L’Eritrea, un Paese autarchico, dittatoriale, di recente costituzione, i cui rapporti con i vicini sono attraversati da tensioni sempre pronte a (ri)trasformarsi in conflitto. I pessimi rapporti con la comunitĂ internazionale e lo scarso interesse nella diplomazia delle Nazioni Unite hanno condotto Asmara all’incapacitĂ di estinguere i contenziosi aperti lungo tutti e quattro i confini: con Yemen, Gibuti, Sudan ed Etiopia. Un caso pressochĂ© unico al mondo
ERITREA VS. GIBUTI: UN CONTENZIOSO DI LUNGA DATA – Sembra essere quella dell’arbitrato la via scelta da Eritrea e Gibuti e caldeggiata dalle Nazioni Unite per tentare di risolvere definitivamente la disputa intorno al confine con epicentro situato di fronte alle isole Doumeira. Si tratta di una controversia scaturita dall’eredità coloniale italo-francese, momentaneamente “congelata” durante il periodo della Guerra Fredda, inasprita da sproporzioni anche religiose (quasi completamente musulmana la popolazione di Gibuti, per metà cristiana quella eritrea) ed esacerbata dalla scomoda presenza dell’Etiopia (vicina a Gibuti, ma fredda con Asmara), che ha registrato un’escalation nel 2008 e che il 6 giugno 2010, grazie alla mediazione del Qatar, si è ricomposta nella decisione di ricorrere al suddetto strumento giuridico. Questo piccolo Paese del Golfo non è nuovo a mediazioni delicate sia sullo scacchiere mediorientale che in quello africano, talvolta di successo (come in questo caso), altre fallimentari (come tra Fatah e Hamas nel 2006, antesignano del rifiuto israeliano del 2014 di accettare la sua mediazione nel conflitto di Gaza, preferendogli il pur instabile Egitto). Un altro Paese del Golfo che pare silente nelle dinamiche regionali a discapito della sua sotterranea influenza è l’Oman, il cui sultano è leader talmente amato e indiscusso da potersi permettere qualche discostamento dalla linea di ossequio al volere saudita tenuta dagli Stati vicini (come ultimamente nella cautela verso la contrazione dei rapporti diplomatici con il “resuscitato” Iran).
Fig. 1 – Un poster di Isaias Afewerki, alla guida dell’Eritrea dal 1993
LE IMPLICAZIONI ECONOMICHE E GEOSTRATEGICHE – Tornando alla questione Eritrea-Gibuti, si potrebbe cinicamente affermare che nel contesto insanguinato dell’Africa contemporanea esso rappresenti un male minore: “solo” una cinquantina i morti direttamente correlati a questi fatti, certo, ma quanti potremmo contarne considerando l’impoverimento conseguente all’instabilità e alla scarsa cooperazione politico-commerciale nel Corno d’Africa? In linea generale, più il Paese ha dimensione e popolazione modeste, più è soggetto a conseguenze economiche gravi nel caso di oscillazioni anche minime nella cooperazione commerciale con i vicini, a maggior ragione in zone dove carestie e siccità si affacciano ciclicamente acuendo il problema. Questa la ragione per cui i due Paesi hanno sempre cercato una qualche forma di dialogo, evitando affronti militari di ampia portata e affidandosi alla mediazione di altri Stati (come negli anni Novanta, quando la Libia di Gheddafi intervenne in tempo). L’Eritrea, soprattutto, pare (il verbo è d’obbligo, data la mancanza di dati sufficienti) soffrire di una crescita molto più contenuta rispetto ai vicini, fermi restando i bassissimi indici di PIL e sviluppo umano validi per tutta la regione. Dal punto di vista geostrategico, i due Stati si situano agli antipodi: impenetrabile e isolazionista l’Eritrea, proiettato verso il mondo il Gibuti, che non solo è ancora formalmente sotto protezione esterna di Parigi, ma per la propria posizione è guardato con interesse da Italia, Cina, Giappone e molte altre medie e grandi potenze. A ogni modo, continuano gli strascichi del contenzioso: per esempio, 19 militari di ambo le parti risultano “ufficiosamente” reclusi senza motivo alcuno, per quanto da Asmara vi siano stati alcuni rilasci “distensivi”. Inoltre, la permeabilità  dei confini rende più facile ai terroristi il passaggio da una zona all’altra e l’elusione dei mandati di cattura internazionale.
