In 3 sorsi – Nuove criticitĂ sono emerse nel rapporto tra il presidente Farmajo, quale vertice dell’AutoritĂ centrale federale, e gli Stati membri, apertamente in contrasto con la sua politica estera
1. LE MOSSE DEL PRESIDENTE
Le tensioni accumulate negli ultimi mesi tra le Autorità federali di Mogadiscio e gli Stati Membri Federali, causate dalla divisione interna al blocco sunnita nel Golfo Persico (per un maggiore approfondimento, si rimanda a un precedente articolo), non accennano a diminuire, anzi le parti in campo sono decise a portare avanti le rispettive ragioni senza guardarsi indietro. Infatti, nel mese di aprile, il presidente Mohamed Abdullahi Mohamed “Farmajo” ha voluto dare diversi segnali circa la propria capacità di tenere le redini del Paese. Il primo ha avuto come destinatario Abu Dhabi: l’8 aprile alcuni membri delle forze di sicurezza governative somale hanno temporaneamente bloccato a terra un aereo civile emiratino con a bordo 47 membri delle forze di sicurezza e personale diplomatico, e poi hanno preso in custodia un’ingente somma di denaro, ben 9,5 milioni di dollari, presenti a bordo del velivolo. A nulla è servita la giustificazione fornita dall’ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti, presente all’aeroporto Aden Adde di Mogadiscio, secondo cui i fondi erano destinati al pagamento degli emolumenti di 2.407 soldati somali. La reazione della Monarchia del Golfo è arrivata a stretto giro di posta: il 15 aprile il Ministero degli Affari Esteri di Abu Dhabi, con un comunicato ufficiale, ha chiuso tutti i programmi di addestramento delle truppe somale in atto fin dal 2014. Inoltre, la struttura ospedaliera Sheikh Zayed Hospital, fondata dagli Emirati a Mogadiscio e che fornisce prestazioni mediche gratuite alla popolazione in difficoltà , ha sospeso qualsiasi attività fino a data da destinarsi.
Fig. 1 – Il presidente della Repubblica Federale Mohamed Abdullahi ‘Farmajo’
2. REAZIONI DEGLI STATI FEDERALI
Fuori Mogadiscio, però, la popolaritĂ del Presidente è fortemente influenzata soprattutto a causa dei forti contrasti in atto con gli Stati Federali, che continuano a incolparlo di non riuscire a proteggere la popolazione dagli attacchi di Al-Shabaab e di aver preso posizione nella disputa tra Qatar, Emirati e Arabia Saudita in maniera unilaterale, senza consultare gli Stati Federali. Questi aspetti hanno caratterizzato le tesi conclusive dell’Inter State Cooperation Conference, evento giunto alla sua seconda edizione, che si è tenuto a Baidoa, dove i Presidenti dei cinque Stati Federali – Puntland, Galmudug, HirShabelle, Southwest e Jubbaland – si sono incontrati per discutere delle recenti problematiche sorte con il Governo centrale. Oltre alle sopraccitate motivazioni, i rapporti tra le rappresentanze degli Stati Regionali e Mogadiscio non sono propriamente idilliaci, a causa, principalmente, delle pesanti interferenze nelle questioni locali denunciate dai primi nei confronti dell’establishment governativo.
Fig. 2 – Il presidente dello Stato del Jubaland Ahmed Mohamed Islam, che è in aperto contrasto con il capo di Stato Farmaajo
3. LE INGERENZE GOVERNATIVE
Le accuse riguarderebbero i casi di dimissioni avvenuti dietro forti pressioni del Governo federale – come sembra sia successo per l’ex presidente dello Stato dell’Hirshabelle Ali Abdullahi Osoble, congedatosi nell’agosto 2017 – e di campagne governative a sostegno di politici locali in aperto contrasto con i vertici degli Stati Federali – il riferimento è alla creazione a Mogadiscio di una coalizione di opposizione guidata dall’ex ministro delle Telecomunicazioni, Abdullahi Ciilmoge Hersi, contro il presidente Ahmed Mohamed Islam dello Stato Federale del Jubbaland. In conclusione, la frattura tra Governo centrale e Stati federali dovrĂ essere ricomposta per il bene del Paese, anche se, date le ingenti influenze extra-nazionali alle quali sono soggette le parti, i tempi per la riconciliazione potrebbero essere piĂą lunghi del previsto. Un’ottima occasione per smentire tali timori potrebbe essere rappresentata dal processo di revisione costituzionale indispensabile per le elezioni “one person one vote” programmate per il 2020, con le due parti in causa che dovranno sedersi intorno a un tavolo e dialogare nel breve periodo. A tal proposito potrebbe essere utile un intervento diplomatico dell’Italia, data la comprovata neutralitĂ nella questione e il rapporto di fiducia di cui gode con le AutoritĂ somale.
Giulio Giomi