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Tigray, emergenza umanitaria nei campi profughi

In 3 Sorsi – In un conflitto che sembra non avere fine, milioni di etiopi cercano rifugio in campi profughi nei quali mancano tutti i beni di prima necessità, dando vita a una grave emergenza umanitaria.

1. UNA GUERRA DALL’IMPATTO CATASTROFICO

Dopo otto mesi di guerra, la riconquista di Macallè, capitale della regione del Tigray, da parte delle truppe tigrine ha spinto il Governo di Addis Abeba a ritirare i propri contingenti e a dichiarare, il 28 giugno, un cessate il fuoco unilaterale. Il conflitto in Etiopia, che contrappone il Tigray People’s Liberation Front e le forze governative, fin dal principio è stato accompagnato da una grave crisi umanitaria, che sta avendo effetti catastrofici sulle vite di milioni di etiopi, in particolare di coloro che si trovano nella regione.
A causa degli scontri più di due milioni di etiopi sono stati costretti a lasciare le proprie case per rifugiarsi in altre zone del Paese, mentre altri 45mila hanno lasciato l’Etiopia e il Tigray per cercare riparo in Sudan.

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Fig. 1 – Rifugiati etiopi nello Stato sudanese di Cassala

2. IN CERCA DI UN RIFUGIO

Tra le aree che ospitano il maggior numero di sfollati nella regione tigrina ci sono i dintorni Shiraro, con circa 95mila etiopi rifugiati principalmente nei campi di Shimelba e Hitsats. Secondo l’UNHCR tra le persone ospitate nel campo di Shimelba non ci solamente civili fuggiti dalle proprie case in altre zone della regione, ma anche membri delle comunità locali che si trovano in una situazione estremamente vulnerabile e che, privati delle loro fonti di sostentamento, cercano aiuti nei nuovi campi.
Negli insediamenti che hanno accolto migliaia di etiopi mancano beni essenziali e le condizioni igienico-sanitarie sono precarie, anche a causa delle pesanti piogge che hanno colpito la zona. La preoccupazione maggiore rimane la sicurezza alimentare: le Nazioni Unite infatti stimano che 400mila persone hanno a oggi superato la soglia della fame, e che altri due milioni, senza aiuti concreti, lo faranno presto. 

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Fig. 2 – Truppe governative etiopi pattugliano le strade di Macallè prima della riconquista da parte del Tigray People’s Liberation Front

3. DIFFICILE L’ACCESSO UMANITARIO

Le Nazioni Unite e altre Organizzazioni umanitarie faticano ad avere accesso alla regione per fornire aiuti alla popolazione civile. L’accesso umanitario, infatti, è condizionato alla scarsa volontà delle fazioni che combattono sul campo, e non mancano le aggressioni dirette al personale delle Organizzazioni che operano in Etiopia, come nel caso dell’attacco a Medici Senza Frontiere, avvenuto il 25 giugno, che ha provocato la morte di tre operatori. 
Secondo alcune stime circa 6 milioni di persone a oggi nel Paese necessitano di assistenza umanitaria a causa di un conflitto che fin dal principio è stato caratterizzato da gravi violazioni del diritto internazionale. Distruzione volontaria di fonti di sostentamento e strutture sanitarie, unite a serie inosservanze dei diritti umani, comprese violenze sessuali usate come arma di guerra, continuano a ripetersi nella generale indifferenza della comunità internazionale. È ormai chiaro che, senza un cessate il fuoco condiviso, le ostilità riprenderanno. Per milioni di persone il tempo sta per scadere: bisogna agire ora.

Alessia Rossinotti

A Conversation” by Rod Waddington is licensed under CC BY-SA

Dove si trova

Perchè è importante

  • La situazione umanitaria nel Tigray, in seguito allo scoppio del conflitto nel novembre 2020, continua a peggiorare.
  • Almeno due milioni di etiopi sono rifugiati interni e ulteriori 45mila sono fuggiti in Sudan.
  • La situazione nei campi che ospitano i rifugiati interni è drammatica, con 400mila persone che hanno già superato la soglia della fame.

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Alessia Rossinotti
Alessia Rossinotti

Classe 1994, da sempre appassionata di politica internazionale e diritti umani, con un particolare focus sul continente africano. Laureata in World Politics and International Relations presso l’Università di Pavia, ho svolto esperienze di tirocinio alla Rappresentanza Permanente d’Italia all’OSCE, e per una ONG che si occupa di pace e conflitti.

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