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Il Pakistan e il suo labirinto

Elezioni costellate da attacchi terroristici con risultati discussi, l’arresto dell’ex presidente Pervez Musharraf, le crescenti tensioni con gli Stati Uniti, il vicino Afghanistan in una guerra decennale dalla quale l’ISAF si disimpegnerĂ  l’ anno prossimo… i pezzi che compongono il puzzle del Pakistan attuale delineano un autentico labirinto che pare offrire poche vie di uscita, tutte cariche di rischi. Se  consideriamo le varie componenti possiamo provare a comporre un quadro generale. Vediamo come.

 

ESITO ELETTORALE – L’11 maggio scorso si sono tenute le elezioni in Pakistan, nelle quali gli aventi diritto sono stati chiamati ad eleggere a suffragio universale diretto i 342 deputati dell’Assemblea Nazionale (Aiwan-e Zirin, Camera bassa) e 100 membri del Senato invece in modo indiretto. Le elezioni sono seguite alla fine del terzo governo targato PPP (Pakistan People’s Party), guidato da Asif al-Zardari, vedovo di Benazir Bhutto e noto per i suoi coinvolgimenti in tangenti e corruzione. L’ex-premier conservatore Nawaz Sharif è emerso come vincitore dalla competizione elettorale con la sua Pakistani Muslim League-N, partito islamico moderato radicato nel Punjab. Gli altri partiti protagonisti di queste elezioni sono stati il PPP, alleato con il PML (Q) (forza politica di centro, nazionalista), mentre sul fronte conservatore si è potuta osservare una saldatura tra il PML, il Sunni Tehreek e il PML (F); si è presentato anche il partito di centro PTI guidato dal carismatico ex campione di cricket Imran Khan, alleato con il JI (Jaamat al-Islami) e il Bawahalpur National Amawi Party.  Il clima elettorale è stato segnato dall’arresto dell’ex presidente Pervez Musharraf, tornato nel Paese dopo il suo esilio volontario a Londra; il 20 maggio le accuse nei suoi riguardi di non aver garantito la sicurezza dell’ex premier Benazir Bhutto sono però state respinte. Inoltre, la strada verso le elezioni è stata infiammata dalle violenze, dal momento che vari gruppi jihadisti operanti in Pakistan hanno lanciato una serie di attacchi contro i partiti candidati a guidare il Paese.

Imran Khan si è seduto all’opposizione emergendo come il grande sconfitto da questa tornata elettorale. Il successo di Sharif può essere invece interpretato partendo dalla sua intenzione di contrastare la crisi economica fino alla sua figura di leader influente, carismatico e di esperienza, anche se non sfuggono alcune ombre come l’ambigua relazione con alcuni gruppi del radicalismo islamico. Su Khan ha invece pesato, tra i vari elementi, l’esser visto come eccessivamente vicino agli interessi dell’ISI, i servizi segreti pachistani. Nonostante ciò, l’ex campione di cricket e il suo partito continuano a denunciare irregolaritĂ  e brogli occorse nelle ultime elezioni, influenzate anche dal terrore diffuso dagli attentati terroristici.

 

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Il grande sconfitto delle elezioni, l’ex giocatore di cricket Imran Khan

 

CRISI  ECONOMICA – La condizione economica del Pakistan è decisamente preoccupante, considerando la bassa crescita al 2,5% e un tasso di inflazione che ha raggiunto nel corso di questo anno il vertiginoso livello del 12%. Al momento il tasso di inflazione si aggira attorno al 7% e il deficit di bilancio del Paese segnala livelli sempre piĂą crescenti. Una situazione economica così drammatica rappresenta un perfetto humus per la crescita di movimenti estremisti nel territorio nazionale, in congiuntura con una crescente tensione sociale. Le rimesse dei pakistani all’estero rappresentano una delle poche leve per lo sviluppo del Paese, ma non possono chiaramente essere considerate sufficienti. Il prossimo governo del Pakistan dovrĂ  fronteggiare questa emergenza, legata non solo a fattori di sviluppo, ma anche a necessari miglioramenti nel sistema educativo. Un prestito del Fondo Monetario Internazionale appare quindi necessario in questa fase per il neo-eletto governo Sharif.

