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L’UE e lo screening degli investimenti esteri: obiettivo sicurezza economica

AnalisiNel marzo del 2017 il Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker nel suo discorso sullo stato dell’Unione al Parlamento europeo a Strasburgo ha descritto puntualmente le finalità dell’introduzione di uno strumento di screening degli investimenti. Interessi strategici e sicurezza collettiva sono le ragioni primarie alla base del Regolamento.

IL QUADRO UE PER IL CONTROLLO DEGLI INVESTIMENTI ESTERI DIRETTI

Gli investimenti esteri diretti rientrano nell’ambito della politica commerciale comune. A norma dell’Articolo 3, TFUE, infatti, l’Unione ha competenza esclusiva per quanto concerne la politica commerciale comune.
Nella nozione di investimenti diretti esteri (IDE) rientrano gli investimenti “che stabiliscono o mantengono legami durevoli e diretti tra investitori di Paesi terzi, compresi le entità statali, e le imprese che esercitano un’attività economica in uno Stato membro”.
Il Regolamento sullo screening degli investimenti esteri diretti (Regolamento (UE) 2019/452) è stato, quindi, adottato nel marzo 2019 ed ha introdotto un quadro a livello comunitario in cui la Commissione europea e gli Stati membri sono chiamati a coordinare le loro azioni nell’affrontare la delicata valutazione degli investimenti esteri.
La necessità e l’urgenza di introdurre un presidio in tale materia è legato a diverse ragioni, tutte legate all’acuirsi delle crisi internazionali e alla crescente influenza che considerazioni di natura geopolitica impongono al commercio internazionale. L’obiettivo degli IDE potrebbe, infatti, consistere nel trasferimento di determinati asset importanti verso il Paese d’origine dell’investitore, come tecnologia, know-how e segreti aziendali. L’investitore potrebbe avere accesso a informazioni private, in particolare dati personali posseduti dall’obiettivo, e tali informazioni così acquisite potrebbero raggiungere il Paese d’origine dell’investitore. La presenza di investitori extra-UE potrebbe, inoltre, minare la concorrenza del mercato interno, giacché gli stessi potrebbero non essere soggetti alle stesse regole della concorrenza, specialmente per quanto riguarda gli aiuti di Stato, sotto forma di sovvenzioni dirette o supporto finanziario o non finanziario indiretto. Altro aspetto importante è che non tutti i Paesi da cui provengono investimenti esteri accordano un trattamento altrettanto favorevole agli investitori dell’UE.
Da qui l’intenso lavoro che è seguito all’entrata in vigore formale del Regolamento nell’aprile 2019, attraverso il quale la Commissione e gli Stati membri hanno elaborato le procedure operative necessarie per l’applicazione completa del regolamento a partire dall’11 ottobre 2020. La pandemia da COVID-19 ha contribuito ad accelerare il percorso, sulla spinta delle preoccupazioni legate alla crisi del tessuto imprenditoriale che ne è seguita.
Il Regolamento conferisce agli Stati Membri il potere di riesaminare gli investimenti rientranti nell’ambito di applicazione del Regolamento stesso per motivi di sicurezza o di ordine pubblico e di adottare misure per far fronte a rischi specifici. Ricade sugli Stati Membri la responsabilità ultima di tale riesame e, ove necessario, dell’adozione di misure volte a prevenire o sottoporre a condizioni gli investimenti rientranti nell’ambito di applicazione del regolamento per motivi di sicurezza o di ordine pubblico. La Commissione può rivolgere allo Stato membro in cui ha luogo l’investimento pareri tramite i quali vengono raccomandate azioni specifiche, in particolare quando esiste il rischio che detto investimento incida su progetti e programmi di interesse per l’Unione.
È da segnalare che già negli anni precedenti l’emanazione del Regolamento numerosi Stati Membri, con la specifica finalità di far fronte alle potenziali ripercussioni delle acquisizioni transfrontaliere sulla sicurezza e sull’ordine pubblico, avevano predisposto diversi meccanismi di controllo, riservandosi la facoltà di limitare quegli investimenti in grado di rappresentare una minaccia per i loro interessi essenziali, con particolare attenzione per le questioni del trasferimento di tecnologie verso l’estero e per la protezione della sicurezza nazionale.
Così anche l’Italia, che con il Decreto Legge 15 marzo 2012, n. 21 ha introdotto poteri speciali in capo al Governo (“Golden Power”) che prevedono, tra gli altri, la facoltà di dettare specifiche condizioni all’acquisto di partecipazioni, di porre il veto all’adozione di determinate delibere societarie e di opporsi all’acquisto di partecipazioni nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché di taluni ambiti di attività definiti di rilevanza strategica nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni.

