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Nagorno-Karabakh: una pace lontana e una crisi umanitaria sempre più vicina

Caffè Lungo – Dopo gli ultimi incontri a Bruxelles del 15 luglio tra il Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan, il Presidente azero Ilham Aliyev e il Presidente del Consiglio europeo Charles Michel tenutisi a seguito di una lunga serie di colloqui precedenti, la situazione al confine tra Armenia e Azerbaigian non è affatto migliorata e in Nagorno-Karabakh ora si parla di vera e propria crisi umanitaria internazionale.

UN ACCORDO CHE NON RIESCE AD ARRIVARE

Il tema centrale è sempre quello del blocco del corridoio di Lachin, che proprio nei giorni intorno all’incontro diplomatico di Bruxelles ha visto episodi di alta tensione che hanno condotto a un’escalation del conflitto. “Ho notato anche la disponibilità dell’Azerbaigian a fornire aiuti umanitari dalla città di Aghdam. Considero importanti entrambe le opzioni e incoraggio le spedizioni umanitarie di tutte e due le parti. Inoltre, ho accolto con favore la ripresa delle evacuazioni mediche da parte dell’ICRC”. Queste le parole di Charles Michel al termine dell’incontro trilaterale di metà luglio. Nonostante filtrasse positività da queste dichiarazioni, proprio nei giorni successivi si è assistito a un blocco da parte dell’Azerbaigian di 19 tir carichi di 360 tonnellate di aiuti umanitari provenienti da Yerevan e diretti in Artsakh e questo episodio ha suscitato forti critiche verso Michel sia in Armenia che in Nagorno Karabakh.

In aggiunta, c’è chi sostiene, da una parte e dall’altra, che l’incontro di Bruxelles sia stato infruttuoso, poiché Baku accetterebbe la proposta ideata da Michel solo se non dovesse lasciare comunque definitivamente il checkpoint e conseguentemente far cessare il blocco a Lachin, poiché teme infiltrazioni militari armene irregolari. Il Governo armeno, invece, con tale soluzione ritiene di essere sostanzialmente abbandonato da parte dell’Unione Europea e teme il peggio per i connazionali dell’Artsakh nel caso di aiuti umanitari di gestione azera, sostenendo che con l’opzione di Aghdam si arriverebbe senz’altro all’avvento di un’operazione di totale isolamento della popolazione del Karabakh da parte del Governo azero.

Inoltre, nelle settimane successive agli incontri di Bruxelles, l’acuirsi della tensione nel Caucaso meridionale ha coinvolto anche gli osservatori dell’EUMA (la missione UE in Armenia) ai confini tra i due Paesi, i quali sono stati bersaglio di colpi di fucile da parte di soldati non ancora identificati.

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Fig. 1 – Ilham Aliyev, Charles Michel e Nikol Pashinyan durante il summit trilaterale di Bruxelles del maggio scorso

VERSO UN DISASTRO UMANITARIO

L’Azerbaigian ha definitivamente bloccato il corridoio di Lachin istituendo un checkpoint gestito da militari da aprile e ora ha addirittura chiuso tale checkpoint dopo che l’11 luglio dei controlli hanno dimostrato che alcuni veicoli, parte dei convogli umanitari del Comitato internazionale della Croce rossa (ICRC) partiti dall’Armenia e diretti verso il Karabakh, trasportavano anche merci commerciali, quindi diverse da quelle umanitarie.

In una dichiarazione l’ICRC ha confermato che si è trattato di merci contrabbandate, precisando però che queste merci non sono state ritrovate nei veicoli ufficiali dell’ICRC, bensì in alcuni mezzi pesanti commerciali che, pur avendo temporaneamente esibito l’emblema dell’ICRC, venivano guidati da dipendenti di un’azienda commerciale, ingaggiata dall’ICRC per portare aiuti in Karabakh.

Adesso la popolazione dell’oblast caucasico si vede completamente bloccata da ogni tipo di rifornimento e questo sta creando un grave disastro umanitario. Nelle scorse settimane una donna incinta ha avuto un aborto spontaneo perché l’ambulanza non era disponibile a causa della mancanza di carburante e un uomo di 40 anni è anche morto di fame, come riportato dallo Human Rights Defender’s Office.

