Miscela Strategica – A DSEI abbiamo intervistato Jaanus Tamm, Amministratore delegato di Defendec, azienda estone leader nel settore delle tecnologie per il controllo dei confini. Abbiamo approfondito la condizione dell’industria della difesa nel suo Paese e nell’Unione europea, senza tralasciare – ovviamente – la geopolitica
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First of all, I would like to know what are your best performing products and how relevant is your industry in your country and at the international level.
In Estonia the main performing products are related to ICT. We do not have heavy industry – we do not produce rockets, or airplanes, or tanks, or armoured vehicles – but we have everything that relates to ICT.
Estonia is very much known about the e-government, so we are really good in everything you can put in “e-“ or into databases, or that can be done more efficiently thanks to ICT. For this reason we are also enhancing – and to some extent pioneering – everything related to cybersecurity.
In this booth [the Estonian pavilion, author’s note] we have my company, which provides surveillance systems, and in particular a new type of situational awareness platform for wireless sensors. These sensors, which are battery powered, are very unique in the world because of the duration of one charging battery cycle and the visibility and capability that they provide at the borders. In the same booth we have other ICT-related companies that provide communications systems (also for maritime environment) and communications software; but we also have a company which does shelters, and one which does UAVs (small ones). Here at DSEI there is also an Estonian company which is launching in these days an unmanned ground vehicle – which is almost like a robot driving on the ground.
And what about Defendec? How relevant are you in Estonia and outside the country?
As you know Estonia is rather a compact country, we have about 1.3 million people on a territory of about 45.000 km2 – which is like a very, very small state. This means that when you establish a company in Estonia you have to think globally since the first day of activity because of the limited size of the domestic market. So we have been from day first a global company: our first delivery was aimed at protecting some borders in the Central Asia – and so it was outside Estonia.
The kind of capability provided by Defendec is really important for our country, as confirmed by the fact that the majority of the Estonian land border is actually monitored and surveyed through our technology.
How relevant is your relation with the EU? In particular, the European Commission is calling for M&A in the defence sector. To what extent EU policies in the defence domain impact on your activities?
I think it is because we are part of the European Union that it is definitely very important to enhance cooperation within its borders. But I see that the EU countries are not so familiar, not so informed about the kind of capabilities and technologies that actually exist in the “new” member states. As a consequence, they often do not know what to expect from commercial relations with these countries. I have recently seen that many of big EU defence companies have started to look into these new Eastern EU countries trying to understand which kind of technologies are available and which should be the best way to cooperate.
In my opinion, it is very important to improve integration amongst EU member states. We already have some fruitful examples of deep cooperation – as FRONTEX activities in the border security domain – but there is still room for improvement.
We have some unique competencies in Estonia – as well as in Latvia and in other countries – and we can provide some efficiencies to the processes because we are doing something new way and – to some extent – faster and shorter. We also have some new ideas, and it should be good to mix them with older, experienced systems and to exchange the different expertise. Thanks to this “combination” we could, at the end, provide better systems within Europe (and – why not – for international export). If Estonia owns new technologies and capabilities which are easy to transfer abroad and they work for the Estonian-Russian border, why they should not work in Romania, Serbia, Greece, Turkey?
In sum, we should share the experiences. I have started to see this will and I think it is very important to continue on the cooperation track.
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Per prima cosa le chiederei di illustrarmi quali sono i vostri prodotti di punta e come la vostra industria si posiziona in ambito nazionale ed europeo.
Nel panorama estone i prodotti più performanti riguardano informatica e telecomunicazioni (ICT). Non abbiamo industria pesante – non produciamo razzi, aeromobili, carri o altri veicoli armati – ma abbiamo praticamente tutto ciò che si collega al settore ICT.
L’Estonia è molto nota per l’e-governement, e in effetti siamo molto bravi in tutto ciò che può essere informatizzato o riordinato in banche dati. Insomma, in tutto ciò che può essere reso efficiente attraverso l’ICT. Per questo motivo siamo anche incrementando – e, per certi aspetti, aprendo la strada a – tutto ciò che si collega alla cybersecurity.
