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Il muro al confine con il Messico, un progetto controverso

La dichiarazione del Presidente Donald Trump di voler costruire un muro al confine con il Messico è sempre al centro del dibattito politico statunitense. È da anni, però, che vengono costruite barriere sul confine, una zona pericolosa la cui sorveglianza ha sempre la precedenza

UN PROGETTO INIZIATO QUASI 30 ANNI FA – La costruzione di barriere al confine USA-Messico comincia nel 1990, durante l’amministrazione di George H.W. Bush. In quegli anni, il Presidente ha firmato per l’inizio dei lavori di 106 chilometri di recinzioni tra la California e il Messico. L’obiettivo: servire da deterrente per l’immigrazione irregolare e il narcotraffico. La misura è stata efficace e lo si è visto nella diminuzione degli arresti di immigrati non in regola presenti in California. L’immigrazione dal Messico, però, si è spostata di conseguenza verso l’Arizona, dove il tasso di decessi dovuto alle terribili condizioni da affrontare nel deserto durante il passaggio del confine è aumentato drasticamente. Nel 1996 Bill Clinton ha contribuito al progetto iniziato da Bush Senior firmando l’Illegal Immigration Reform and Immigrant Responsibility Act. Questa legge, oltre a modificare drasticamente le politiche di immigrazione negli Usa, aveva come obiettivo quello di aumentare i finanziamenti per la sorveglianza del confine e di approvare la costruzione di 22 chilometri di barriera vicino a San Diego.

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Fig. 1 – Una barricata al confine con l’Arizona

IL SECURE FENCE ACT –  Nel 2006 George W. Bush ha firmato il Secure Fence Act, una legge che mirava alla costruzione di una barriera al confine USA-Messico lunga più di 1100 chilometri. L’Act prevedeva la creazione anche di barriere mobili, punti di controllo e l’uso di velivoli in modo da pattugliare il confine ininterrottamente. La costruzione della barricata, però, non è mai avvenuta: manifestazioni e cause legali da parte di cittadini e di ONG hanno fermato i lavori. Le proteste sono state portate avanti specialmente dagli ambientalisti, tra cui Sierra Club and Defenders of Wildlife, un’organizzazione non governativa che ha fatto causa all’amministrazione Bush per aver ignorato le leggi a favore della protezione dell’ambiente pur di mettere in sicurezza l’ingresso negli Stati Uniti. In questa zona, infatti, coesistono diversi ecosistemi, il cui equilibrio verrebbe messo in crisi dalle barriere e dalla presenza costante di pattuglie e posti di blocco. Al confine non passano solo immigrati e narcotrafficanti, ma anche gli animali (tra cui giaguari e orsi bruni) la cui sopravvivenza verrebbe messa in pericolo se non avessero più la possibilità di muoversi liberamente nel loro territorio. Nel 2011 anche Obama ha contribuito alla costruzione di posti di blocco e barricate al confine per un totale di 1000 chilometri.

Fig. 2 – Il progetto del Muro nella nostra mappa realizzata da Claudia De Bari

IL CHIARO MESSAGGIO DI TRUMP – Mercoledì 25 gennaio il Presidente Donald Trump ha firmato l’ordine esecutivo per l’inizio formale dei lavori per la costruzione del muro al confine con il Messico, una responsabilità che sarà delegata al Segretario per la Homeland Security John Kelly. L’azione riflette gli obiettivi di Trump nella lotta all’immigrazione illegale e nel controllo dei confini della nazione. Un progetto che secondo Trump dovrà essere pagato dai messicani, probabilmente tramite l’aumento delle tariffe sui prodotti importati dal Messico, anche se il Presidente ha precisato che, inizialmente, saranno gli statunitensi a finanziare l’opera. Anche questa volta, com’era successo con George W. Bush, la costruzione del muro ha suscitato dure risposte dalle ONG, in particolare da quelle impegnate nella lotta per il rispetto dei diritti umani e civili. Ci si chiede se un progetto del genere sarà efficace. Secondo il National Research Center, dalla crisi del 2008 sembra che siano stati più i messicani tornati in Messico rispetto a quelli che hanno attraversato il confine verso gli Stati Uniti. Il progetto di Trump è stata citato per la prima volta nel giugno 2015, in un discorso in cui, dopo aver usato parole come “criminali e stupratori” per descrivere gli immigrati, il Presidente ha cominciato a descrivere i lavori, partendo dall’idea di costruire un muro di 1600 chilometri e di utilizzare ostacoli naturali per rendere più difficile l’accesso negli Usa. Con il passare del tempo, il piano per controllare il confine si è ampliato e ora si parla anche dell’aumento di 5000 soldati ai controlli e di triplicare gli ufficiali dell’Immigration and Customs Enforcement. La corsa agli appalti per la costruzione del muro comincerà ad aprile, ma le stime per il costo del muro non sono ancora chiare. Trump ha inizialmente dichiarato che costerà 12 miliardi, Paul Ryan ha parlato di una stima tra gli 8 e i 14 miliardi, il Washington Post ne ha previsti 28. La domanda che dobbiamo porci ora è: che cos’ha di diverso l’idea della costruzione del muro di Trump da quelle dei suoi predecessori? Per prima cosa la lunghezza. La creazione di barricate e posti di blocco discontinui ha un significato diverso rispetto a un muro lungo tutto il confine. Le barriere sporadiche lanciano un messaggio preciso: gli Usa vogliono proteggere i cittadini dal traffico di droga e vogliono mantenere l’immigrazione più regolare possibile. Un muro unico dal Pacifico all’Atlantico significa: voi fuori, noi dentro, non siete i benvenuti. Dal punto di vista politico, la differenza è sostanziale. Il messaggio di Trump non vuole essere tanto la volontà di mettere in sicurezza gli Usa (ed ecco la seconda differenza con i predecessori), ma una prova agli elettori che l’immigrazione “dei criminali” verrà fermata, con la costruzione di una barriera che fa di tutti i messicani delle persone indesiderate, contribuendo a fomentare l’ondata di xenofobia negli Usa (dove i crimini di odio, dall’elezione di Trump sono aumentati drasticamente, secondo il Washington Post e l’Huffington Post). Data la quantità di ordini esecutivi e decisioni drastiche prese da Trump nelle ultime settimane, dobbiamo aspettarci che la costruzione cominci presto. Forse non ci saranno i fondi necessari per il completamento del muro, forse i lavori non finiranno prima di 4 anni; in ogni caso, il messaggio di Trump è chiaro: uno Stato non è tale senza il controllo dei confini.

Giulia Mizzon

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Da questa mappa realizzata dalla nostra collaboratrice Claudia de Bari si vede chiaramente dove sono presenti le barricate, l’impatto che avrà il suo completamento e l’ordine cronologico della costruzione delle barriere.  [/box]

Foto di copertina di tedeytan rilasciata con licenza Attribution-ShareAlike License

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Giulia Mizzon
Giulia Mizzon

Nata a Imperia nel 1992, laurea magistrale in Politiche Europee e Internazionali all’Università Cattolica di Milano. Affascinata dalle dinamiche della politica internazionale, frequento un Master in International Relations all’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali. Confesso di essere un’amante degli States, sempre presenti nei miei programmi futuri, e una lettrice accanita di qualsiasi cosa mi capiti sottomano.

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