 

RELAZIONI CON GLI STATI UNITI – I rapporti tra Pakistan e Stati Uniti hanno vissuto una progressivo deterioramento negli ultimi anni. La cattura e l’uccisione di Bin Laden in territorio pakistano è stata vista come una gravissima violazione della sovranitĂ  nazionale del paese, ma ha anche esibito ulteriormente l’ambiguitĂ  dei rapporti tra l’ISI e forze come i Taliban. I bombardamenti mirati condotti da droni USA nelle zone confinanti con l’Afghanistan hanno causato numerose vittime civili, suscitando manifestazioni di protesta guidate da esponenti in vista della politica del paese, come lo stesso Imran Khan, e incrementando un sentimento anti-americano giĂ  in parte diffuso nella popolazione. Il Pakistan ha risposto bloccando i rifornimenti per l’Afghanistan diretti alla missione ISAF, aumentando le complicazioni per la missione che si concluderĂ  nel 2014. Anche in considerazione dei rapporti tra ISI e i Taliban, il ruolo del Pakistan sarebbe vitale e centrale in questa fase al fine di tentare una forma di pacificazione per il futuro Afghanistan, a patto che riesca a mantenersi come stato unitario dopo il 2014. Sharif, vista la necessitĂ  dei prestiti dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) e avendo giocato le elezioni sulla lotta alla crisi economica sta cercando di silenziare o ammorbidire voci eccessivamente anti-americane, favorendo, almeno nelle apparenze, un approccio piĂą aperto anche alla vicina India. Allo stesso tempo recentemente il neo-governo ha annunciato imponenti investimenti nel settore della Difesa. La ragione di tale mossa potrĂ  apparire piĂą chiara nei prossimi mesi, anche dal modo in cui il governo Sharif deciderĂ  di interagire con i gruppi dell’ islamismo radicale, con i quali in certi casi sono stati intrattenuti rapporti non solo da Esercito e ISI ma anche dai precedenti governi Sharif. La scelta del Presidente Obama di avviare un ripensamento riguardo l’utilizzo dei droni nella regione può esser concepito come un segnale di apertura da parte statunitense, ma resta da vedere se ciò accadrĂ  realmente.

 

SFIDA AI TALIBAN – Le operazioni militari condotte dal governo Musharaff prima e Zardari poi hanno rappresentato duri colpi per i jihadisti locali, ma le aree tribali del Paese sfuggono ancora alle maglie del controllo del governo centrale. Il gruppo piĂą problematico è certamente rappresentato dal Tehrik-e-Taliban-Pakistan (TTP), il movimento dei talebani pachistani, ostile ai militari e ai servizi segreti. L’ intento di questo gruppo è quello di realizzare un governo islamico basato sulla shari’a ed è stato al centro della maggior parte degli attentati dal 2007 (anno della sua fondazione) a oggi, oltre che maggiore protagonista della strategia della tensione sviluppata nelle recenti elezioni. Il TTP è inoltre al centro delle diffuse violenze settarie nel Paese contro gli sciiti, poichĂ© il suo intento principale non è semplicemente quello di trasformare il Pakistan in uno Stato islamico generico, ma piuttosto in una colonna dell’ islamismo sunnita. Vi sono poi altri gruppi, come ad esempio l’Haqqani Network, che militari e ISI continuano a vedere e considerare come un’utile pedina per svariati fini, tra i quali certo spiccano le manovre contro l’India. L’ambiguitĂ  dell’esercito e dei servizi segreti del Paese è apparsa a Washington come rilevante dato che proprio ad Abbottabad, ove Bin Laden era nascosto, ha sede un rilevante centro dell’esercito pakistano. Il ruolo di quest’ultimo, il sentimento popolare, i rapporti dei Servizi e lo sviluppo delle dinamiche con Washington rappresenteranno quattro elementi focali nella partita pakistana.

 

Angelo Boccato

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Lauree in Scienze Politiche (prima Culture e Diritti Umani a Bologna, poi Scienze del Lavoro a Milano),in mezzo una esperienza Erasmus a Dublino,  con una viscerale passione per la geopolitica, oltre che dell’economia internazionale. Contribuisco al Caffè Geopolitico per dare un piccolo contributo per una realtĂ  che aspira ad allargare i nostri orizzonti, necessitĂ  sempre maggiore in un mondo quanto mai interconnesso. Sogni nel cassetto? Diventare un giornalista semi-serio…

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