In questo stand [quello estone, n.d.a.] si possono trovare imprese di diverso tipo. Abbiamo la mia, che si occupa di sistemi di sorveglianza, e in particolare di un nuovo tipo di piattaforme per la situational awareness per sensori wireless. Questi sensori, alimentati a batterie, sono unici al mondo grazie alla durata di un ciclo di carica e alla visibilitĂ e capacitĂ che consentono lungo i confini. Nello stesso stand abbiamo altre compagnie del settore ICT che si occupano di sistemi (anche per ambiente marittimo) e software per le comunicazioni. Abbiamo anche un’azienda che produce tunnel prefabbricati, e una che produce piccoli UAV. Qui a DSEI è inoltre presente un’azienda estone che sta lanciando, proprio in questi giorni, un veicolo terrestre senza pilota – una sorta di robot che si muove sul terreno.
Cosa mi dice di Defendec? Quanto contate in Estonia e all’estero?
Come saprĂ l’Estonia è un Paese di dimensioni ridotte. Siamo circa un milione trecentomila persone su un territorio di 45.000 km2 – il che significa uno Stato molto, molto piccolo. Le dimensioni del mercato fanno sì che quando si avvia un’attivitĂ in Estonia bisogna pensare a livello globale fin dal primo giorno. Quindi siamo stati un’azienda “globale” sin dal primo giorno di attivitĂ : la nostra prima consegna era finalizzata alla protezione di confini in un Paese centro-asiatico – ed è stata dunque all’estero.
Il tipo di capacità fornita da Defendec è davvero importante per il nostro Paese, come confermato dal fatto che la maggior parte del confine terrestre estone è monitorata e sorvegliata attraverso la nostra tecnologia.
Quanto è importante la vostra relazione con l’UE? In particolare, la Commissione europea sta incentivando i processi di M&A nel settore difesa. Quanto le politiche europee nel settore difesa influenzano le vostre attività ?
Credo che il nostro essere parte dell’Unione europea renda particolarmente importante la maggiore cooperazione all’interno dei confini. Ma vedo che i Paesi europei non sono poi così esperti, così informati sulle capacità e alle tecnologie esistenti nei “nuovi” Stati membri. Di conseguenza, spesso non sanno cosa aspettarsi dalle relazioni commerciali con tali Paesi. Ho recentemente visto che molte grandi compagnie europee del settore stanno iniziando ad osservare i nuovi membri dell’Est Europa per comprendere quali tecnologie siano disponibili e quali sarebbero le migliori forme di cooperazione.
Trovo che il rafforzamento dell’integrazione tra i vari Paesi europei sia molto importante. Abbiamo già visto e sperimentato alcuni esempi fruttuosi di stretta cooperazione – come le attività di FRONTEX nel settore della sicurezza delle frontiere –, ma ci sono ancora margini di miglioramento.
In Estonia abbiamo alcune competenze uniche – così come in Lettonia e in altri Paesi – e possiamo rendere il processo più efficiente perché stiamo facendo qualcosa in modo nuovo e, per certi aspetti, più velocemente e in meno tempo. Abbiamo anche idee nuove, e potrebbe essere positivo mescolarle con i sistemi più vecchi e consolidati, così da scambiarci le diverse esperienze. Grazie a questa “combinazione” potremmo, in definitiva, avere migliori sistemi nel panorama europeo (e perché no, per il mercato internazionale). Se l’Estonia possiede nuove tecnologie e capacità facilmente trasferibili all’estero, e queste si rivelano valide per il confine tra Russia ed Estonia, non è detto che queste non possano essere impiegate in Romania, Serbia, Grecia o Turchia.
Insomma, dovremmo condividere le esperienze accumulate. Ho iniziato a percepire la volontà di innescare questo processo e credo sia importante proseguire sulla strada della cooperazione.
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So probably the main problem is the lack of information about the expertise owned by the other countries?
It could be so, but I am not sure. I believe that the best way to share the kind of information or technology I mentioned above is actually to organize face-to-face meetings. Write papers or long readings on this issue could help but it is not enough. I think the biggest impact derives from meetings. Big companies would do “study trips” abroad to meet new technology providers in order to be a bit “forced” to see what kind of match they can find. It is good anyway if you meet somebody and there is no match and then you continue to go alone.
But at least you have tried…
Yes, you have tried. Sometimes you will get a push or some ideas, or maybe you discover the opportunity to launch common projects in the future.
