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La cooperazione militare India-Cina sull’Himalaya

Miscela strategica La strada verso la normalizzazione dei rapporti militari India-Cina appare lunga e difficoltosa, soprattutto sul lungo confine himalayano tra le due nazioni, teatro continuo di piccole schermaglie e pericolose provocazioni.
Lo scorso ottobre l’Accademia Militare di Kunming ha ospitato una piccola ma importante esercitazione congiunta tra PLA ed Esercito indiano, volta a stabilire meccanismi più efficaci di cooperazione difensiva e anti-terrorismo tra i due giganti asiatici del gruppo BRICS.

MONTAGNE CONTESE – La lunga catena montuosa dell’Himalaya è da sempre terreno di contesa tra potenze rivali, che cercano di assicurarsi il controllo delle strategiche vie di comunicazione tra Asia centrale e subcontinente indiano. Nel XIX secolo, per esempio, Russia e Gran Bretagna ricorsero sia allo spionaggio che a interventi militari diretti per portare i vari regni della regione sotto la propria influenza, arrivando persino sull’orlo della guerra aperta durante la crisi di Panjdeh nel 1885 e attuando una parziale ricomposizione pacifica dei propri interessi divergenti solo dopo la convenzione anglo-russa del 1907. Queste rivalità internazionali per il controllo dell’Himalaya sono proseguite anche dopo la fine degli imperi coloniali europei in Asia, con Cina e India al centro della lotta per il “tetto del mondo” e i suoi vitali passi montani.

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Fig. 1 – Sfilata di cadetti dell’Accademia Militare di Kunming, sede della recente esercitazione congiunta “Hand-in-Hand” con l’Esercito indiano

Nel 1962 Delhi e Pechino arrivarono addirittura allo scontro armato in Ladakh, dove la People’s Liberation Army (PLA) ottenne schiaccianti successi tattici sulle Forze Armate indiane prima di dichiarare un cessate il fuoco unilaterale e inglobare una larga fetta della regione di Aksai Chin all’interno dei confini nazionali cinesi. Durante il conflitto le truppe di Pechino occuparono anche varie aree montuose nell’Arunachal Pradesh, chiudendo di fatto i traffici commerciali indiani con il Tibet e avanzando pesanti rivendicazioni sul monastero di Tawang, importante centro buddista della regione. Da allora i rapporti diplomatici e militari tra India e Cina sono dominati dalla questione irrisolta del confine himalayano, con le autorità indiane che rifiutano di riconoscere le conquiste cinesi del 1962 e rivendicano a loro volta una striscia territoriale di circa 20 chilometri in Ladakh, a difesa della strategica base aerea di Daulat Beg Oldie. PLA ed Esercito indiano si confrontano quindi regolarmente lungo la Linea di Controllo Attuale (LAC), che demarca le loro rispettive posizioni per oltre quattromila chilometri lungo la catena himalayana.

[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””]I confini internazionali dell’India (lunghezza in Km)

  • Pakistan – 3323
  • Afghanistan – 106
  • Cina – 3488 (esclusa LAC)
  • Nepal – 1751
  • Bhutan – 699
  • Bangladesh – 4096
  • Myanmar – 1643
  • Confini costieri – 7516

Fonte dati: India Ministry of Home Affairs – Department of Border Management [/box]

