In 3 sorsi – Le elezioni in Svezia hanno visto una contenuta avanzata dell’estrema destra nell’ex paradiso della socialdemocrazia europea. Lo scenario politico locale si complica, mentre l’Unione Europea tira un (mezzo) sospiro di sollievo. Ma alle elezioni europee di maggio sarà battaglia.
1. IL VOTO
Domenica 9 settembre gli elettori della Svezia sono stati chiamati a rinnovare il Parlamento locale, il Riksdag. Le urne hanno prodotto una situazione di stallo: le variegate coalizioni di centrodestra e centrosinistra (quest’ultimo guidato dai socialdemocratici, primo partito, ma in calo) si sono aggiudicati ciascuno circa il 40% dei voti a testa. Soprattutto, Sverigedemokraterna (SD, i “Democratici svedesi”, partito di estrema destra che ha basato la propria campagna elettorale sull’ostilità all’immigrazione e all’Unione Europea) ha conquistato il 17,6% dei voti. Per SD si tratta di un risultato storico, sebbene al di sotto delle aspettative suscitate dai sondaggi dei mesi precedenti, che parevano proiettare il partito guidato da Jimmie Åkesson al secondo posto o, addirittura, alla prima posizione.
Fig. 1 – Jimmie Åkesson, leader di Sverigedemokraterna
2. LA POSTA IN GIOCO (PER LA SVEZIA E PER L’EUROPA)
La politica svedese per quasi un secolo è stata dominata dai socialdemocratici. Basti pensare che, nel periodo fra il 1917 e il 2018, il Partito socialdemocratico svedese è stato quasi ininterrottamente al Governo. La Svezia è il Paese simbolo della socialdemocrazia europea e del welfare State. Eppure, negli ultimi anni qualcosa è cambiato. Non solo il sistema del welfare si è alla lunga dimostrato difficile e costoso da mantenere (sebbene abbia retto e continui a reggere meglio che nella maggior parte degli altri Paesi europei), ma l’ingente afflusso di immigrati e la crisi dei rifugiati deflagrata nel 2015 hanno spinto una buona parte dell’opinione pubblica verso SD. La Svezia è, in effetti, un Paese che ha accolto numerosi immigrati e rifugiati negli ultimi decenni: ad esempio, dal 2011 ben 100mila siriani hanno trovato rifugio nel Paese scandinavo. Questo scenario ha reso la Svezia il luogo perfetto per mettere in scena l’ultimo (per ora) duello elettorale tra due fronti: i “globalisti” e i “sovranisti”.
Fig. 2 – Il dibattito sull’immigrazione negli ultimi anni ha assunto un ruolo centrale nei Paesi dell’Unione Europea
3. E ADESSO?
L’avanzata di SD è stata per ora contenuta, ma queste elezioni consacrano l’estrema destra svedese come terzo polo in uno scenario politico che rimane complicato, visto che, per governare, ognuna delle tre forze avrebbe bisogno di un’alleanza (o dell’astensione) di almeno un’altra. Le alternative sono sostanzialmente due: una grande coalizione, o comunque un’intesa, tra centrodestra e centrosinistra, oppure un Governo di centrodestra appoggiato esternamente da SD (partito che, però, rimane indigeribile per la maggioranza degli elettori). Più in generale, il voto svedese è l’ultimo sintomo di una tendenza che sta dominando la politica europea da alcuni anni: ogni voto finisce per essere vissuto come un referendum sull’immigrazione e sull’appartenenza all’Unione Europea. È stato così per Brexit e per le elezioni olandesi, francesi, tedesche, austriache e italiane. I verdetti di questi appuntamenti elettorali sono stati contrastanti. Tuttavia, l’attenzione con la quale è stato seguito a livello europeo il voto svedese (il voto, cioè, di un Paese che totalizza appena 10 milioni di abitanti, che si è sempre tenuto defilato a Bruxelles e che non fa nemmeno parte dell’Eurozona) dimostra come la lotta tra europeisti e antieuropeisti (o, in termini più generali, tra sovranisti e globalisti) sia tutt’altro che decisa, in un senso o nell’altro. Superate le elezioni svedesi, si guarda già all’appuntamento campale del prossimo maggio, quando, in quella che si preannuncia essere la (ennesima) “madre di tutte le battaglie”, le elezioni europee potrebbero cancellare lo strapotere popolare e socialdemocratico nelle Istituzioni europee, a cominciare dal Parlamento. Ogni elezione si trasforma quindi in una lacerante sfida tra due fronti, che spesso si chiude con un esito incerto e non definitivo. Difficile dire se questa tendenza porterà infine allo sfaldamento dell’Unione Europea, sbocco temuto da alcuni e apertamente auspicato da altri. Sicuramente, per ora, sembra aver portato alla sua paralisi.
Davide Lorenzini
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