As newcomers in the EU defence market, we also face another problem: we do not know much about the industry standards which have been set in the past. We actually can have very good technologies and knowledgeable people, we can do things very efficiently, but sometimes in defence industries there are specific ways to do things. This could derive from security reasons or from a long experience within the same sector – if you have built missile systems or airplanes for 25 years you perfectly know which is the best process to use. We are not so aware of all these rules and procedures, usually because we are at the initial stages of cooperation within Europe. So it should be useful for us to exchange views about this practices in order to be able to adjust our processes and let them be accepted by big European companies.
So, going back to Russia – or more in general to international crises near EU borders – how this kind of crises affects the overall performance of the industry?
I think these crises have actually raised awareness on how important border security and defence systems are, and on how important cooperation is. This results in a new impetus for information exchange, to the will to understand what is truth or what is not, or what is a correct information and what is not. This also shows some of the gaps in border security and information exchange domains, as well as in some areas of the defence planning. In that sense, I think it has been a positive awakening, that could end in a new cooperative effort aimed at “reshaping” the whole sector.
And of course it has also increased the interest in the type of technologies that we provide. If you do not have visibility along your border, but you want to be more informed about what happens there, you need something that will give you the monitoring or surveillance capability and of course you have to look around and to find what is proper for that scope.
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Quindi probabilmente il problema principale è la mancanza di informazioni sulle expertise detenute dagli altri Paesi?
Potrebbe essere così, ma non ne sono certo. Credo che il miglior modo per condividere le informazioni e le tecnologie di cui abbiamo parlato in precedenza sia incontrarsi di persona. Scrivere paper e long read sull’argomento può aiutare, ma non è sufficiente. Credo che il maggiore impatto deriva dalle riunioni. Le grandi compagnie dovrebbero fare delle sorte di viaggi studio per incontrare i produttori di nuove tecnologie, così da dover essere “costretti” a valutare che tipo di  accordo sia possibile. Va comunque bene se dall’incontro non viene fuori alcun accordo, e si continua a proseguire in modo autonomo.
Ma almeno si è tentato…
Sì, si è tentato. A volte si potranno ricevere spinte o nuove idee, o magari scoprire l’opportunità di lanciare progetti congiunti, ma in futuro.
Come “nuovi arrivati” nel mercato della difesa europeo, dobbiamo affrontare anche un altro problema: non conosciamo molto degli standard industriali che sono stati stabiliti in passato. Possiamo avere ottime tecnologie e persone molto preparate, possiamo fare le cose in modo molto efficiente. Ma a volte nel settore della difesa ci sono modi specifici per fare le cose. Questo può derivare da motivi di sicurezza o da una lunga esperienza nel settore – se hai costruito sistemi missilistici o aeroplani per 25 anni conosci perfettamente quale sia il migliore sistema da utilizzare per farlo. Noi non siamo così consapevoli di queste regole e procedure, spesso perché stiamo muovendo i nostri primi passi di cooperazione europea. Quindi per noi potrebbe essere utile uno scambio di vedute su queste pratiche, così da poter aggiustare i nostri processi e far sì che questi siano accettati dalle grandi compagnie europee.
Tornando alla Russia – o più in generale alle crisi internazionali che si verificano ai confini dell’UE – quanto questo tipo di crisi influenza la performance generale dell’industria?
Penso che in pratica queste crisi abbiano accresciuto la consapevolezza di quanto siano importanti i sistemi per la difesa e per la sicurezza delle frontiere, così come la cooperazione. Questo ha dato nuovo impulso allo scambio di informazioni, alla volontà di comprendere cosa è vero e cosa no, quali informazioni sono corrette e quali invece no. Questo mostra inoltre la presenza di falle nella sicurezza dei confini, nello scambio di informazioni e in certe aree della pianificazione della difesa. In questo senso, credo che questa presa di coscienza sia positiva, e che possa risultare in un nuovo sforzo cooperativo finalizzato a una riconfigurazione dell’intero settore.
E, ovviamente, questo ha anche accresciuto l’interesse per il tipo di tecnologie da noi prodotte. Se non hai buona visibilità sul tuo confine, ma vuoi diventare più informato su quello che succede nei suoi pressi, necessiti di qualcosa che ti fornisca capacità di monitoraggio o sorveglianza, e chiaramente devi cercare di guardarti intorno per trovare tecnologie adatte allo scopo.
