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La Russia nel Mar Glaciale Artico

In 3 sorsi – Lo scioglimento dell’ice-pack polare consentirà lo sfruttamento delle risorse presenti sul fondo del Mar Glaciale Artico e il transito delle navi attraverso il passaggio a Nord-Est. Per la Russia è una grande occasione, ma nella corsa all’Artico non è sola.

1. LA RUSSIA E L’ARTICO

Lo scioglimento dei ghiacci polari potrebbe avere un risvolto molto positivo per la Russia. La loro scomparsa graduale sta infatti progressivamente liberando il passaggio a Nord-Est, rendendo possibile navigare dall’Atlantico al Pacifico con un risparmio di tempo quantificabile intorno al 30-40% rispetto alle abituali rotte che passano per il canale di Panama. Il controllo su un totale di oltre 7mila chilometri di costa artica e sulla relativa zona economica esclusiva consente a Mosca un accesso privilegiato alle riserve di risorse naturali presenti nel fondo di buona parte del Mar Glaciale Artico. Si tratta soprattutto di gas naturale e petrolio, per un valore stimato di circa 35mila miliardi di dollari, senza calcolare il valore dei giacimenti di oro, argento, titanio, diamanti, grafite e uranio che si trovano ancora intatti in questa parte del globo.

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Fig. 1 – L’incrociatore Maresciallo Ustinov entra nel porto di Severomorsk, sede della Flotta settentrionale russa nel Mar Glaciale Artico

2. LA GRANDE CORSA

L’enorme quantità di risorse naturali ha scatenato, ovviamente, una vera e propria corsa all’Artico. Con i suoi 300 miliardi di dollari la Russia è il leader assoluto nello sviluppo delle infrastrutture artiche. La riapertura delle basi dell’epoca sovietica è solo uno dei passi verso il controllo effettivo della regione, mentre Rosneft e Gazprom hanno già iniziato le trivellazioni nel Mare di Laptev e nella parte più settentrionale della zona economica esclusiva russa. L’obiettivo dichiarato è quello di far si che entro il 2050 il 20-30% di tutta l’offerta di risorse naturali russe arrivi direttamente dall’Artico. Se è vero che la Russia non è la sola negli investimenti nell’area, visto l’interesse manifestato dalla Finlandia, dagli Stati Uniti e dal Canada, è altrettanto vero che il gap, almeno per adesso, sembra incolmabile. Basti pensare che la Russia possiede circa 40 rompighiaccio, essenziali per consentire la trivellazione e il transito delle navi, e ha già costruito più di una dozzina di porti lungo tutta la rotta artica. Il porto di Sabetta, connesso con il vicino Yamal LNG, è destinato a diventare il più grande porto russo dell’intera sea route artica, capace di gestire più di 30 milioni di tonnellate di prodotti ogni anno. In un intervento dinanzi all’Assemblea federale russa agli inizi di marzo 2018, lo stesso Putin ha affermato che «l’obiettivo è creare una rotta commerciale globale e competitiva». Nei piani del Ministero dei Trasporti di Mosca si prospetta un aumento di dieci volte l’attuale traffico marittimo entro il 2025.

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Fig. 2 – Vladimir Putin durante l’International Arctic Forum di Arkhangelsk del 2017 

3. LE FORZE IN CAMPO

Nel frattempo gli Stati Uniti non sono rimasti a guardare e hanno elaborato l’Arctic Strategy, che individua nella zona un’area essenziale per la sicurezza nazionale statunitense. Nel 2014, in risposta all’Arctic Strategy statunitense, la Russia ha inaugurato il Comando Interforze Strategico per l’Artico, con lo scopo di tutelare gli interessi nazionali russi e di proteggere le proprie navi e le risorse naturali. Fulcro della strategia russa per l’Artico è ovviamente la Flotta settentrionale, dislocata nella penisola di Kola, oltre che la riapertura di sette piste d’atterraggio dell’epoca sovietica. Il controllo sugli oltre 7mila chilometri di coste passa, inoltre, attraverso una fitta rete di radar e sistemi di difesa missilistici antiaerei S-400, una copertura aerea continua e l’uso delle brigate artiche, pensate specificamente per le esigenze russe nello scacchiere artico. Nel frattempo sono già stati commissionati nuovi vascelli nucleari con cui rafforzare la Marina militare, stante l’insufficienza e l’inadeguatezza degli attuali mezzi. Insomma, l’Orso russo ha individuato nell’Artico la sua preda più succulenta e non è intenzionato a perdere il vantaggio.

Giovanni Zito

Image by Willian Justen de Vasconcellos from Willian Justen de Vasconcellos

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Giovanni Zito
Giovanni Zito

Nato a Salerno nel 1992, vivo a Roma dal 2011. Laureato in Giurisprudenza presso la Pontificia Università Lateranense, mi sono avvicinato per la prima volta alla geopolitica durante il Master in Funzioni Internazionali e Cooperazione allo Sviluppo organizzato dalla SIOI. La passione per il giornalismo e per la geopolitica si incontrano in questo caffè, perché in fondo bastano pochi sorsi per capirsi.

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