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L’ultima battaglia degli indigeni in Brasile

L’ultima protesta degli indigeni contro il governo brasiliano è sfociata in scontri con la polizia, tra gas lacrimogeni e archi e frecce. Ennesimo fronte aperto in un contesto sociale e politico già molto provato

INDIGENI, GLI ULTIMI SCONTRI – Lo scorso 25 aprile a Brasilia più di tremila indigeni si sono radunati davanti al Parlamento brasiliano per protestare contro l’invasione delle grandi imprese agricole nelle loro terre. I manifestanti, simbolicamente armati di archi e frecce, trasportavano circa 200 bare per rappresentare gli attivisti indigeni assassinati negli ultimi anni di proteste. Quando hanno cercato di lasciare alcune di queste bare negli spazi di acqua che si trovano davanti al Parlamento, le forze dell’ordine hanno lanciato dei gas lacrimogeni e proiettili di gomma e gli indigeni hanno risposto con archi e frecce.

INDIGENI, PER CHE COSA PROTESTANO? – È già da molti anni che gli attivisti indigeni protestano per rivendicare i loro diritti sia umani che territoriali. In particolare, le popolazioni indigene pretendono che sia approvata dal Parlamento una legge che preveda, come sancito nella costituzione brasiliana, una demarcazione chiara e sicura delle zone dove vivono per proteggerle dall’invasione, sempre più massiccia, di grandi imprenditori. Le foreste dell’Amazzonia, e quindi la casa degli indigeni, stanno infatti subendo una forte deforestazione principalmente a favore di attività minerarie e agricole. I manifestanti di Brasilia mostravano striscioni con scritto “Demarcação já” (demarcazione ora, ormai un movimento sociale in tutto il Brasile) e contro i PL 1610 e PEC 215. Il PL 1610 è un progetto di legge che si discute dal 1996 e che regolamenterebbe lo sfruttamento delle aree indigene per creare enormi miniere. Questo progetto di legge è stato cambiato e ora prevede consultazioni pubbliche degli indigeni, ma si sta discutendo sulla validità di quest’ultime. La PEC 215 è invece una proposta di emendamento costituzionale che stabilisce che la demarcazione dei territori indigeni diventi materia di competenza del potere legislativo e non più di quello esecutivo. Gli attivisti indigeni affermano che la demarcazione è un atto tecnico e dichiaratorio e non ha senso inserirci l’elemento politico.

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Fig.1 – Un’immagine della marcia degli indigeni

INDIGENI, IL COMPORTAMENTO DEL GOVERNO TEMER – Già durante le legislazioni dei presidenti Lula e Dilma, i diritti degli indigeni brasiliani furono spesso calpestati. Il governo di Temer (Partito del movimento democratico, centrodestra) ha però totalmente cancellato i pochi passi fatti avanti precedentemente. Come mossa strategica per andare al potere un anno fa, il Presidente Temer ridiede pieno appoggio alle grandi lobby dell’industria alimentare e agricola. Temer propose inoltre di fermare le richieste di demarcazione in cambio di supporto economico agli indigeni a cui sarebbero state sottratte le terre. Questa proposta fu presto ritirata, ma in cambio Temer ha da poco nominato come Ministro della Giustizia Osmar Serraglio, un deputato ‘ruralista’ e uno dei principali imprenditori agricoli del Paese. Il Ministero della giustizia ha poi promulgato la Portaria 80, un decreto per inserire nel processo di demarcazione delle aree indigene non più solo la FUNAI (Fondazione nazionale degli indios, il cui capo è ora un generale dell’esercito nominato da Temer), ma anche altri organi ben lontani dagli interessi degli indigeni.

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Fig.2 – Un’immagine di un campo di grano 

ED ORA? – Non si può certo dire che l’anno presidenziale di Temer sia stato privo di difficoltà. Il Presidente è sotto processo per ostruzione alla giustizia e nell’inchiesta lava jato per la rete di corruzione interna alla compagnia petrolifera Petrobras. Il 3 giugno lo stretto collaboratore di Temer e ex deputato Rodrigo Rocha Loures è stato arrestato per aver ricevuto tangenti dalla Jbs, il principale produttore di carne del Brasile e coinvolta anch’essa nell’inchiesta lava jato. I brasiliani sono già scesi in piazza contro il governo diverse volte e Temer ha risposto schierando le forze di polizia. Il 10 giugno, dopo un processo sulle presunte irregolarità nel finanziamento della campagna presidenziale di Temer del 2014, il Tribunale Superiore del Brasile ha salvato il Paese dalla seconda crisi istituzionale in 14 mesi votando a favore del Presidente. Ciò nonostante, Temer è di nuovo coinvolto in un altro caso di corruzione dopo che la Polizia Federale ha segnalato al Tribunale Superiore del Brasile delle intercettazioni sospette sempre tra la JBS e Loures. Mentre i brasiliani, dagli abitanti delle grandi metropoli agli indigeni, rivendicano i propri diritti e uno stato democratico trasparente ed efficace, la politica e le istituzioni brasiliane sono arrivate a un punto cruciale: pensare al futuro o rimanere nel presente?

Viola Graldi

[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””]Un chicco in più

Le monocolture di canna da zucchero, mais, soia e palme da olio sono destinate alla produzione non solo alimentare ma anche di biocarburanti, come il biodiesel e il bioetanolo e questo mercato non fa che accrescere il problema della deforestazione in Brasile e in tanti altri Paesi. Per saperne di più, clicca qui [/box]

Foto di copertina di Ana_Cotta Licenza: Attribution License

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Viola Graldi
Viola Graldi

Classe 1992. Viaggiatrice fin da piccola e sempre curiosa di conoscere ciò che mi circonda. Conseguo la laurea triennale in Scienze Internazionali e Diplomatiche all’Università di Bologna, studiando l’ultimo semestre nella coloratissima Lisbona. Da lì nasce la mia passione per il portoghese e per l’energia latino americana che si respira per le ruas lisboetas.  Volendo continuare a studiare oltre confine, atterro in Olanda per un Master in Politica Economica Internazionale all’Università di Groningen, durante il quale torno nella capitale lusitana per un tirocinio in diplomazia economica. Terminati tirocinio e tesi (sulla microfinanza in Bolivia) io e il mio zaino partiamo per un viaggio indimenticabile in America Latina. Ritorno in Europa, precisamente ad Amburgo per un tirocinio formativo e stimolante in politiche ambientali e energie rinnovabili. Caso (e desiderio) vuole che adesso sia tornata in America Latina per un anno di servizio civile nell’affascinante amazzonia ecuadoriana, ora protagonista dei miei racconti
scritti sorseggiando un buon caffè!

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