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Merkel, Africa e le nuove politiche europee di gestione dei flussi migratori

Lo scorso ottobre la Merkel ha fatto visita ad alcuni Paesi africani per discutere una questione di immediata importanza per la Germania e per l’intera Europa: la gestione dei flussi migratori. Per la Cancelliera l’Africa sarà una delle priorità nel corso della presidenza tedesca del G20

PLACIDA DISPERAZIONE – Lo scorso ottobre il viaggio di Angela Merkel in Africa – che ha toccato Mali, Niger ed Etiopia – ha lasciato una solida conferma: la gestione dei migranti resterà uno dei trend topic della politica estera tedesca – ed europea – anche per il 2017. Mentre il piano d’azione comune UE-Turchia lascia intravedere tutte le sue falle, la Cancelliera tedesca cerca di non perdere la calma. In cuor suo consapevole, tuttavia, che il motto Wir Schaffen das (“we can do it”), in più occasioni utilizzato per esprimere la propria fiducia sulle capacità della Germania di far fronte all’emergenza immigrazione, ha già perso il suo mordente.

UN TOUR RAGIONATO – Già solo analizzando le mete prescelte per la visita diplomatica, è possibile rendersi conto di quanto l’approccio al continente africano da parte del Governo tedesco sia radicalmente cambiato. Nel 2011 la Merkel visita Kenya, Angola e Nigeria per discutere di risorse energetiche ed economia; nel 2016 la scelta ricade su tre Paesi subsahariani che costituiscono punti nevralgici per il traffico migratorio. L’Etiopia ospita attualmente 743.732 rifugiati e richiedenti asilo – uno dei tassi più alti nel continente africano – secondo UNHCR. Circa il 90% dei migranti in partenza dalle coste della Libia, passano attraverso il Niger. Le missioni militari e la costante minaccia terrorista in Mali non fanno che incentivare la fuga della popolazione.

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Fig. 1 – La cancelliera tedesca Angela Merkel riceve un dono di benvenuto durante la cerimonia di accoglienza in Mali organizzata dal presidente Ibrahim Boubacar Keita, 9 ottobre 2016

In Etiopia, durante l’ultima tappa del suo tour africano, la Merkel ha sottolineato che l’Africa sarĂ  una prioritĂ  nel corso della presidenza tedesca del G20, il prossimo anno. A settembre, durante un meeting con il National Regulatory Control Council svoltosi a Berlino, la cancelliera tedesca aveva sottolineato la necessitĂ  per l’UE di sottoscrivere accordi sui flussi migratori con i paesi africani – come Egitto e Tunisia – sulla falsariga dell’accordo stabilito con la Turchia.

I “COMPACTS” – Accordi del genere, di fatto, già esistono e prendono il nome di “compacts”: accordi bilaterali con sette paesi subsahariani e del MENA (Middle East and North Africa) che, sulla scia dell’accordo UE-Turchia, provano a coinvolgere in maniera attiva ogni singolo Paese nella gestione dei flussi migratori. In questa nuova strategia “africana” un ruolo imprescindibile sarà svolto dall’EU Emergency Trust Fund For Africa, il fondo fiduciario per l’Africa lanciato durante il vertice de La Valletta nel novembre 2015. L’attivazione di tale fondo aveva sollevato le critiche dell’Oxfam e di molte ONG: il rischio è che gli investimenti sulla linea dello sviluppo vengano risucchiati completamente nel tentativo di rafforzare i controlli di frontiera degli Stati africani.

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Fig. 2 – La cancelliera tedesca stringe la mano a Mahamadou Issoufou, presidente nigerino, al palazzo presidenziale di Niamey, 10 ottobre 2016

Il Fondo è stato dotato di un investimento iniziale di 1.8 miliardi, provenienti dal budget europeo e dal Fondo Europeo di Sviluppo (FES), al quale era previsto si aggiungesse il contributo di ciascuno Stato membro europeo e di donatori esterni. Tuttavia, a giugno 2016 questo contributo ammontava a non più di 81.8 milioni. Una somma inconsistente che ha spinto la Commissione a proporre di rimpolpare il budget del fondo di altri 500 milioni da attingere nuovamente dal Fondo Europeo di Sviluppo: il timore di Oxfam non era poi così infondato.

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Fig. 3 – Angela Merkel e Hailemariam Desalegn, primo ministro etiope, discutono al palazzo di Pace e Sicurezza, realizzato dal governo tedesco all’interno dei quartieri generali dell’Unione Africana, ad Addis Abeba, 11 ottobre 2016  

BETTER MIGRATION MANAGEMENT – A oggi, 59 progetti del costo di circa 900 milioni sono già stati approvati e finanzieranno specifici programmi nelle regione del Sahel e del lago Chad, come anche nella regione del Corno d’Africa. In quest’ultima area ben 40 milioni sono stati investiti in un progetto denominato “Better Migration Management”. L’obiettivo è quello di rispettare gli obiettivi definiti durante il Processo di Khartoum, un accordo siglato tra i rappresentanti degli stati membri europei e dei Paesi della regione (Eritrea, Etiopia, Somalia, Gibuti) insieme ad alcuni Paesi di transito (Sud Sudan, Sudan, Tunisia, Kenya, Egitto) che sancisce la collaborazione diretta nella lotta al traffico di esseri umani, la volontà di intervenire sui fattori che favoriscono l’emigrazione, la tutela nei confronti dei richiedenti asilo. Il Better Migration Management pone l’attenzione sul rischio che le misure di sicurezza e gli strumenti che dovrebbero essere messi al servizio di una gestione più accurata dell’emergenza migranti possano finire nelle mani di autorità nazionali intenzionate a servirsene per fini repressivi (riferendosi nello specifico ai sistemi di sicurezza e di controllo dei confini).