ESERCIZI DI CONFIDENCE BUILDING – La tensione sulla LAC è sempre stata molto alta, e nel 1987 una grande esercitazione dell’Esercito indiano ad alta quota (Operazione Chequerboard) rischiò quasi di far scoppiare un’altra guerra tra i due Paesi, richiedendo lunghi negoziati diplomatici per arrivare a un graduale disimpegno dei rispettivi contingenti militari nell’area di Wangdung. All’epoca lo Stato Maggiore dell’Esercito indiano, guidato dall’energico generale Krishnaswami Sundarji, schierò oltre 50mila uomini in tali manovre, riforniti principalmente per via aerea, e negli anni successivi lanciò la costruzione di numerose strade strategiche nell’Arunachal Pradesh per accrescere le potenzialità offensive delle proprie unità di fanteria contro le posizioni della PLA nell’Himalaya nord-orientale. Alcune di queste strade sono ancora oggi in fase di completamento e rappresentano un persistente elemento di tensione nelle relazioni diplomatiche tra Cina e India, insieme alle piccole e ripetute violazioni della LAC da parte della PLA, soprattutto sul Passo di Bumla e nel Ladakh. Dopo la nascita del gruppo BRICS nel 2010, però, i due Paesi stanno cercando un modo per risolvere pacificamente le loro controversie di confine e per rinsaldare anche a livello militare la loro crescente partnership politico-economica sulla scena internazionale. In tal senso il Governo di Narendra Modi ha stabilito di recente una serie di importanti protocolli di sicurezza con le autorità di Pechino, volti a limitare l’impatto dei singoli “incidenti” di frontiera sull’Himalaya, consentendo una loro ricomposizione pacifica a opera dei locali comandanti militari. Questa ricomposizione avviene principalmente all’interno dei cosiddetti Border Personnel Meeting (BPM), ovvero una serie di punti di contatto lungo la LAC dove ufficiali cinesi e indiani si ritrovano abitualmente per discutere delle reciproche violazioni di confine e porvi rimedio. Al momento esistono solo 5 BPM per oltre quattromila chilometri di frontiera, ma il loro successo nel risolvere parecchie dispute minori nei mesi scorsi sta spingendo le autorità cinesi e indiane ad aprirne di nuovi, usandoli anche per esercizi di confidence building tra membri delle due Forze Armate.

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Fig. 2 – Membri di un reggimento Gurkha dell’Esercito indiano si addestrano sulle montagne vicino a Tawang, sul confine himalayano con la Cina

“HAND-IN-HAND” – E sempre in ambito di confidence building, Delhi e Pechino hanno anche rispolverato nel 2013 l’esercitazione congiunta “Hand-in-Hand”, creata originariamente nel 2007 su base annuale ma poi sospesa per diverso tempo a causa di un nuovo “raffreddamento” nelle relazioni diplomatiche sino-indiane. Rilanciata in modo più stabile dal Governo Modi, “Hand-in-Hand” mira a incrementare il livello di cooperazione e integrazione tra PLA e Esercito indiano nella lotta al terrorismo, facilitando scambi di intelligence tra le due Forze Armate e lo sviluppo di tattiche comuni a livello di counter-insurgency. Tenutasi quest’anno all’Accademia Militare di Kunming, nello Yunnan,  l’esercitazione coinvolge infatti alcune delle migliori truppe d’elite dei due Paesi e consente una pratica familiarizzazione con i diversi sistemi d’arma e d’addestramento usati dai due Eserciti,  aumentando il loro grado di interazione e la loro versatilità operativa. All’edizione del 2015 era presente una folta delegazione del leggendario reggimento Naga dell’Esercito indiano, guidata dal tenente generale Surinder Singh, che ha interagito con i propri colleghi cinesi della Regione Militare di Chengdu su tecniche di combattimento ad alta quota e tattiche anti-terrorismo. In gruppi misti, i soldati dei due Paesi hanno svolto esercizi fisici e azioni di combattimento, provando i rispettivi sistemi d’arma e simulando differenti modalità di reazione a eventuali attacchi terroristici. L’esercitazione è stata aperta in pompa magna dall’ambasciatore indiano in Cina, Ashok Khanta, chiaro segno della crescente importanza politica data a “Hand-in-Hand” per la nascita di una reale partnership militare indo-cinese. Nel proprio discorso inaugurale, Khanta ha infatti rimarcato l’impegno comune di India e Cina per la promozione di “pace e tranquillità” nelle proprie aree di confine, vista come un “importante prerequisito per la continua crescita delle relazioni bilaterali” tra i due Paesi.

