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Cooperazione Armenia-Iran: nuovi equilibri di politica estera

L’Iran si propone di espandere la cooperazione bilaterale con l’Armenia, la quale ha recentemente scelto di proseguire i colloqui con Bruxelles. Ma come interpreta Mosca il dialogo tra Yerevan e Teheran? 

UN ALLEATO APPENA OLTRE CONFINE – L’inaugurazione dell’era post-sanzioni scrive un nuovo capitolo per la Repubblica Islamica dell’Iran, decisa a rilanciare il proprio status di potenza regionale e ad intessere relazioni economiche e strategiche con i Paesi del Caucaso meridionale, da sempre crocevia di ambizioni molteplici.
Delle tre repubbliche ex sovietiche che compongono la regione, l’interlocutore privilegiato di Teheran è senza dubbio l’Armenia, nota per essere un ponte storico e culturale tra l’Asia e il Vecchio Continente.
La visita ufficiale compiuta lo scorso ottobre dal Vice-Presidente iraniano Eshaq Jahangiri Kouhshahi a Yerevan ha fatto luce sui potenziali spazi di cooperazione bilaterale, tra i quali è stata accordata rilevanza prioritaria al settore energetico. L’avvio della graduale rimozione delle sanzioni internazionali ha indotto infatti la dirigenza iraniana a riconquistare significative quote di mercato e a rivolgersi anzitutto verso scenari privilegiati, quali ad esempio i Paesi europei dipendenti dai flussi energetici di provenienza russa.
Ciò basterebbe a spiegare perché la piccola repubblica caucasica, afflitta da un’economia in perenne affanno, rappresenti un partner tutt’altro che irrilevante, capace di offrire all’Iran una porta d’accesso in Europa, attraverso una frontiera di appena 35 kilometri.
Tuttavia non può nemmeno sottovalutarsi la posizione strategica dell’Armenia quale decisivo punto di snodo verso il mercato eurasiatico guidato da Mosca.
Come riportato dai media di Stato iraniani, l’ambizioso programma formulato da Teheran si muove secondo più direttrici: anzitutto l’intenzione di moltiplicare di cinque volte la quantità di gas esportato sul mercato armeno, attualmente pari ad un milione di metri cubi giornalieri; secondariamente, l’impegno a costruire un nuovo elettrodotto ad alto voltaggio, stimato in 120 milioni di dollari, che dovrebbe vedere la luce entro il 2018. Infine, secondo un’ultima nota diffusa dal Ministero armeno dell’Energia, la costruzione di una rete di distribuzione del gas in due comuni armeni, in base ad un progetto finanziato dal Governo iraniano.

pipeline Armenia foto

Fig. 1 – Un segmento del gasdotto Tabriz-Ararat, inaugurato nel 2007

PAROLE E STRETTE DI MANO – In virtù dell’attuale contratto di fornitura, stipulato nel 2007, l’Armenia invia all’Iran 3 kilowattora di energia elettrica, per ogni metro cubo di gas che riceve. Alla scadenza del contratto, l’Iran sarà pagato in base al volume di gas esportato, mentre l’Armenia potrà utilizzare interamente per fini nazionali l’energia elettrica prodotta dagli impianti collocati lungo la frontiera meridionale.
Ma al di là delle implicazioni energetiche, le relazioni tra i due Paesi spaziano dalla sfera militare allo sviluppo di industrie e infrastrutture: a gennaio, il Presidente Rouhani ha ufficialmente invitato il proprio omologo armeno a partecipare attivamente ad un grandioso sistema di connessione tra il Golfo Persico ed il Mar Nero, il cui progetto implica anche la costruzione di una linea ferroviaria di circa 470 kilometri tra i due Paesi, che potrebbe essere finanziata da investitori cinesi.
Il quotidiano Al Monitor stima che lo scambio commerciale annuo tra la Repubblica Islamica e l’Armenia sia destinato a raggiungere, nel prossimo futuro, la cifra di un miliardo di dollari contro i 300 milioni attuali. Naturalmente perché ciò sia possibile l’Iran dovrà anche occuparsi dell’upgrade delle obsolete industrie armene di epoca sovietica, da utilizzare come base per il perfezionamento dei prodotti iraniani destinati all’esportazione.
Lo Stato persiano rappresenta per l’Armenia il quarto partner commerciale dopo la Federazione russa, l’Unione Europea e la Cina. Del resto, anche gli Stati Uniti supportano, non tanto velatamente, l’alleanza che si sta concretizzando tra Yerevan e Teheran. A febbraio proprio l’ambasciatore americano in Armenia, Richard Mills, ha dichiarato che l’Armenia potrebbe diventare una piattaforma per le relazioni commerciali tra USA e Iran, in tal modo riconoscendo  – ad avviso di alcuni analisti – il ruolo chiave di Teheran nel progressivo allentamento dell’influenza russa sull’Armenia.
In effetti, se ciò fosse vero, potrebbe ipotizzarsi che lo storico accordo di Vienna sul nucleare iraniano abbia corretto la mappa geopolitica a scapito di Mosca, gelosa della sua leadership sul Paese caucasico.

