Analisi – A meno di un mese dall’imponente parata militare in Piazza Kim Il-sung, Kim Jong-un ha ammesso la diffusione della Covid-19 nel Paese. L’epidemia pone il regime nordcoreano di fronte alla più concreta minaccia per la sua esistenza dalla grande carestia degli anni Novanta.
UNA DIVINITÀ CON LA MASCHERINA CHIRURGICA
Per la prima volta con mascherina, Kim Jong-Un ha presieduto il 12 maggio una riunione del Comitato Centrale del Partito dei Lavoratori di Corea per delineare la strategia nazionale di risposta all’incremento del numero di contagi da Covid-19 nel Paese. A oltre due anni dall’inizio della pandemia anche la fortezza nordcoreana è espugnata dal coronavirus e il Supremo Leader ha preferito rinunciare a quell’aura divina che da sempre permea il culto della famiglia Kim all’interno del Paese, mostrando un’immagine maggiormente austera a rimarcare la massima gravità della crisi sanitaria in atto.
È stato decretato un lockdown nazionale per tentare di contenere il dilagare del virus, aumentando inoltre i controlli alle frontiere per evitare la diffusione di ulteriori varianti. Il Comitato Centrale ha anche disposto le linee guida per evitare la paralisi del sistema produttivo del Paese: un piano in cui i lavoratori possano continuare le loro mansioni, ma in un contesto fortemente monitorato in modo da garantire un distanziamento fisico al fine di prevenire i contagi. La nota stampa rilasciata a seguito della conferenza non spiega come il virus possa essersi diffuso in territorio nordcoreano. Sono state fatte diverse ipotesi al riguardo. Dopo la chiusura delle frontiere nel 2020, Pyongyang ha concesso all’inizio dell’anno corrente l’ingresso ai treni merci provenienti dalla Cina con i beni di cui più aveva bisogno.
Nonostante tali ingressi siano stati nuovamente interrotti dopo l’insorgenza di nuovi focolai nelle grandi città cinesi, essi potrebbero avere diffuso il contagio dalla Cina alla penisola coreana. Un’altra ipotesi è quella della parata militare di aprile, quando decine di migliaia di cittadini hanno partecipato al grande spettacolo notturno senza mascherine e distanziamento, favorendo probabilmente il diffondersi dei contagi.
La strategia enunciata dal leader è volta principalmente a contenere l’epidemia e superare così l’attuale fase emergenziale. La direzione indicata dal regime, tuttavia, mostra già contraddizioni, senza nessun piano di vaccinazione nazionale e con un sistema sanitario carente.
Fig. 1 – Due operatori sanitari spruzzano disinfettante in un centro commerciale di Pyongyang, ottobre 2021
UN SISTEMA SANITARIO NON ADEGUATO
Le notizie che giungono dalla Corea del Nord sono, come spesso accade, frammentarie. Tra sabato 14 e domenica 15 maggio le Autorità hanno annunciato 41 decessi e 174.400 persone monitorate con sintomi di febbre, confermando un trend positivo dei contagi. I dati complessivi rilasciati dalla Korean Central News Agency (KCNA) parlano quindi di 524.440 persone che hanno mostrato sintomi di febbre tra fine aprile e la seconda settimana di maggio, di cui 243.630 guariti, mentre altri 280.810 sarebbero ancora in fase di cura. In questo quadro infettivologico molto grave il sistema di tracciamento dei contagi è indubbiamente carente, con uno stoccaggio di test di screening della popolazione insufficiente, e lo stesso Kim ha affermato durante l’incontro col Comitato Centrale che l’attuale crisi è stata causata dalla “incompetenza e irresponsabilità del quadro dirigente del Partito”.
Lo scoppio dell’epidemia nel Paese pone così le basi per una crisi umanitaria di portata straordinaria per la società nordcoreana: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, assieme all’Eritrea, la Corea del Nord è infatti l’unico Stato a non aver avviato una campagna vaccinale dall’inizio della pandemia. In passato il regime ha rifiutato ogni proposta di aiuto da parte di altri Stati, ma oggi la necessità di macchinari, farmaci antivirali e, soprattutto, vaccini potrebbe spingere Pyongyang a rivedere le proprie posizioni. Tuttavia le recenti offerte di vaccini e aiuti della Corea del Sud sono rimaste senza risposta.
Sebbene possa vantare un alto numero di medici specializzati e una forte capacità di dispiegamento grazie alla sua struttura centralizzata, il sistema sanitario nordcoreano soffre di gravi carenze. Le apparecchiature all’interno dei presidi sanitari territoriali delle contee sarebbero obsolete e non sufficienti, non disponendo neppure di antidolorifici e disinfettanti, come denunciato dal ministro sudcoreano Kwon Young-se. Le Autorità nordcoreane hanno decretato l’utilizzo di ogni risorsa sanitaria del Paese e sembra che stiano persino mobilitando le risorse emergenziali del settore militare. Nelle aree rurali, poi, sono segnalate ulteriori gravi carenze sul versante delle infrastrutture e della rete idrica.
Fig. 2 – Una piazza di Pyongyang deserta dopo l’annuncio del lockdown da parte del Governo, maggio 2022
UNA SERIA MINACCIA PER IL REGIME
Nonostante gli annunci del regime, le misure approntate dal Comitato Centrale potrebbero non essere sufficienti al contenimento del virus. Senza un piano vaccinale strutturato la diffusione del virus potrebbe tradursi nello sviluppo di nuove varianti potenzialmente più mortali. In questo contesto, l’aumento dei contagi da Covid-19 pone una minaccia vitale alla tenuta del regime, pari soltanto a quella della grade carestia degli anni Novanta.
