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Il Libano dopo le elezioni: quel ponte da Beirut a Teheran

In 3 sorsi – Con le elezioni parlamentari in Libano, Hezbollah e la sua coalizione hanno ottenuto la maggioranza dei seggi. Sul piano politico interno questo ha provocato uno stallo che il primo ministro Saad Hariri non è ancora riuscito a gestire. Qual è il significato di questa vittoria nel contesto regionale?

1. LE ELEZIONI DEL 6 MAGGIO

Il 6 maggio scorso, dopo circa nove anni, i libanesi sono tornati alle urne per esprimere il proprio voto alle elezioni parlamentari, con una nuova legge elettorale su base proporzionale (e non più maggioritaria) approvata nel 2017. I risultati hanno confermato lo status quo: le élite che da sempre dominano la scena politica libanese sono ritornate al potere. Ciò è stato possibile anche a causa della legge elettorale, la quale prevede una soglia di sbarramento del 10%, a danno delle forze politiche emergenti che hanno concorso contro i partiti tradizionali. L’affluenza alle urne è stata del 49%, inferiore rispetto alle ultime elezioni del 2009, in occasione delle quali la partecipazione raggiunse il 54%. Questo dato fa emergere la sfiducia della popolazione nel sistema politico e in un Parlamento che dal 2013 ha rinnovato incostituzionalmente il proprio mandato. Eppure una novità c’è stata: è cresciuto il sostegno alla coalizione di Hezbollah, il quale ha ottenuto la maggioranza dei seggi in Parlamento, mentre è calato il supporto a quella del primo ministro sunnita Saad Hariri, la cui carica è stata comunque riconfermata. A lui è stato affidato il compito di formare il Governo e, a quasi quattro mesi dalle elezioni, il Libano attraversa un momento di stallo politico. Nel tentativo di rispettare i risultati elettorali, ma allo stesso tempo contenere le preoccupazioni occidentali e saudite sul peso politico che il partito filo-iraniano potrebbe avere, Hariri sembra essere riuscito a trovare un compromesso presentando al presidente Michel Aoun, lo scorso 3 settembre, il nuovo assetto di Governo.

Fig. 1 – Moschea di Beirut (Mohammad Al-Amin Mosque) e corteo di manifestanti (maggio 2018) | © Altea Pericoli

2. LE FORZE POLITICHE IN GIOCO

Hezbollah, insieme a gruppi politici e personalità coalizzate con il partito, ha ottenuto 70 seggi su 128. Ma quali sono queste forze politiche?

Hezbollah ha ottenuto 12 seggi. Si tratta di un’organizzazione politica e militare sciita (letteralmente Hizb Allah significa “Partito di Dio”), nata nel 1982 grazie al sostegno dell’Iran durante l’occupazione israeliana del Libano meridionale e solo successivamente diventata un partito. Dal 1992 il suo segretario generale è Hassan Nasrallah.
Amal Movement, il movimento sciita guidato dal presidente del Parlamento Nabih Berri ha ottenuto 13 seggi. È allineato con le posizioni politiche di Hezbollah sin dalla fine della guerra civile libanese e ha sempre avuto legami con il Governo siriano.
• Piccoli partiti alleati con Hezbollah hanno ottenuto 14 seggi, tra cui: il Maronite Christian Marada party, il Syrian Socialist Nationalist Party, il Baath Party, l’Armenian Tashnag e il Druze Lebanese Democratic Party.
• Personalità indipendenti coalizzate con Hezbollah e Amal hanno ottenuto 11 seggi. Tra queste c’è Jamil al-Sayyed, generale sciita amico di Assad.
Il Movimento Patriottico Libero (FPM) ha ottenuto 20 seggi. L’FPM, fondato dal presidente cristiano maronita Michel Aoun, è alleato con Hezbollah dal 2006 ed è la più grande forza politica cristiana presente in Parlamento. Questa alleanza ha permesso ad Aoun di diventare Presidente nel 2016.

Quali sono invece le altre forze presenti nella scena politica libanese? Principalmente ci sono due forze opposte a Hezbollah e alla sua coalizione:

Future Movement, il partito guidato dal primo ministro sunnita Hariri, ha ottenuto 20 seggi, perdendone circa un terzo rispetto alle precedenti elezioni.
Lebanese Forces, partito guidato dal cristiano maronita Samir Geagea, ha ottenuto 15 seggi. Si tratta di un partito che ha criticato fortemente l’intervento di Hezbollah nella guerra civile siriana e che insieme al partito di Hariri chiede il suo disarmo.

Fig. 2 – Manifestazione a Beirut dopo i risultati elettorali (maggio 2018) | © Altea Pericoli

3. LA VITTORIA DI HEZBOLLAH NEL CONTESTO REGIONALE

Analizzare le coalizioni e le forze presenti sulla scena politica libanese permette di comprendere le posizioni assunte dal Paese, soprattutto in termini di politica estera, ora che Hezbollah e i suoi alleati hanno ottenuto la maggioranza.
Il 19 settembre Nasrallah ha dichiarato che la presenza militare di Hezbollah nel territorio siriano continuerà a sostegno del regime di Assad. La milizia di Hezbollah fornisce un supporto militare sin dal 2013, in linea con le posizioni assunte dall’Iran e dalla Russia. La decisione è stata presa in seguito al patto tra Mosca e Ankara circa la demilitarizzazione della zona di Idlib. Inoltre, in accordo con il Governo centrale e con Assad, Hezbollah organizzerà il rimpatrio dei profughi siriani in quelle zone controllate dal regime, con un duplice obiettivo: favorire la lenta ricostruzione della Siria e alleggerire il Libano dal peso dei rifugiati siriani fuggiti dalla guerra civile.
Ma c’è di più. Gli interessi di Hezbollah non sono rivolti solo alla Siria, bensì anche allo Yemen. Ne è una prova l’incontro avvenuto in agosto tra Nasrallah e il portavoce delle milizie Houthi, Mohammed Abdul Salam. La milizia sciita Houthi riceve armi e appoggio militare da parte dell’Iran sin dall’inizio della guerra civile yemenita e anche il coinvolgimento di Hezbollah non è una novità, dal momento che guerriglieri delle sue milizie erano stati trovati in Yemen. L’incontro tra Nasrallah e Houthi si inserisce nel disegno geopolitico iraniano, in quel tentativo di creare l’Asse della Resistenza che tocca il Libano, la Siria di Assad, ma anche lo Yemen e l’Iraq. Quel ponte tra Beirut e Teheran che porta a un rafforzamento dell’influenza della Repubblica islamica nella regione mediorientale e che preoccupa il vicino Israele, l’Arabia Saudita e gli Stati Uniti.

Altea Pericoli

 

Foto di copertina. Città di Tripoli (Libano) vista dall’alto | © Altea Pericoli

 

 

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Altea Pericoli

Nata nel 1992, attualmente sono postdoctoral research fellow presso la Lund University (Center for Advanced Middle Eastern Studies). I miei interessi di ricerca riguardano la geopolitica dell’area MENA e la visione islamica dell’aiuto umanitario e allo sviluppo. Dal 2018 collaboro al coordinamento del Desk Medio Oriente e Nord Africa.

Dei viaggi e del caffè (americano) non potrei mai fare a meno!

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