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So do EU geopolitics – and geopolitics in general – matter for your business and for the Estonian defence sector in general?
Of course it matters. Dealing with the border security issues, you have to consider that this is not a kind of isolated stuff – isolated in one country or in one region – but is much more global, and globally influenced or mixed. If something happens in Asia it definitely influences somehow our operations in Europe. For example, when there was the crisis in Afghanistan, the EU countries participating in operations looked for specific capabilities to use there, and that we provided for them through international system programs. The same is happening with the crisis in Ukraine: again, EU countries are looking for some kind of capabilities which our company or some others can provide.
Geopolitics, in this sense, is influencing us very much: we cannot ignore it!
So geopolitics is particularly relevant, especially considering you field of activity
Yes, definitely. What it is also important is how Europe interacts and feels, how it perceives countries and regions or problems that matters. For example, if Europe opts for a bigger engagement against terrorism, or for tackling the refugee crises, or something else, this could end in a shift from some of the existing requirements and capabilities needed to new ones. For example, some international countries are more active in particular geographic areas, requiring more technologies than the ones they can obtain from their own country technology providers.
One example of how geopolitical things might influence us is the Ukrainian crisis. Because of the worse relation with Russia, Estonia wants to invest in border security – 30 million euros to build the land border. Before that crisis there was not a land border at all: the non-infrastructure type of border was enough, but now it is not anymore. In addition, this investment has been a bit forced by the “scandal” about Russian and Estonian “spies”.
And Latvia is planning to do now something similar: they want to invest some 20 million and probably additional 35 million in all this kind of things.
So everybody has started to invest more and more to know what is happening along their border and to protect them. Without these geopolitical changes nobody would have made these investments in that specific area. This is a practical demonstration of much geopolitics influences our activities.
I think it is the same, for example, in Italy and in the southern part of Europe, because of the flees of irregular immigrants. I think they are investing much more in this area and increasing their maritime activities and patrolling.
For example Italy is seeking help from the EU. But [on the other hand] you are trying to provide solutions on your own…
Yes. In Estonia we have a very long sea border, but the ships we have do not suit for Mediterranean open sea, which is bigger and stormy. Second thing, we are very strong in land borders or in lakes, as we have developed these competencies for geographical reasons. But these capacities are not needed in the Mediterranean open sea, but well suited for coastal surveillance near islands or main land coast. When in open sea you have to see for tens of kilometres, detect irregular immigrants boats, conduct patrol, this is a little bit different kind of capabilities. Of course we would like to help by sharing our capacities, but at the moment our expertise is too much different from the one needed. I mean, if they – Italy or Greece – would like to produce land border or some other surveillance technologies we would be happy to contribute with our technologies and our know-how in this domain. In the past we have had some forms of collaboration with Italian companies, who provided some radars aimed at detecting objects in the air.
So, definitely we have already experienced this kind of cross-country cooperation. But, somehow, it must be forced, helped and a bit pushed: we have so many different nations and language in the EU, and so cooperation must be politically assisted.   Â
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Dunque la geopolitica legata all’UE – e, complessivamente, la geopolitica – ha importanza per il vostro business in particolare, e per il settore difesa estone in generale?
Ovviamente è importante. Avendo a che fare con la sicurezza delle frontiere, bisogna considerare che questa non è una tematica isolata – confinata a un Paese o una regione – ma che è globale, e internazionalmente influenzata. Se accade qualcosa in Asia, questa ha una qualche influenza su ciò che succede in Europa. Per esempio, quando si è verificata la crisi in Afghanistan, i Paesi europei che hanno preso parte alle operazioni erano alla ricerca di capacità specifiche da utilizzare nell’area, e che abbiamo fornito loro attraverso i programmi internazionali. Lo stesso sta accadendo con la crisi ucraina: ancora una volta i Paesi europei sono alla ricerca di capacità che la nostra azienda – così come altre – è in grado di fornire.
In questo senso la geopolitica influenza molto le nostre attivitĂ : non possiamo ignorarla!