ERITREA VS. YEMEN: UN ALTRO CONTENZIOSO PLURIDECENNALE – E se è sul piano economico che si gioca la partita delle conseguenze pratiche di una disputa territoriale, quella eritrea con lo Yemen ne è l’esempio emblematico, imperniata com’è sul diritto di pesca nel tratto condiviso di Mar Rosso. Da una parte il Governo eritreo, che lamenta l’incessante violazione delle acque territoriali e un tipo di pesca – quella “di frodo” – che erode la capacitĂ dell’habitat marino di rigenerarsi, andando a intaccare la quantitĂ e varietĂ di fauna utile all’alimentazione umana (e in particolar maniera delle popolazioni costiere). Dall’altra parte le rappresentanze dei pescatori yemeniti, che ritengono ingiuste o comunque troppo drastiche le azioni di contrasto intraprese da Asmara, con l’arresto di decine di pescatori e il sequestro di centinaia di piccole imbarcazioni. Azioni che, ovviamente, stanno prostrando alla fame numerose famiglie della zona. Anche in questo caso è l’arbitrato internazionale lo strumento scelto dai due Paesi – nel 2008 – per delimitare i propri confini, seguendo quello del 1996-98 inerente allo status delle isole Hanish, che ha portato alla riconsegna allo Yemen di tale arcipelago sostanzialmente disabitato e privo di particolari fonti energetiche (eccetto esigue risorse petrolifere), ma certamente in una posizione strategica tra Oceano Indiano e Mar Mediterraneo, a livello militare quanto commerciale. Tanto strategica da tornare d’attualitĂ pure nel contesto odierno della guerra yemenito-saudita.
Riccardo Vecellio Segate
[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in piĂą
Sul sito della Cambridge University Press è possibile acquistare un agile volumetto sul contezioso eritreo-yemenita esaminato dal punto di vista giuridico. Un interessante riassunto della questione è invece disponibile qui.
Per un autorevole commento sulla risoluzione delle controversie territoriali attraverso arbitrato, questo è assolutamente da leggere. Inoltre, ecco un paio di spunti di riflessione, prima della seconda parte dell’analisi.
- Nel tragico scenario di conflitto yemenita, come noto, si scontrano interessi ad ampio spettro, geograficamente molto estesi. Interessante notare come Eritrea e Gibuti potrebbero trovare una temporanea parentesi di convergenza proprio grazie a tale conflitto: Afewerki, che ha un contenzioso aperto con lo Yemen ed è interessato a destabilizzare ulteriormente tale Paese, potrebbe cedere (come ha già iniziato a fare) basi aeree e navali a Riyad e Abu Dhabi. Guelleh, dal canto proprio, potrebbe divenire un attore di peso nello scontro cedendo a sua volta alle richieste saudite.
- Il continente europeo è una presenza di primo piano nella cooperazione (quando questa è resa possibile dai Governi) con gli Stati del Corno d’Africa, la cui definizione geopolitica non è univoca: sia l’Unione Europea che altre realtà come la Svizzera hanno un concetto di Horn of Africa piuttosto allargato. Tuttavia, le ambizioni sono comuni: contenere le migrazioni impattando sulle condizioni dei sending countries. Il problema rimane il solito: obiettivi troppo alti rispetto a fondi palesemente insufficienti; l’Emergency Trust Fund for Africa, di questo problema, è eccellente emblema. Ma la questione non è solo emergenziale: la diplomazia europea si muoverà per aiutare ad appianare tutti ogni possibile casus belli, contenziosi territoriali compresi. [/box]
Foto: D-Stanley