Kim tenta di mantenere saldo il proprio potere con nuovi annunci di propaganda, ma il malcontento popolare provocato dalla comparsa del virus nel Paese potrebbe portare a manifestazioni di protesta contro il Governo. Per scongiurare che la catastrofe sanitaria si trasformi in cataclisma politico, Kim ha chiesto ai funzionari del proprio partito di guardare alla Cina e alla sua politica “Zero Covid” per affrontare l’imprevista emergenza sanitaria. Intanto il portavoce del Ministero degli Esteri cinese, Zhao Lijian, ha ribadito pubblicamente il sostegno di Pechino nei confronti di un popolo “fratello, vicino e amico”, offrendo a Pyongyang materiale medico-chirurgico, farmaci, macchinari, ma anche l’invio di medici e epidemiologi in supporto al personale sanitario nordcoreano.
Il fatto che Pechino abbia ribadito la propria amicizia è certamente una buona notizia per il regime di Kim Jong-un: il Governo nordcoreano continua infatti a rifiutare ogni aiuto da altri Paesi che non siano la Cina, vedendo nel suo modello isolazionista un disegno maggiormente affine al proprio contesto politico. Tuttavia la riproposizione di una politica Zero Covid in Corea del Nord potrebbe non essere un’opzione realmente percorribile per il regime. Reduce dalla grande carestia degli anni ’Novanta, il sistema di razionamento nordcoreano non è mai stato in grado di sfamare la propria popolazione già in tempi di relativa normalità, costringendo i cittadini a escogitare metodi alternativi per sostentarsi. Se i nordcoreani dovessero quindi essere sottoposti a un sistema di controllo come quello proposto e sostenuto con estrema difficoltà dalle Autorità cinesi, il Governo rischierebbe di non essere in grado di provvedere ai bisogni basilari di ogni cittadino. Il New York Times evidenzia, infatti, quanto Pyongyang stia, per ovvie ragioni di necessità, apportando numerose correzioni al modello Zero Covid di Pechino. Ordinando la quarantena per tutte le città e contee, il Governo ha comunque esortato queste a organizzare il lavoro e la produzione in conformità alle nuove disposizioni sanitarie. Nonostante il divieto ufficiale di traffico tra città e contee, alcuni informatori della testata giapponese Asia Press riferiscono infatti che i lavoratori sono autorizzati comunque a muoversi all’interno dei rispettivi distretti per raggiungere fabbriche e fattorie, garantendone così l’attività.
Sembra che la Corea del Nord stia vivendo oggi quello che la maggior parte dei Paesi del mondo ha sperimentato nel 2020. L’epidemia si sta diffondendo rapidamente tra la popolazione non vaccinata, lasciando così possibilità limitate alle Autorità per scongiurare la catastrofe.
Fig. 3 – Biden e il Presidente sudcoreano Yoon durante il loro incontro a Seoul, 21 maggio 2022
BIDEN A SEOUL
Mentre Kim Jong-un affronta la diffusione incontrollata del virus, il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden è volato per la prima volta in Giappone e Corea del Sud, i due Paesi tradizionalmente alleati degli Stati Uniti nel Pacifico. Il programma istituzionale del viaggio ha visto un incontro con il nuovo Presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol e con il premier giapponese Fumio Kishida e la riunione del Quad.
Durante una conferenza stampa a Seoul, avvenuta nei primi giorni del viaggio, il Presidente Biden ha affermato che gli Stati Uniti si erano offerti di esportare vaccini verso la Corea del Nord, ma che le Autorità diplomatiche nordcoreane hanno ignorato l’offerta. Successivamente all’incontro ufficiale tra Biden e Yoon, Seoul e Washington hanno ribadito la volontà congiunta di “facilitare la fornitura di aiuti umanitari ai cittadini nordcoreani più vulnerabili”.
Tuttavia, malgrado le offerte di aiuto umanitario, gli Stati Uniti sono tutt’altro che bendisposti nei confronti di Pyongyang. Nella nota ufficiale rilasciata dalla Casa Bianca al termine dell’incontro con il Presidente Yoon, la questione dal programma nucleare della Corea del Nord viene menzionata numerose volte come “grave minaccia” alla pace regionale e internazionale. Uniti nella condanna dei test missilistici intrapresi dalla Corea del Nord, Biden e Yoon hanno ribadito la necessità del regime nordcoreano di rispettare quanto stabilito in sede di Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e di abbandonare il proprio programma di costruzione di armi di distruzione di massa e di missili balistici intercontinentali.
Biden ha anche affermato che la Casa Bianca è pronta a qualsiasi scenario si possa prefigurare sulla penisola coreana e che ormai da sette decenni le forze militari di Stati Uniti e Corea del Sud lavorano fianco a fianco per garantire la pace e la stabilità dell’area. Sollecitato da alcuni giornalisti sulla possibilità di un incontro con Kim, Biden ha affermato che questo dipenderà “dalla serietà e dall’onestà” che Kim dimostrerà nei tempi a venire. Parole ferme e distanti, che testimoniano quanto la tensione con Pyongyang sia aumentata rispetto all’illusorio periodo di riavvicinamento diplomatico promosso dall’Amministrazione Trump.
Dopo la Corea del Sud, Biden si è recato a Tokyo per incontrare Kishida e gli altri leader del Quad. Lo scopo del viaggio è stato delineato chiaramente dal Consigliere per la Sicurezza Nazionale, Jake Sullivan: dimostrare quanto sia vincente “la visione di come il mondo può funzionare quando le democrazie si mettono insieme a costruirne l’architettura”.
Enrico Bruni
Photo by peteranta is licensed under CC BY-NC-SA