IL MEETING DI BUDAPEST
GLI INVESTIMENTI CINESI IN EUROPA CENTRO-ORIENTALE
Gli investimenti diretti esteri della Cina hanno attraversato nel corso degli anni fasi altalenanti. Nel primo periodo che va dal 1979 al 1991 il Paese si è concentrato sul boom della domanda interna instaurando relativamente pochi scambi; dal 1992 invece il Governo ha deciso di puntare sui benefici offerti dal contesto internazionale dando il via alla privatizzazione di molte aziende e all’afflusso di yuan all’estero. Si è registrato uno stallo del movimento dei capitali in cerca di “terreno fertile” solo tra il ’97 e il ’98 conseguentemente alla crisi finanziaria che ha colpito il continente asiatico. Ma la situazione si è rivelata temporanea dal momento che, dal 2008, nonostante i difficili momenti che l’economia globale ha dovuto affrontare, la Cina ha saputo riprogettare il proprio assetto economico e finanziario configurandosi come il maggiore investitore transnazionale. Le aziende cinesi hanno saputo cavalcare l’onda della globalizzazione integrando i propri processi produttivi e la propria cultura organizzativa con quelli di entità straniere per ottenere il controllo sull’intero processo produttivo. Il potere pubblico, coadiuvando in molti casi tali aziende, ha saputo creare per se stesso lo spazio necessario alla costruzione di vantaggiose alleanze capaci di conferirgli più potere. Una strategia completamente diversa da quella statunitense, come ha sostenuto tempo fa Ian Bremmer sul Corriere della Sera. Il Presidente di Eurasia Group ha firmato un articolo in cui ha esposto come gli USA abbiano sempre preferito usare le forze armate per far si che l’autorità venisse loro riconosciuta. Al contrario la Cina ha investito, specialmente in infrastrutture, per migliorare il sistema di un dato Paese e instaurare con esso un rapporto di mutua cooperazione. E’ questo infatti l’approccio che Pechino sceglie anche in Europa centro-orientale dove, riuscendo a superare dissapori politici, religiosi e culturali, muta il volto di una regione che si estende per 1336 milioni di chilometri quadrati, comprende 123 milioni di abitanti e sulla quale si è impegnata a versare, attraverso l’istituzione di un fondo apposito, ben 10 miliardi di euro.
Uno dei progetti più ambiziosi è costituito senza dubbio dalla costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità tra Budapest e Belgrado. La linea di oltre 350 km è in grado di facilitare il trasporto delle merci che giungono nel porto del Pireo, connettendo l’Asia all’Europa. Un porto che è di proprietà del gruppo cinese COSCO, leader nel settore del trasporto navale, che lo ha acquisito nel 2016 con un investimento di circa 280 milioni di euro. Una mossa strategica a cui non poteva non seguire “un’azione via terra”. La Cina sta infatti finanziando la costruzione di un fitto reticolo di strade ed autostrade in Macedonia, Montenegro e Serbia, prestando anche denaro ai Paesi coinvolti (circa 5 miliardi di euro solo alla Serbia, ad esempio). E Pechino mira a fare la stessa cosa in Lituania, puntando sul desiderio di Vilnius di migliorare la propria immagine internazionale per fini turistici.
Fig. 2 – Il Ministro degli Esteri albanese Ditmir Bushati e quello cinese Wang Yi firmano una serie di accordi bilaterali a Pechino, 25 agosto 2016
I TIMORI DELL’UNIONE EUROPEA
Come confermato dal portale cinese toutiao, l’Unione Europea ha voluto pubblicare un rapporto in merito alle iniziative di “Paesi terzi” nei Balcani al fine di “proteggere i valori europei da investimenti contrari agli interessi legittimi dell’UE e dei suoi Stati membri.” Nel documento, riporta il sito, Bruxelles invita i Governi a prestare attenzione all’eventualità di dipendere economicamente e finanziariamente da altri Stati a cui non bisognerebbe conferire troppa fiducia. Il riferimento al Dragone Cinese, seppur non espresso in via diretta, resta palese. Già nel 2010, attraverso la voce dell’allora Segretario di Stato Hilary Clinton, anche gli Stati Uniti si erano interessati alle divisioni interne nella regione balcanica con l’auspicio che questa potesse avvicinarsi sempre più all’Unione Europea sfuggendo quindi dalla eventuale sfera di influenza della Russia e della Cina. Anche l’Istituto dell’Unione Europea per gli Studi sulla Sicurezza (EUISS) ha pubblicato una relazione in cui si palesano i dubbi sulla dinamica delle attività cinesi nei Balcani. Secondo l’EUISS, le imprese cinesi, stipulando contratti direttamente con i Governi dei Paesi coinvolti, potrebbero incoraggiare la corruzione che in altri casi è controllata dalla trasparenza che dovrebbe caratterizzare le gare d’appalto.
Nonostante i timori europei, ciò che la regione balcanica può rimproverare a Bruxelles però è il mancato raggiungimento di accordi per la costruzione di un corridoio che colleghi il Mar Nero e il Mar Adriatico. A sostenere tale versione è stato il Presidente della Macedonia Gjorge Ivanov il quale ha chiarito come le fonti di finanziamento cinesi siano state in realtà le uniche a pervenire per lo sviluppo del territorio. Ad oggi inoltre la Cina annuncia l’intenzione di investire ulteriori 3 miliardi nei 16 Paesi della CEEC differenziando le operazioni nei settori delle telecomunicazioni, dell’industria metalmeccanica, delle energie rinnovabili e del comparto chimico.
Fig. 3 – Membri della comunità cinese di Varsavia attendono sotto la pioggia l’arrivo del Presidente Xi Jinping, 20 giugno 2016. La diaspora cinese nell’Europa centro-orientale gioca un ruolo piccolo ma importante nella crescente influenza di Pechino sulla regione
Ancora una volta la Cina si è insinuata dove l’Occidente non ha voluto rischiare. Ancora una volta la Cina si è insinuata dove l’Europa ha fallito. Può davvero essere colpevolizzato un Paese che, tenendo fede al proprio potenziale, ricerca la continua crescita?
C’è una legge che governa le società nel mondo e che molto spesso non risponde ad etiche o morali. Non sempre essa viene capita o accettata, ma esiste ed è un dato di fatto. Questa è la legge della domanda e dell’offerta. La Cina ha offerto capitali che hanno rappresentato opportunità di miglioramenti non indifferenti laddove c’era una domanda, una richiesta di aiuto volutamente ignorata dalle istituzioni europee.
Federica Russo
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