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Fig. 4 – Conferenza stampa di apertura del Processo di Khartoum, svoltasi il 28 novembre 2014. Nella foto il ministro degli esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier e il ministro degli esteri italiano Paolo Gentiloni 

In quest’ottica si inseriva la decisione del Consiglio Europeo dello scorso luglio di estendere il mandato della missione EUCAP Sahel Niger fino a luglio 2018, con un rafforzamento del budget di progetto di 26.3 milioni a partire dal 16 luglio 2016 fino al 15 luglio 2017. Durante la visita in Niger, la Merkel ha inoltre annunciato un pacchetto di aiuti di 27 milioni da destinare al Paese, 10 in capacitĂ  militare e 17 in progetti di sviluppo per l’area di Agadez, una delle piĂą povere del paese. Sempre in Niger entro la fine dell’anno sarĂ  costruita una base militare di supporto alla missione delle Nazioni Unite: il personale europeo impiegato avrĂ  tra le altre funzioni quella di educare le forze di polizia nigerine al controllo dei flussi di migranti.

AFRICA E POLITICA INTERNA – In definitiva l’obiettivo di questo New Migration Partnership Framework sembra quello di dare una sferzata consistente alle politiche europee sulla gestione dei migranti. L’azione della cancelliera tedesca non nasconde un secondo fine politico interno specifico: recuperare punti in vista del confronto elettorale del 2017 dopo lo schiaffo morale che il partito populista AfD ha riservato al CdU durante le ultime elezioni regionali. La politica delle “porte aperte” adottata dopo i fatti di Colonia non sopisce le preoccupazioni popolari e la cancelliera sa bene quanto il peso della questione migratoria influisca sulla politica interna della Germania.

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Fig. 5 – Rientrata dal tour africano la cancelliera Merkel ha incontrato il presidente del Chad Idriss Deby: stretta di mano durante la conferenza stampa a Berlino, 12 ottobre 2016

La necessitĂ  di fornire risposte concrete era stata sottolineata anche dal premier italiano Matteo Renzi in una lettera del 15 aprile 2016, destinata a Jean-Claude Junker, presidente della Commissione Europea, e Donald Tusk, presidente del Consiglio UE. Il “migration compact” proposto da Renzi sottolineava la necessitĂ  di affiancare al supporto finanziario e operativo dell’UE, precisi impegni in termini di controllo delle frontiere, riduzione dei flussi, cooperazione in materia di rimpatri e riammissioni. Dopo l’esito poco amichevole del vertice di Bratislava e le successive dichiarazioni critiche del Presidente del Consiglio italiano a NY nei confronti della politica europea, il premier italiano sembra deciso a distanziarsi dalla strategia di gestione europea. La necessitĂ  politica di risolvere velocemente quella che piĂą che un’emergenza umanitaria sembra essere una seccatura, si scontra inevitabilmente con la realtĂ : elargire aiuti economici a governi africani spesso corrotti e inadempienti non sarà sufficiente fino a quando non saranno eliminate le cause primarie dell’immigrazione di massa degli ultimi anni: povertĂ , terrorismo, corruzione, assenza di una prospettiva lavorativa che assicuri un tenore di vita soddisfacente, guerre civili.

Caterina Pucci

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in piĂą

Il report pubblicato a luglio 2016 dal Parlamento Europeo sulle prospettive e i risultati attesi rispetto al fenomeno migratorio, disponibile qui.[/box]

Foto di copertina di Glyn Lowe Photoworks. Rilasciata su Flickr con licenza Attribution License

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Caterina Pucci
Caterina Pucci

Nata nel 1990, il giornalismo è una vocazione che ho cominciato a coltivare sin dall’adolescenza. All’università, ho scelto di assecondare l’interesse per le lingue straniere, specializzandomi in inglese e arabo. Intanto, scrivevo per una rivista della mia città, Altamura. Nel 2013, il grande passo: mi sono trasferita a Milano per studiare Relazioni Internazionali. Sacrificando l’estate del 2014, ho trascorso un mese a Rabat per seguire un corso intensivo di lingua araba. L’ultimo semestre della mia vita accademica l’ho passato a Gent, in Belgio. Nel 2015, mi sono laureata con una tesi in Storia dell’Asia Islamica sul pensiero di Ali Shariati e la rivoluzione iraniana. Ho cominciato a lavorare come Assistente alla Comunicazione per l’Istituto di Cooperazione Economica Internazionale (ICEI) di Milano. In quel periodo, ho cominciato a scrivere per Il Caffè Geopolitico e ad ottobre 2016 sono diventata Responsabile del desk Africa. Continuo a occuparmene con passione da allora, mentre nella vita lavoro come redattrice. Continuando a perseguire il sogno di diventare una brava giornalista.

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