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Fig. 2 – I ministri degli Esteri armeno e iraniano durante un incontro a Yerevan, 2013

NOSTALGIA POST-SOVIETICA O PRAGMATISMO COMMERCIALE? – L’ombra della Russia dietro le mosse politiche di Yerevan non passa certo inosservata tra gli ambienti istituzionali armeni. Ciò soprattutto da quando, nel settembre 2013, il Presidente Serzh Sargsyan gettava nel nulla i negoziati condotti nel quadro del Partenariato orientale e, voltando le spalle a Bruxelles, rifiutava l’accordo di associazione con l’Unione Europea. Una battuta d’arresto inaspettata, che – quasi a ripercorrere i vecchi binari del passato – agganciava il destino dell’Armenia a Mosca e ne anticipava l’ingresso ufficiale nell’Unione Economica Eurasiatica (UEE) in ottobre 2014.
Tuttavia, nell’esporre le ragioni di una simile inversione di marcia, il Presidente Sargsyan forniva una giustificazione in termini squisitamente economici, nascondendo però un disagio di fondo nei confronti di Bruxelles. Una difficoltà dettata dal fatto che tanto il settore della difesa quanto il celebrato concetto di sicurezza nazionale ruotano attorno a Mosca, che ha implicitamente acconsentito all’occupazione delle sette province circostanti il Nagorno-Karabakh, uno Stato de facto indipendente, protagonista di un conflitto silenzioso e talvolta dimenticato.
Indubbiamente, anche l’isolamento determinato dalla chiusura delle frontiere ad Est e ad Ovest, rispettivamente con l’Azerbaijan e la Turchia, ha consolidato la funzione protettrice del Cremlino, che l’Armenia continua a pagare a caro prezzo.
È chiaro che nello scenario geopolitico che si va delineando Yerevan dovrebbe contenere le interferenze esterne ed orientarsi vero il riequilibrio della propria politica estera, ma la situazione non è di semplice lettura e la diplomazia del gas svolge in tutto questo una funzione essenziale.
Da Yerevan a Washington, esperti ed analisti esprimono un ottimismo moderato, spiegando come le compagnie di proprietà russa controllino integralmente il settore energetico dell’Armenia. Anzitutto il gruppo Tashir detiene il 100% delle azioni dell’ENA, la compagnia di distribuzione elettrica armena. Ma questa è solo la punta dell’iceberg, se si pensa che il colosso russo Gazprom controlla l’intera rete di gasdotti della repubblica caucasica.
Si può pertanto ipotizzare che la Russia approverà probabilmente i progetti che non risultino in contrasto con i propri interessi, senza tuttavia dimenticare che il gas resta una delle principali armi di Mosca per mantenere il monopolio sui settori chiave dell’economia armena. Solo per citare un episodio del recente passato, il diametro del gasdotto che connette Armenia e Iran, varato nel 2007, era stato ridotto a 71 centimetri, in luogo dei 142 previsti in origine, probabilmente in conseguenza della pressione che il Governo di Yerevan avrebbe ricevuto da parte della Russia, la quale ha successivamente acquisito attraverso Gazprom la totalità delle quote della rete armena del gas.

