In 3 sorsi – Viaggio in Mauritania, la naturale cerniera di congiunzione tra mondo arabo e Africa nera in cui arretratezza e fragilità economica sembrano scontrarsi con una nascente voglia di modernità
1. LA PIAGA DELLA SCHIAVITÚ E I TENTATIVI DI AVVICINAMENTO AL MAGHREB E ALL’UE
Radicata nella lunga storia del Paese e consolidatasi nei secoli come un’incrostazione apparentemente irremovibile, la schiavitù è stata abolita nel 1981. Tuttavia, solo nel 2007 il governo ha ufficialmente criminalizzato il fenomeno, che secondo molti osservatori internazionali continua a protrarsi subdolamente sia come sfruttamento de facto, sia sotto forma di una più languida (ma non meno deprecabile) sottomissione psicologica all’autorità del padrone. Non sorprende infatti, che il World Slavery Index segnali che in Mauritania la percentuale di persone ufficialmente legate al proprio protettore da un rapporto di sostanziale schiavitù (senza considerare gli altri tipi di servitù subordinata, meno formalizzati), sia ancora tra le più alte del mondo. Dunque, il processo per una reale eradicazione di questa piaga sembra ancora lungo e complesso; come dimostra il fatto che le sentenze di condanna per questioni legate alla schiavitù si contino sulle dita di una mano. Ma se il Paese continua ad essere fortemente ingessato nelle sue dinamiche interne, va anche ricordato che nell’ultimo decennio il Presidente Mohamed Ould Abdel Aziz ha cercato di ampliare il suo raggio d’azione in politica estera nel tentativo di portare la Mauritania a svolgere un ruolo di rilievo nella “crisi migratoria” ed irrobustire le relazioni diplomatiche con le vivaci economie del Maghreb e perfino con l’Unione Europea. Ed infatti, la cooperazione con il vecchio continente – ed in particolar modo la Spagna – si è recentemente intensificata, come testimonia la presenza fissa della Guardia Civil spagnola nella calda zona di passaggio di Nouadhibou.
Fig.1 – Il Presidente della Mauritania Mohamed Ould Abdel Aziz
2. UNA POLITICA MIGRATORIA INNOVATIVA
Mohamed Abdelhamid Ould Zidane, coordinatore della strategia nazionale mauritana sulla migrazione, è stato l’ideatore di una nuova politica di gestione dei flussi migratori, che fa della Mauritania un “unicum” nel panorama nord-africano. Sembra impensabile che un Paese con un struttura sociale così chiusa e arcaica, dove persiste perfino il fenomeno della schiavitù, possa aver concepito un approccio così moderno alla questione migratoria. Eppure questa nuova strategia politica tracciata dalla Mauritania, sembra essere guardata con un certo interesse non solo dal vicino Maghreb — ed in particolare dalla Tunisia — ma anche da alcuni Paesi europei. Proprio sulla base di un partenariato con l’Unione Europea iniziato nel 2014, Nouakchott ha messo in atto un piano di interventi basato su quattro punti: la prima parte riguarda la sottoscrizione di accordi bilaterali con Senegal, Gambia, Mali e Marocco, concedendo libertà di movimento per i cittadini di questi paesi senza visti o passaporti, al fine di attrarre nuova forza lavoro da impiegare nell’edilizia e nelle opere pubbliche. La seconda parte della strategia consiste nel cercare di rafforzare la cooperazione con i cittadini Mauritani residenti all’estero per attirare i loro investimenti. La terza componente riguarda i diritti di migranti e rifugiati, e prevede diverse attività volte a sensibilizzare la società civile sulle tematiche migratorie. Il quarto e ultimo punto, riguarda la detenzione di flussi migratori e si riferisce alle pratiche che dovrebbero essere adottate dalle autorità ai valichi di frontiera sulla base della collaborazione tra la polizia e la Guardia Civil spagnola. Resta solo da capire se il governo riuscirà a realizzare fino in fondo questo ambizioso piano, vista l’estrema debolezza dello stato mauritano e la farraginosità del suo apparato politico-amministrativo.
Fig.2 – Uno scorcio di Nouakchott, capitale della Mauritania
3. QUALE FUTURO NEL COMPLICATO SCACCHIERE NORDAFRICANO?
Il desiderio di riscatto della Mauritania deve necessariamente fare i conti con una serie di fattori complessi e per alcuni aspetti limitanti: l’avvicinamento alla Spagna non sembra essere una linea politica liberamente scelta da Nouakchott, ma più che altro un’imposizione voluta da Madrid per arginare l’afflusso di migranti nelle enclave spagnole di Ceuta e Melilla. Ugualmente altalenanti sembrano essere le relazioni con i paesi del Maghreb: il recente consolidamento dei rapporti col Marocco ha provocato leggere tensioni con la vicina Algeria. Tensioni che il Presidente algerino Abdelaziz Bouteflika si è subito impegnato a risolvere, proprio per evitare che la Mauritania ricadesse interamente nella sfera di influenza di Muhammad VI. Dunque, il ruolo di Nouakchott negli equilibri politici del Grande Maghreb sembra ancora marginale ed in gran parte condizionato dagli interessi di Rabat ed Algeri. Non mancano però le note positive: la cooperazione con l’Unione Europea si è accompagnata ad un rilancio del programma di investimenti pubblici e di sfruttamento delle materie prime che ha portato il paese ad una crescita economica del 3,6% nel 2017 con una previsione del 3% nel 2018 e del 4,6% nel 2019. La Mauritania dunque, guarda al proprio futuro con moderato ottimismo, seppur nella consapevolezza che il cammino che porta all’uscita dal suo secolare isolamento è ancora lungo e costellato da ostacoli.
Alessandro Paglialunga
[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più. La Mauritania ha una popolazione omogeneamente ripartita tra arabi (30%), neri (30%), e individui di origine mista (40%). Ha un indice di sviluppo umano di gran lunga inferiore non solo ai Paesi arabi confinanti, ma addirittura a molti dell’Africa subsahariana. Circa il 45% della popolazione vive con meno di 2 dollari statunitensi al giorno. [/box]
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