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Senza ri-Morsi

Il presidente egiziano Morsi è stato destituito al termine dell’ultimatum lanciato dalle Forze Armate e adesso si trova sotto sorveglianza. Contemporaneamente sono stati condotti agli arresti i vertici della Fratellanza Musulmana. Il nuovo capo dello Stato ad interim è il primo giudice della Corte Costituzionale, garante del percorso guidato dall’esercito: sospesa temporaneamente la Carta, l’obiettivo è giungere a elezioni anticipate.

 

«MORSI GAME OVER» – Ieri alle 16,30 è scaduto l’ultimatum che le Forze Armate egiziane avevano imposto al presidente Morsi, affinché egli si decidesse a rassegnare le dimissioni. Già un’ora prima, alcuni carri armati avevano circondato la sede della televisione di Stato, mentre i vertici militari si erano riuniti in colloqui con i capi dell’opposizione e le autorità religiose, compresi il grande imam di al-Azhar, Ahmed el-Tayyeb, e il papa copto Teodoro II di Alessandria. Nel tardo pomeriggio le informazioni erano piuttosto confuse, poiché non era ben chiaro che cosa stesse accadendo al Cairo: in un primo momento, infatti, un’emittente indipendente aveva annunciato l’arresto di Morsi, quindi è giunta la comunicazione ufficiale che il Presidente avesse soltanto un divieto d’espatrio e che fosse sorvegliato per ragioni di sicurezza. Nella notte, infine, è arrivato l’aggiornamento: Morsi è stato destituito e attualmente è trattenuto presso il ministero della Difesa, pur essendo apparso in un video nel quale invita il popolo a difendere la legittimità del suo mandato. L’esercito avrebbe proceduto all’arresto di alcuni esponenti illustri della Fratellanza Musulmana e della loro rappresentanza parlamentare, ma sarebbero stati già emessi circa trecento ordini di cattura anche nei confronti dei membri di altri partiti islamisti. Da segnalare, inoltre, che i militari abbiano posto sotto controllo la stessa redazione di Al-Jazeera, ritenuta vicina alla Fratellanza. Nella notte si segnalano scontri in diverse zone del Paese, ma soprattutto ad Alessandria, dove ci sarebbero almeno 10 morti.

 

LA ROAD MAP – Mentre in piazza Tahrir i manifestanti festeggiavano con fuochi d’artificio la destituzione di Morsi, al-Sissi, comandante delle Forze Armate egiziane, ha comunicato alla televisione i punti del “percorso guidato”: la Costituzione è momentaneamente sospesa; Adli Mansour, primo giudice della Corte Costituzionale, sarà Presidente ad interim; il Governo sarà composto da tecnici; il compito delle Istituzioni di transizione sarà giungere quanto prima a elezioni anticipate con una nuova Carta. El-Baradei, premio Nobel e rappresentante del fronte delle opposizioni a Morsi, ha confermato che la road map mirerà alla conciliazione nazionale, ossia a quanto il portavoce di Tamarrud, Badr, ha definito «la rivoluzione per pane, libertà e dignità».

 

LE INCERTEZZE SULLA NUOVA TRANSIZIONE – Sul futuro dell’Egitto nel breve periodo restano alcune incognite. Innanzitutto, quali siano le intenzioni di Morsi e dei suoi sostenitori. I vertici della Fratellanza Musulmana potrebbero essere completamente annientati entro poche ore, ma nel Paese restano sempre molto gruppi, anche dell’estremismo islamico, contrari al colpo di Stato. Per esempio, Mohamed al-Zawahiri, fratello di Ayman, la guida di al-Qaida, ha comunicato ai membri della propria fazione di non esitare a combattere «il complotto ordito dagli Stati Uniti e dai loro agenti» e a convincere i ribelli che alla fine saranno sconfitti, pur affermando di non voler «caos, disordine e sedizione». Riguardo alla reazione di Washington, dopo un lungo silenzio, Obama ha invitato le Forze Armate egiziane alla moderazione e alla responsabilità, mentre Leahy, Presidente della commissione del Senato sugli aiuti internazionali, ha sostenuto la necessità di interrompere i contributi all’Egitto (circa $1,5 miliardi) fino a nuova valutazione. Se è difficile prevedere la reazione di Morsi, allo stesso modo non è chiaro quanto il fronte eterogeneo rappresentato da el-Baradei possa mantenere l’unità, né quanto sia sottoposto alla volontà dell’esercito, che, al momento, è l’unico attore capace di dettare tempi e modi della transizione. Un segnale importante, però, sarebbe cominciare a ripristinare la legalità proprio dalla sanzione dei gravi crimini commessi durante le proteste: secondo Human Rights Watch, infatti, almeno 91 donne sarebbero state molestate e violentate in totale impunità in piazza Tahrir, un numero al quale devono essere aggiunte le cifre di altre organizzazioni egiziane.

 

Beniamino Franceschini

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Beniamino Franceschini
Beniamino Franceschini

Classe 1986, vivo sulla Costa degli Etruschi, in Toscana. Laureato in Studi Internazionali all’UniversitĂ  di Pisa, sono docente di Geopolitica presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici di Pisa. Mi occupo come libero professionista di analisi politica (con focus sull’Africa subsahariana), formazione e consulenza aziendale. Sono vicepresidente del Caffè Geopolitico e coordinatore del desk Africa.

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