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Gli ultimi mesi in Somalia – Parte II

In 3 sorsi – La linea politica del presidente Farmaajo continua tra un nuovo cambio all’interno dell’Esecutivo Federale e la soluzione dello stallo politico con Jawari. Contemporaneamente al-Shabaab continua a uccidere in Somalia, mostrando come atto di mera propaganda anche il proprio lato ‘green’.

Qui la prima parte dell’articolo.

1. NUOVA RIMOZIONE ALL’INTERNO DELL’ESECUTIVO

Un nuovo cambiamento è stato apportato all’Esecutivo Federale in Somalia e si tratta della destituzione del ministro per gli Affari religiosi Hassan Moalim Hussein, esautorato dal primo ministro Hassan Ali Khaire dopo soli due mesi dalla nomina. Le motivazioni non sono state ufficialmente rese note, ma fonti locali puntano su due aspetti: il primo riguarderebbe l’incapacità dell’oramai ex ministro nel favorire la concorrenza tra agenzie impegnate nell’organizzazione dell’Haji, il pellegrinaggio alla Mecca, lasciando così campo libero agli enti sauditi considerati più cari e poco efficienti. La seconda motivazione verterebbe sull’inadeguatezza di Hassan Moalim Hussein nel portare avanti la nuova politica governativa in materia religiosa, basata su una maggiore collaborazione tra i leader religiosi e il Governo per contrastare Al-Shabaab. In particolare, le Autorità di Mogadiscio vorrebbero far leva sui valori, i dettami e le convinzioni religiose per contrastare le tecniche di reclutamento “non forzato” che il gruppo salafita attua specialmente verso i giovani. L’ennesimo allontanamento, precisamente l’ottavo ministro dell’Esecutivo Federale destituito dall’avvento del Governo Khaire, dimostra come ancora una volta il presidente Mohamed Abdullahi Mohamed Faramaajo, ideatore di ogni decisione politica, prosegua spedito verso i propri obiettivi principali senza guardarsi indietro: sconfiggere Al-Shabaab creando un esercito all’altezza e porre fine alla corruzione.

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Fig. 1 – Il primo ministro somalo Hassan Ali Khair

2. IL CASO JAWARI

Oltre a questa decisione, il presidente Farmaajo ha mostrato la propria risolutezza anche in un altro episodio la cui soluzione ha inciso non poco sulla politica interna somala: la crisi tra lo speaker della Camera Bassa del Parlamento Mohamed Osman Jawari e il Governo Federale che per tutto il mese di aprile ha causato un pericoloso corto circuito istituzionale nel Paese. Lo scontro, combattuto con mozioni di sfiducia trasversali, sarebbe divampato per questioni attinenti alla gestione del potere. Jawari non voleva essere considerato un mero esecutore delle decisioni prese dall’Esecutivo Federale, mentre quest’ultimo, rappresentato dal primo ministro Khaire, a sua volta supportato dal presidente Farmaajo, non voleva accettare limitazioni, soprattutto se provenienti da un personaggio politico così “ingombrante” come lo speaker. A ciò si aggiunge il fatto che Jawari è un politico di lungo corso, in carica dal 2012, ed è anche uno dei pochi che parla correntemente l’italiano. L’impasse politica, che ha rischiato di tramutarsi in scontro armato tra milizie, è stata superata anche grazie alla mediazione dell’Unione Africana, dopo un colloquio diretto tra Farmaajo e il Presidente della Camera Bassa del Parlamento, il quale per evitare la pubblica umiliazione della sfiducia parlamentare ha deciso di dimettersi autonomamente. Al suo posto è stato nominato l’ex ministro della Difesa Mohamed Abdirahman Mursal.

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Fig. 2 – Ciò che rimane di un palazzo nelle vicinanze di Villa Somalia dopo l’attentato rivendicato da Al-Shabaab il 14 luglio 2018

3. AL-SHABAAB TRA NUOVI ATTACCHI E PROPAGANDA

Sullo sfondo del panorama politico somalo rimane però la costante minaccia alla sicurezza dichiarata da Al-Shabaab. Infatti da gennaio 2018 a oggi il gruppo terroristico ha portato a termine almeno 69 attacchi sul suolo somalo, ricorrendo non solo agli esplosivi – VBIED (Vehicle-Borne Improvised Explosive Device), IED (Improvised Explosive Device) e PBIED (Person-Borne Improvised Explosive Device), – ma anche attraverso l’eliminazione dei vertici politico-militari e dei giornalisti. Il bilancio di questi ultimi cinque mesi di terrore conta oltre 400 morti e 260 feriti tra civili e personale di sicurezza nazionale e straniero. Per alcuni analisti una tale scia di violenza nasconderebbe una crisi interna al gruppo terroristico, da una parte falcidiato dalle defezioni di diversi luogotenenti, “redenti” dal denaro offerto loro dal Governo; dall’altra, dilaniato dalle lotte interne per la successione del leader Ahmad Umar che, sempre secondo i report, verserebbe in fin di vita. Inoltre, sempre secondo coloro che sostengono la tesi dei combattenti in difficoltà, Al Shabaab avrebbe provato a rivitalizzare la sua immagine con due operazioni di propaganda. La prima consisterebbe nella svolta pro-ambiente realizzata attraverso un appello su Radio Andalus, con il quale si vietava l’ utilizzo delle buste monouso di plastica, che costituirebbero una minaccia per gli esseri umani e gli animali. La seconda operazione riguarda l’inconsueto silenzio di Al-Shabaab sulla possibilità di visionare le partite del Mondiale di calcio in Russia. Infatti nelle scorse edizioni del 2010 e 2014 diversi attacchi, rivendicati dal gruppo salafita, avevano colpito tifosi impegnati a seguire le partite della rassegna mondiale. La decisione di non emettere nessuna proibizione potrebbe essere un modo per rinvigorire la popolarità di Al-Shabaab tra gli adolescenti.

Giulio Giomi

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Giulio Giomi
Giulio Giomi

Nato a Livorno nel 1988, mi sono laureato in Relazioni Internazionali presso l’Università LUISS di Roma. Precedentemente, ho ottenuto la laurea triennale in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l’Università di Pisa. Sono stato uno stagista presso il NATO Defense College e l’HQ della FAO. Quando non mi occupo di geopolitica, mi dedico alle altre mie due passioni: viaggi e calcio.

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