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Fig. 3 – Il Presidente armeno Sargsyan con la controparte russa Putin, 2013

LA MANO DI MOSCA – Gli scarsi margini di manovra della politica estera dell’Armenia e la sua partecipazione all’UEE riflettono alcune criticità che, allo stato attuale, rendono inverosimile che Yerevan possa divincolarsi agevolmente dall’orbita russa.
Non è un caso che, in occasione della richiamata visita del Vice-Presidente iraniano a Yerevan, le autorità armene abbiano esortato quest’ultimo ad uniformare le proposte oggetto di discussione agli orientamenti formulati dall’UEE.
Tuttavia, gli stessi funzionari dell’UEE hanno salutato positivamente i propositi iraniani: Tatyana Valovaya, membro della Commissione ministeriale per l’integrazione dell’UEE, ha apprezzato gli accordi bilaterali discussi con l’Armenia. Difatti, non sembra potersi escludere che in un futuro prossimo l’Iran scelga di concludere un accordo di libero scambio con l’UEE, perseguendo la stessa strada intrapresa finora dal Vietnam.
D’altra parte Iran e Russia hanno recentemente manifestato l’intenzione di sviluppare una cooperazione a tutto campo in materia militare, economica ed energetica e, se alcune diffidenze permangono, altre evaporano alla luce di interessi comuni. Così, quando i primi frutti dell’intesa tra Yerevan e Teheran vedranno la luce, Mosca celebrerà con ogni probabilità la funzione dell’Armenia quale ponte del dialogo tra l’Iran e lo spazio economico integrato che si sviluppa verso Est.
Ad ogni modo l’insofferenza espressa da buona parte della società civile armena riflette da tempo le crepe del sistema costruito sulla fedeltà a Mosca. Le proteste che un anno fa hanno scosso Yerevan, portando in piazza migliaia di manifestanti contro l’aumento delle tariffe dell’elettricità, sono espressione di un sentimento sociale che non può essere in alcun modo minimizzato. Certo, Electric Yerevan non è paragonabile ad Euromaidan e le affrettate analogie con le rivoluzioni colorate che costellano lo spazio post-sovietico si sono rivelate ben presto inconsistenti.

IN BILICO TRA DUE GIGANTI – Il 2015 si è concluso con l’avvio di un nuovo quadro di riferimento per il dialogo tra Yerevan e Bruxelles. A gennaio Johannes Hahn, Commissario europeo per la politica di vicinato e i negoziati per l’allargamento, ha affermato che l’Unione Europea utilizzerà la base giuridica e politica già esistente quale punto di partenza per un futuro accordo di associazione, dal quale resterebbe esclusa – per ovvie ragioni – l’area del libero scambio. Inoltre, il ministro degli Esteri armeno Edward Nalbandian ha apprezzato l’interesse di Bruxelles ad espandere la cooperazione nelle aree di interesse reciproco, come dichiarato il 1 marzo in occasione della visita a Yerevan di Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza.
Senz’altro non è semplice interpretare il linguaggio politico di un Paese che vorrebbe tornare ad agire su più fronti e comprendere se il Presidente Sargsyan intenda realmente rendere Yerevan una capitale equidistante da Mosca e da Bruxelles. In questo senso, una risposta positiva dovrà essere costruita attraverso passi concreti verso quelle priorità essenziali e non negoziabili promosse dall’Unione Europea: democrazia, stato di diritto, lotta alla corruzione e rispetto delle libertà fondamentali.

Mogherini Yerevan foto

Fig. 4 – L’Alto Rappresentante della UE per gli affari esteri Federica Mogherini e il Presidente armeno Sargsyan, marzo 2016.

 Luttine Ilenia Buioni

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””] Un chicco in più

L’espansione della cooperazione bilaterale tra Iran e Armenia è stata sostenuta vivamente dagli esponenti del mondo politico ed accademico iraniano, che – nel riproporre il motto “una nazione, due Stati” – continuano a sostenere la comune origine etnica del popolo persiano e di quello armeno, ritenendo l’Armenia parte integrante del mondo pan-iranico. [/box]

Foto: G Travels

 

Foto: David Holt London

Foto: European External Action Service – EEAS

Foto: PAN Photo Agency

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Luttine Ilenia Buioni
Luttine Ilenia Buioni

Laureata in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi Roma Tre con una tesi in Diritto Penale Internazionale, ho completato il mio percorso di studi conseguendo un Master in Peace Building Management e successivamente l’abilitazione  per l’esercizio della professione forense. Coltivo il sogno di coniugare la passione per il diritto a quella per l’analisi geopolitica dello spazio post-sovietico. Un percorso che mi ha recentemente condotto a Yerevan, in Armenia, dove ho avuto l’opportunità di partecipare ad un programma del Consiglio d’Europa. Per Il Caffè Geopolitico mi occupo in particolare di Caucaso Meridionale ed Asia Centrale. In passato ho collaborato anche con Termometro Politico, l’Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) e Mediterranean Affairs.

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