Obiang Nguema, salito al potere con un colpo di Stato nel 1979, si riconferma Presidente dell’ex colonia spagnola, sbaragliando gli avversari e divenendo il leader africano più longevo
ETERNO VINCITORE − In Guinea equatoriale la procedura elettorale prevede che gli elettori non imbuchino direttamente la propria scheda elettorale, ma la affidino al presidente di seggio, che si incarica di inserirla nell’urna. Un metodo che sembra portare molta fortuna a Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, 73 anni, riconfermato Presidente della Guinea Equatoriale in seguito alle elezioni svoltesi domenica 24 aprile. Giunto al settimo mandato, Obiang detiene attualmente il record di longevità come capo di Stato, seguito a breve distanza dall’angolano Eduardo dos Santos. Obiang giunse al potere nel 1979 mediante un golpe e da allora si è aggiudicato tutte le consultazioni, comprese le ultime, nelle quali ha battuto con il 93,7% dei voti il principale avversario, Avelino Mocache Benga, fermatosi all’1,5%.
Fig. 1 – Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, Presidente della Guinea Equatoriale dal 3 agosto 1979, quando con un colpo di Stato abbatté il regime autoritario dello zio Francisco Macías Nguema
CORRUZIONE E POVERTÀ − Non diversamente da altri dittatori africani, Obiang si è da sempre dimostrato un leader dal pugno di ferro, con pochissimo riguardo per i diritti umani. Del resto, la Guinea Equatoriale si colloca regolarmente in fondo agli indici di governance – per Transparency International è al 139˚ posto per livelli di corruzione, – mentre negli ultimi anni la famiglia Obiang è finita nel mirino di Stati Uniti e Francia per accuse di corruzione legate alla gestione del patrimonio e del settore estrattivo, principale ricchezza del Paese. Nonostante le immense riserve di gas e petrolio, secondo le statistiche del Fondo Monetario Internazionale circa tre quarti della popolazione della Guinea Equatoriale vive al di sotto della soglia di povertà.
Fig. 2 – Teodorin Obiang Nguema, figlio del Presidente, distribuisce regali ai bambini dei quartieri poveri di Malabo, capitale della Guinea Equatoriale
UN’OPPOSIZIONE DEBOLE – La comunità internazionale aveva duramente criticato la repentina decisione di posticipare di sei mesi le elezioni, previste inizialmente per novembre. Del resto, i principali avversari erano new entry della politica, con un peso piuttosto ridotto sullo scenario nazionale. Oltre ad Avelino Mocache Mehenga della Union Law Centre (UCD), c’erano Bonaventura Monsuy Asumu del Partito socialdemocratico (PSDC) e Carmelo Mba Bakale dell’Azione popolare della Guinea Equatoriale (APGE), più tre candidati indipendenti, i cui partiti non sono stati ammessi alle elezioni. Obiang, a capo di una coalizione di dieci partiti, non ha avuto difficoltà ad aggiudicarsi la vittoria. Il Presidente, non a torto denominato Zé Bere Ekum (in lingua fang significa “pantera in agguato”), ha impostato la campagna elettorale sull’intimidazione, asserendo di essere il vero candidato del popolo. Durante una manifestazione allo stadio di Malabo ha ammonito i cittadini che chiunque non avesse votato per lui dovesse essere considerato un disturbatore che aveva optato per il caos. Una strategia che sembra aver pagato alle urne: un risultato simile era stato raggiunto nel 2009, quando Obiang era stato rieletto con il 95,37% dei voti.
Fig. 3 – Un funzionario mostra alcuni risultati parziali durante le elezioni del 24 aprile, presso una sede elettorale di Malabo. Il Partito democratico della Guinea Equatoriale (PDGE) – fondato da Obiang – risulta nettamente in testa
AFFARI DI FAMIGLIA – Dopo trentasei anni al potere, Obiang sembrava deciso a lasciare il posto al figlio maggiore Teodorin, 43 anni, che ha alle spalle una travagliata storia giudiziaria: accusato di riciclaggio, appropriazione indebita e corruzione, gli è interdetto l’accesso in molti Paesi a causa di un mandato di cattura internazionale da parte dell’Interpol. Teodorin Nguema è attualmente secondo vicepresidente della Guinea Equatoriale, carica creata ad hoc dal padre, consapevole della palese incapacità politica del primogenito. Il potere della famiglia Obiang non è circoscritto al settore politico: Gabriel Mbega Obiang Lima, figlio prediletto del Presidente, è a capo del settore petrolifero, mentre la first lady Constancia Mangue de Obiang controlla la ABC, la più importante impresa nel settore delle opere pubbliche del Paese.
Caterina Pucci
Fig. 4 – Teodorin Nguema, “secondo” vicepresidente della Guinea Equatoriale e ministro della Difesa e della Sicurezza nazionale, in compagnia della madre Constancia Mangue de Obiang
[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più
Mentre il Paese versa in uno stato di crisi profonda, gli Obiang sono intenti a salvaguardare la propria immagine pubblica e il proprio status quo: l’ennesima candidatura di Obiang non può che essere spiegata se non considerando il fatto che non esiste al momento un candidato degno di sostituire l’anziano dittatore, nemmeno all’interno della famiglia presidenziale. Nonostante i detrattori lo dipingano soltanto come un leader spietato, Obiang sembra aver fatto molto negli ultimi anni per garantire una risposta regionale univoca contro l’emergenza ebola che ha violentemente colpito Guinea Equatoriale, Sierra Leone e Liberia. Di fronte a questo stigma impresso sul continente, la retorica spicciola di molti leader ha dichiarato sin da subito di voler fare fronte unito nel contrastare la minaccia. Nella pratica, tuttavia, i Paesi maggiormente colpiti, diventati “epicentro” del virus, sono di fatto stati abbandonati a se stessi. Obiang ha cercato di far fronte all’emergenza, non solo investendo ingenti somme di denaro, ma anche basandosi sul sistema centralizzato della sua “democratura”, che, nonostante le critiche, sembra essersi rivelata molto utile ad affrontare crisi di questa entità.[/box]