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Il riavvicinamento russo-polacco dopo la seconda Katyn

Si apre una nuova era nei rapporti russo-polacchi? Dopo la strage di tre settimane fa, che ha decapitato i vertici politici della Polonia, Mosca e Varsavia sembrano essere più vicine. Motivazioni geopolitiche e ispirate dal realismo sono alla base di tali manovre diplomatiche.

Da "Lo Spazio della Politica"

Cracovia, 18 Aprile 2010. Atterra l’aereo del presidente russo Dimitri Medvedev, unico leader di un grande paese ad aver partecipato ai funerali di Stato del presidente polacco Lech Kaczynski e la moglie Maria. Medvedev è stato l’unico ad aver sfidato la nube di cenere vulcanica proveniente dall’Islanda, raggiungendo il luogo della cerimonia malgrado la chiusura dello spazio aereo polacco. Inizialmente, avrebbero dovuto partecipare ai funerali le delegazioni provenienti da 69 paesi e gli ambasciatori di altri 29, ma molti – compreso il presidente americano Barack Obama – sono stati costretti a rinunciare, rendendo ancora più forte e carica di simbolismo, la presenza del presidente della Federazione Russa.

Durante la funzione per Kaczyinski, Medvedev (nella foto in basso) ha scelto un atteggiamento molto compassato; ha voluto rispettosamente evitare un intervento commemorativo, è apparso visibilmente turbato e addolorato per il triste destino toccato all’ex-presidente polacco. Questo atteggiamento è stato ripreso dai media polacchi ed è stato recepito da gran parte della popolazione come un sincero gesto di vicinanza, volto alla riappacificazione di due popoli che per lungo tempo sono stati in contrapposizione. Nella diplomazia i simboli contano e contano molto. Katyn è stata la metafora centrale nei rapporti fra i due paesi slavi. La strage di Katyn da parte dei servizi russi fu ammessa dall’Unione Sovietica solo da Gorbacev e finora gran parte dei politici russi – pur ammettendo le responsabilità sovietiche – hanno rinunciato a scusarsi. . . Come mai, ancora oggi, la quasi totalità dell’elite russa non riesce a scusarsi per i crimini commessi durante il Stalinismo?

Katyn per la Russia, come il Patto Molotov-Ribbentrop, ricorda il ruolo ambiguo giocato dall’Unione Sovietica durante la Seconda Guerra Mondiale. Ma la “Grande Guerra Patriottica” è diventata dal 2005 in poi – soprattutto sotto la guida di Putin – il pilastro centrale della storiografia russa. In questa prospettiva, la Russia ha combattuto dalla “parte giusta”, sconfiggendo il fascismo, e liberando l’Europa. Il ricordo di Katyn disturba questa prospettiva ed attribuisce alla Russia una colpa in un contesto dove preferirebbe vedersi priva di macchie. In più il riferimento alla Grande Guerra Patriottica implica anche un approccio de facto apologetico verso Stalin.

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Qui il discorso ufficiale russo si trova in una situazione assai difficile. Da un lato ha bisogno di presentarsi come uno stato moderno e democratico (sia all’esterno ma in parte anche all’interno) che ha rotto col passato totalitario. D’altro canto propone una visione unitaria della storia russa e proietta la Seconda Guerra Mondiale come base dell’identità russa – ciò comporterebbe però anche digerire senza eccessivi scrupoli i crimini commessi da parte sovietica sotto la guida di Stalin.

L’ultimo ravvicinamento russo-polacco è intrecciato con questo dilemma russo. Inosservato dai media italiani, due giorni prima della tragedia di Kaczyinski, Putin e il premier polacco Tusk si erano incontrati, il 7 Aprile a Katyn, ufficialmente per concordare la commemorazione della “prima strage” avvenuta nella “maledetta Katyn”. Putin, riconobbe la colpa russa (pur non scusandosi esplicitamente in nome della Russia) parlando delle “menzogne ciniche” del passato e sottolineando che non ci possa essere “giustificazione per questi crimini”. In questo modo, il premier russo ha fatto un altro passo verso una moderata “Destalinizzazione conservatrice”, che mantiene i pilastri dell’identità storica della Russia ma che cerca di disfarsi delle implicazioni politiche più scomode. Per molti versi questo approccio somiglia alle politiche di Krushcev: non fu, l’Unione Sovietica a sbagliare – chi ha sbagliato è Stalin e solo Stalin.

Naturalmente il ravvicinamento non è stato solo simbolico, anzi, è fatto anche di questioni ben più materiali, come la partita sul gas e sulla politica di sicurezza. Nell’incontro del 7 Aprile, Putin e Tusk si erano –tra l’altro- incontrati per suggellare compromessi economici, e avevano raggiunto un importante accordo sulla fornitura di gas russo alla Polonia – fino al 2037 – accordo che aveva posto fine a mesi di dissapori e incomprensioni tra Mosca e Varsavia e aveva dato nuovo, inaspettato slancio alle relazioni bilaterali. Questo slancio è stato possibile anche grazie alla nuova politica estera targata Obama e alla rinuncia, da parte degli Stati Uniti, allo scudo ABM in Polonia (voluto fortemente da Kaczyinski).

Alla base del riavvicinamento dunque ci sono sia questioni economiche e politiche che simboliche. La disponibilità della televisione statale russa a mandare in onda il film del regista polacco Andrzej Wajda sulla strage “staliniana” a Katyn (prima nel canale tematico Kultura il 2 aprile e in seguito, il 20 aprile, anche sulla rete nazionale RTR) è forse l’emblema di un diverso approccio della Russia contemporanea alla storia del secolo scorso, che comunque rimane ambiguo e pieno di intrecci.

Philipp Casula e Fabio Mineo

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