Quindi la geopolitica è particolarmente rilevante, soprattutto nel vostro settore
Sì, assolutamente. Quello che è anche rilevante è come l’Europa interagisce e sente, come percepisce Stati, regioni e problemi che contano. Per esempio, se l’Europa opta per un maggiore impegno contro il terrorismo, o per affrontare la crisi dei rifugiati, o altro ancora, questo può condurre alla necessità di modificare requisiti e capacità già posseduti. L’impegno di alcuni Paesi in aree geografiche particolari, può richiedere materiali più tecnologici rispetto a quelli prodotti dalle industrie nazionali.
Un esempio calzante di quanto la geopolitica possa influenzarci è la crisi in Ucraina. Dato il peggioramento delle relazioni con la Russia, l’Estonia ha scelto di investire maggiormente nella sicurezza dei confini, destinando 30 milioni di euro alla costruzione del confine terrestre. Prima di tale crisi il confine non infrastrutturale si dimostrava sufficiente, ma adesso non è più così. Tra l’altro questo investimento è stato forzato dallo “scandalo” relativo alle presunte spie estoni e russe.
La Lettonia sta pianificando investimenti analoghi – circa 20 milioni di euro, e poi altri 35 saranno probabilmente destinati ad attivitĂ di questo tipo.
Hanno tutti iniziato a investire sempre di più per poter conoscere cosa accade ai loro confini e proteggerli di conseguenza. Senza le attuali sfide geopolitiche nessuno avrebbe investito in un settore così specifico, e questo dimostra quanto la geopolitica influenzi le nostre attività .
Penso che la stessa cosa stia avvenendo in Italia e nei Paesi membri dell’area mediterranea a causa del flusso di immigrati irregolari. Presumo questi stiano incrementando gli investimenti nella regione e moltiplicando le loro attività marittime e di pattugliamento.
Per esempio l’Italia sta ricercando l’aiuto dell’Unione europea. Ma [al contrario] il vostro Paese sta cercando soluzioni autonome…
Sì. In Estonia abbiamo un confine marittimo molto lungo, ma le nostre navi non sarebbero utilizzabili in aperto Mediterraneo – che è più esteso e burrascoso del nostro mare. Secondariamente, noi siamo particolarmente preparati per ciò che riguarda i confini terrestri e lacustri, perché per ragioni geografiche abbiamo sviluppato queste particolari competenze. Ma queste non sono necessarie in Mediterraneo aperto, ma proficuamente utilizzabili per sorveglianza costiera in aree adiacenti isole o terraferma. In mare aperto è necessario perlustrare per decine di chilometri, individuare i navigli usati per il traffico di migranti, condurre missioni di pattugliamento, e per questo servono capacità di tipo diverso. Ovviamente noi vorremmo contribuire attraverso la condivisione delle nostre capacità , ma al momento la nostra expertise è radicalmente diversa da quella che servirebbe. Ciò che intendo è che se questi Paesi – Italia o Grecia – volessero produrre tecnologie di sorveglianza per confini terrestri, o anche di altro tipo, noi saremmo felici di contribuire attraverso le nostre tecnologie e il nostro know-how nel settore. Nel passato abbiamo già collaborato con realtà italiane che producevano radar atti ad identificare oggetti volanti.
Quindi, in definitiva, abbiamo già avuto modo di sperimentare la collaborazione tra industrie di Paesi diversi. Ma, in un certo senso, questo processo deve essere un po’ “forzato”, aiutato e incentivato: l’Unione europea è formata da tante nazioni e lingue, e quindi qualsiasi forma di cooperazione deve essere incentivata dalla politica.
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Our interview ends here. Thank you to Mr. Tamm and Defendec for the kind cooperation! Â
Giulia Tilenni
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Un chicco in piĂą
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Defendec is a leading firm in the field of surveillance technology. Main provider of border surveillance systems within its country (Estonia), Defendec’s main product – Smartdec – guarantees border surveillance for both the EU and NATOÂ
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Defendec è un’azienda leader nel settore delle tecnologie di sorveglianza. Principale fornitore di tali tecnologie in patria, il suo prodotto di punta – Smartdec – consente il controllo delle frontiere sia all’UE che alla NATO
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Per chi volesse approfondire, questa intervista è parte integrante dello speciale che Il Caffè Geopolitico ha dedicato al salone DSEI 2015.
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