“È in corso un genocidio contro 120mila armeni che vivono nel Nagorno Karabakh”, denuncia Luis Moreno Ocampo, fondatore della Procura della Corte Penale Internazionale e che insieme a un gruppo di giuristi internazionali ora chiede di aprire gli occhi sul tentativo di eliminare definitivamente la popolazione della regione che l’Azerbaigian vorrebbe riprendersi. A queste dichiarazioni Baku ha risposto asserendo che queste accuse sono del tutto infondate, riportando con delle immagini episodi di vita quotidiana della popolazione dell’Artsakh, come la celebrazione di un matrimonio tra due armeni, le quali dimostrerebbero la non presenza delle condizioni per un disastro umanitario.

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Fig. 2 – Manifestazione di protesta a Stepanakert contro il blocco del corridoio di Lachin da parte dell’Azerbaigian, 18 luglio 2023

MANCANZA DI SOLUZIONI CONCRETE

Il punto cruciale è che, nonostante l’accordo trilaterale del 2020 negoziato da Mosca, i peacekeeper russi non hanno monitorato il corridoio come stabilito. La Russia al momento è impegnata in una guerra in Ucraina che si prospetta molto lunga e le forze di Mosca nella regione sono quindi poche e sempre più disinteressate. Se d’altra parte la missione EUMA è stata anche in parte rafforzata (forse con poco successo, visto l’episodio menzionato prima), si può notare però che non c’è una volontà da parte dell’Unione Europea e della comunità internazionale di condannare apertamente la condotta dell’Azerbaigian e sorvegliare sistematicamente il corridoio.

La soluzione proposta da Charles Michel con la condivisione anche da parte di Josep Borrell sulla gestione degli aiuti umanitari da parte dell’Azerbaigian via Aghdam potrebbe essere molto rischiosa, perché guardando a come sta gestendo ora l’imminente crisi umanitaria l’Azerbaigian, operazioni di rifornimento dirette da parte azera per la popolazione del Karabakh potrebbero poi diventare operazioni di controllo della popolazione locale e rivelarsi anche delle strategie per avere un collegamento diretto da Aghdam a Lachin che attraversi tutto il Nagorno-Karabakh armeno.

La comunità internazionale e l’Unione Europea dovranno perseguire senz’altro la via diplomatica e cercare una soluzione condivisa, ma se non condanneranno fermamente il blocco del corridoio e se non inizieranno a affrontare il tema parlando di rischio di “pulizia etnica”, un riconoscimento da parte armena e della popolazione dell’Artsakh del Nagorno-Karabakh come azero non avverrà mai e la catastrofe umanitaria sarà sempre più vicina.

Intanto in questi giorni tre ragazzi armeni di vent’anni sono stati arrestati da parte delle forze di Baku, accusati di aver oltraggiato la bandiera dell’Azerbaigian. In risposta, a Yerevan, gruppi paramilitari formati da cittadini si stanno organizzando in previsione di una nuova guerra. Inoltre, nelle scorse ore, il Presidente del Nagorno-Karabakh Arayik Harutyunyan ha annunciato le proprie dimissioni.

Carlo Busini

“We Are Our Mountains”” by Clay Gilliland is licensed under CC BY-SA

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Perchè è importante

  • A luglio si è svolto di nuovo a Bruxelles un incontro tra i leader di Armenia e Azerbaigian e il Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel. Ma ancora non si riesce a trovare una soluzione condivisa per le questioni del Caucaso meridionale e le parole di Michel hanno anche suscitato non poche polemiche.
  • La situazione in Nagorno-Karabakh è peggiorata per via del blocco totale del corridoio di Lachin da parte dell’Azerbaigian. La popolazione armena del Karabakh è ormai priva di beni di prima di necessità e si parla a livello internazionale di crisi umanitaria.
  • Nonostante la condanna della Corte internazionale di giustizia e i numerosi appelli della comunità internazionale di far terminare il blocco del corridoio di Lachin, la tensione resta alta nella regione e sembra addirittura che possa riprendere uno scontro armato tra i due Paesi. Si cercano soluzioni concrete per evitare un disastro umanitario.

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Carlo Busini
Carlo Busini

Toscano, classe ’95. Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli studi di Siena. Esperienza Erasmus nel Regno Unito (University of Bristol), dove ho avuto modo di approfondire materie come il diritto internazionale e europeo con focus sulla geopolitica in inglese in una panorama molto internazionale. Da sempre appassionato all’area Caucasica e post-sovietica, in particolar modo all’Armenia e al Nagorno-Karabakh, regioni che ho visitato nel 2012. Ho ottenuto recentemente un Diploma in geopolitica presso l’ISPI School di Milano e sto pubblicando degli articoli su alcune riviste di geopolitica italiane.

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