In 3 sorsi – Le elezioni in Palestina rispondono alla necessità di un fronte palestinese compatto in un contesto regionale in continuo mutamento. La candidatura di Marwan Barghouti e l’interferenza israeliana, tuttavia, potrebbero portare al posticipo del voto.
1. LE ELEZIONI DEL 2021
Lo scorso 15 gennaio il Presidente palestinese Mahmoud Abbas ha emanato un decreto annunciando le nuove elezioni generali. Il 22 maggio 2021 sono previste le elezioni del Consiglio Legislativo Palestinese, le quali saranno seguite dalle elezioni presidenziali, programmate per il 31 luglio.
L’annuncio delle elezioni, le prime negli ultimi 15 anni, giunge in seguito all’emergere di nuove dinamiche regionali. Innanzitutto la normalizzazione dei rapporti tra Israele ed Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Sudan e Marocco ha sottolineato la bassa salienza della questione palestinese tra gli interessi degli attori mediorientali. Inoltre l’avvento di Joe Biden alla Presidenza statunitense segna un potenziale cambiamento nell’approccio alla questione israelo-palestinese da parte di Washington, osservabile già nel ripristino degli aiuti ai palestinesi, con l’ipotizzabile apertura di nuove opportunità .
Abbas, pertanto, vedrebbe le elezioni in modo strumentale alla riaffermazione di un’unica amministrazione palestinese in Cisgiordania e nella striscia di Gaza, politicamente compatta e democraticamente legittimata. In effetti gli equilibri regionali in continuo mutamento rendono vitale la creazione di un fronte palestinese compatto, a salvaguardia del processo di state-building palestinese.
Fig. 1 – Joe Biden visita Mahmoud Abbas a Ramallah, Palestina, nel 2010, in qualitĂ di vicepresidente
2. FATAH E HAMAS: DALLA DIVISIONE AL RINNOVATO DIALOGO
Di fatto l’obiettivo delle prossime elezioni è quello di superare l’impasse interna al mondo politico palestinese creatasi in seguito alle ultime consultazioni legislative, avvenute nel 2006. In quell’occasione Hamas, movimento islamista, ottenne la maggioranza, arrogandosi il controllo del Consiglio Legislativo. Ciò fu causa di tensioni tanto con l’Unione Europea e gli Stati Uniti, che rifiutarono qualsiasi collaborazione con Hamas, interrompendo l’invio di aiuti umanitari, quanto con l’Amministrazione di Fatah, il partito socialdemocratico palestinese fondato da Yasser Araft e guidato da Mahmoud Abbas dal 2005. Le tensioni tra i due movimenti hanno portato a una breve guerra civile a Gaza nel giugno 2007, in seguito alla quale i rappresentati di Fatah sono stati espulsi dalla striscia e il controllo dei Territori Palestinesi è risultato diviso: Hamas è rimasto al potere nella Striscia di Gaza, mentre Fatah in Cisgiordania.
Il rinnovato dialogo tra le due fazioni ha aperto la possibilità di un ritorno alle elezioni, viste da entrambi i movimenti come un’opportunità per nuove iniziative politiche. La possibilità di presentare una lista congiunta, poi rigettata a causa della mancanza di supporto popolare, è stata presa in considerazione per evitare la rinascita delle tensioni osservate nel 2006 e primariamente causate dalla dislocazione degli elettori di Hamas a Gaza e di Fatah in Cisgiordania. La riforma elettorale del 2007, tuttavia, dovrebbe mitigare, almeno parzialmente, tali differenze, aggirando il nodo problematico. Se l’avanzamento del dialogo tra Fatah e Hamas è significativo per il rilancio del progetto politico palestinese, il focus dello stesso ad oggi rimane ristretto alle elezioni generali: in altre parole, le fratture di base, in primis ideologiche, non possono dirsi sanate e potrebbero dare vita a nuove tensioni future.
Fig. 2 – Donne palestinesi cercano il proprio nome nelle liste elettorali a Gaza, 3 marzo 2021
3. IMPLICAZIONI FUTURE
Nonostante la presenza di sondaggi elettorali, predire il risultato del voto è molto difficile, se non altro a causa del lungo lasso temporale che le separa dalle ultime elezioni e dalla presenza di circa un milione di nuovi giovani elettori.
Per le elezioni legislative di maggio sono state approvate 36 liste. Tra queste la Freedom list presentata da Marwan Barghouti ha attirato l’attenzione di molti. Infatti Barghouti, ex esponente di Fatah in carcere in Israele, a fine marzo si è affiliato con Nasser al-Kidwa, nipote di Arafat ed ex-inviato palestinese alle Nazioni Unite. Separandosi da Fatah, i due mirano a ridare vita alla scena politica palestinese, da anni incentrata sulla figura di Abbas. La mossa di Barghouti, il quale è considerato un eroe rivoluzionario da parte dell’opinione pubblica palestinese, potrebbe dividere la base elettorale del movimento socialdemocratico, paradossalmente portando gli equilibri a vantaggio di Hamas. Tali considerazioni potrebbero spingere Abbas a rimandare nuovamente le elezioni, specialmente considerate le tensioni con Israele riguardo alle stesse. Infatti Hamas ha già denunciato pubblicamente l’interferenza israeliana nel processo elettorale, mentre rimane irrisolto il nodo del voto a Gerusalemme Est, in attesa di risposte da parte di Israele. Ciò potrebbe fornire ad Abbas un pretesto utile a posticipare il processo elettorale, salvaguardando la posizione di Fatah negli equilibri politici palestinesi.
Denise Morenghi
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