia, non è corretto sostenere che il Paese sia di fatto collassato, poiché le Autorità stanno intervenendo spesso nelle regioni colpite da Boko Haram. Vero è, però, che alcuni Stati della Federazione, come Jigawa e Kano, potrebbero concretamente subire un processo di rapida implosione delle Istituzioni, giacché sono in molti – primi fra tutti alcuni loro amministratori – a trarre vantaggio da tale circostanza. Situazione diversa è per lo Stato di Borno, roccaforte di Boko Haram ormai del tutto ingestibile. Non bisogna inoltre confondere il rischio di balcanizzazione con quello di somalizzazione. Circa il primo caso, la Nigeria è spesso ricorsa alla divisione federalistica nel tentativo di compensare le istanze etniche, ma, sebbene l’argomento sia oggetto di dibattito, non sempre il risultato è stato negativo. Riguardo alla somalizzazione, il pericolo è soprattutto negli Stati settentrionali, laddove l’assenza del Governo è una dinamica ormai cronica e le linee etnico-religiose corrono lungo costanti faglie di scontro.