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Fig. 3 – Soldati indiani pattugliano il Passo di Bumla, teatro di forti tensioni con la PLA negli anni scorsi

FUTURO INCERTO – Se dal punto di vista tattico e militare “Hand-in-Hand” 2015 è stata un grande successo, rimarcato dalle sincere parole di apprezzamento dei locali comandanti cinesi per l’ineccepibile professionalità della delegazione indiana, dal punto di vista strategico e diplomatico il suo valore resta però dubbio, rendendo il discorso di Khanta eccessivamente ottimistico. Nonostante l’impegno dei due Governi per ridurre e contenere gli incidenti di frontiera sull’Himalaya, essi si ripetono infatti ogni anno a ritmi allarmanti (334 “trasgressioni” cinesi nel solo 2014), generando sospetti tra le truppe stazionate sulla LAC e annullando parzialmente gli esercizi di confidence building messi in atto negli ultimi tempi. Giusto un mese prima di “Hand-in-Hand” 2015, per esempio, la costruzione di una torre d’osservazione della PLA a Burtse, nel Ladakh settentrionale, ha provocato un piccolo ma duro confronto tra le truppe di frontiera dell’area, conclusosi con il “ritiro” cinese e la distruzione della torre “illegale”. E nell’autunno 2014, proprio alla vigilia della cruciale visita di Xi Jingping a New Delhi, un’incursione di 200 soldati della PLA nell’area di Chumar – accompagnata dal tentativo di costruire una strada di collegamento con le proprie posizioni di confine – provocò una lunga ed estenuante crisi frontaliera tra i due Paesi, conclusasi con un graduale ritorno dei due Eserciti allo status quo territoriale. Inutile dire che la crisi rovinò in parte il viaggio di Xi in India, gettando ombre pesanti sulle reali dimensioni della cooperazione sino-indiana a livello internazionale.

È una cooperazione di cui i due Paesi non possono però a fare meno, specialmente nella regione himalayana, dove la loro sicurezza è minacciata dall’ascesa di gruppi terroristici di varia natura (islamisti in Kashmir e separatisti nello Xinjiang) e dalla crisi interna dei piccoli Stati locali (Nepal e Bhutan), che rischia di destabilizzare permanentemente la lunga frontiera sino-indiana. Pechino e Delhi hanno poi interesse a lavorare insieme per la ricostruzione pacifica del vicino Afghanistan, dove il prossimo ritiro della NATO apre prospettive difficili per entrambi. Vi sono dunque seri motivi per la creazione di una partnership militare indo-cinese in Asia centrale, ed è molto probabile che le Autorità di Delhi e Pechino cercheranno di allargare e rendere permanente lo spirito cameratesco di “Hand-in-Hand” nei prossimi anni, incidenti di frontiera permettendo.

[one_half][box type=”warning” align=”” class=”” width=””]RISCHI

  • Gravi incidenti di frontiera, con relativa dismissione degli esercizi di confidence building sino-indiani
  • Destabilizzazione dell’area himalyana (terrorismo e crisi piccoli Stati locali)
  • Accentuarsi delle tensioni tra India e Cina in altre aree (Oceano Indiano, Sud-est asiatico) [/box][/one_half]

[one_half_last][box type=”note” align=”” class=”” width=””]VARIABILI

  • Rapporti India-Cina (bilaterali e interni al BRICS)
  • Rapporti India-USA (possibili frizioni con Pechino)
  • Evoluzione della politica estera del Governo Modi [/box][/one_half_last]

Simone Pelizza

Foto: KuntalSaha

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Simone Pelizza
Simone Pelizzahttp://independent.academia.edu/simonepelizza

Piemontese doc, mi sono laureato in Storia all’Università Cattolica di Milano e ho poi proseguito gli studi in Gran Bretagna. Dal 2014 faccio parte de Il Caffè Geopolitico dove mi occupo principalmente di Asia e Russia, aree al centro dei miei interessi da diversi anni.
Nel tempo libero leggo, bevo caffè (ovviamente) e faccio lunghe passeggiate. Sogno di andare in Giappone e spero di realizzare presto tale proposito. Nel frattempo ho avuto modo di conoscere e apprezzare la Cina, che ho visitato negli anni scorsi per lavoro.

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