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Fig. 1 – La Presidente della Commissione von der Leyen

LA NUOVA PROPOSTA: MAGGIORE EFFICIENZA E MINORI CRITICITÀ

Il 20 giugno 2023 la Commissione europea ha presentato la Comunicazione congiunta al Parlamento europeo, al Consiglio europeo e al Consiglio sulla “Strategia europea per la Sicurezza Economica” rivolta a rafforzare l’Autonomia Strategica Aperta di fronte all’aumento delle tensioni geopolitiche e ad una integrazione economica globale sempre più profonda. 
In attuazione di quest’ultima comunicazione lo scorso 24 gennaio la Commissione europea ha presentato una Proposta di Regolamento che intende rafforzare la normativa in merito agli investimenti esteri diretti. La nuova bozza è volta a sostituire l’attuale Regolamento (UE) 2019/452, per rimediare ad alcune criticità della disciplina rilevate dopo poco più di tre anni di applicazione.  Il meccanismo di cooperazione ha consentito in questi anni agli Stati membri e alla Commissione di scambiare informazioni su oltre 1.200 transazioni e raccogliere le preoccupazioni e le valutazioni sugli investimenti diretti esteri. Sulla base di tale esperienza sono proposte importanti novità, tra cui è prevista l’applicazione del Regolamento anche a investitori costituiti nell’Unione Europea ma controllati da soggetti esteri, l’espressa inclusione degli investimenti “greenfield” che si realizzano quando l’investitore straniero o la controllata di un investitore straniero nell’Unione creano nuove strutture o una nuova impresa in territorio UE. Diversamente dall’attuale normativa sono poi previsti livelli minimi di screening che gli Stati Membri devono assicurare, al fine di armonizzare le rispettive discipline. Sono migliorati taluni aspetti procedurali al fine di promuovere una maggiore efficienza del meccanismo, come l’unificazione del momento di notifica tra i diversi Paesi interessati e la limitazione dei casi di attivazione del meccanismo europeo con la notifica alla Commissione.
La Proposta passa ora all’esame del Parlamento europeo e del Consiglio e lungo il percorso di approvazione potrebbe subire modifiche anche rilevanti. Peraltro, con le elezioni del nuovo Parlamento e la scadenza del mandato dell’attuale Commissione, l’iter di approvazione potrebbe significativamente ritardare. È tuttavia auspicabile che gli Stati membri possano già adeguare le normative nazionali alle nuove e più stringenti sfide avanzate dalla Proposta.

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Fig. 2 – Thierry Breton, Commissario europeo all’Industria

AL DI LÀ DELLA PROPOSTA: GLI INVESTIMENTI IN USCITA

Per ora, le legislazioni nazionali ed europee si sono concentrate sugli investimenti in uscita (“inbound investments”). Tuttavia, è verosimile che le preoccupazioni relative alle dipendenze geopolitiche e alla sicurezza economica condurranno altresì all’introduzione di meccanismi di screening degli investimenti in uscita (“outbound investments”). Rilevano, infatti, le sempre maggiori perplessità che suscitano gli investimenti in uscita in una limitata e ben definita serie di tecnologie avanzate in grado di rafforzare le capacità militari e di intelligence di soggetti che potrebbero servirsene per minacciare la pace e la sicurezza internazionali. Attualmente l’Unione e gli Stati membri non attuano nessun controllo è previsto sugli investimenti che partono dall’UE in direzione di Paesi terzi.
La Commissione europea, nel suo “White Paper on Outbound Investments” propone un’analisi graduale degli investimenti in uscita per comprendere i potenziali rischi ad essi collegati. Tale analisi includerà una consultazione degli stakeholder della durata di 3 mesi e un monitoraggio e valutazione degli investimenti in uscita a livello nazionale della durata di 12 mesi. Sulla base della valutazione dei rischi, la Commissione, insieme agli Stati membri, determinerà se e quali risposte politiche sono giustificate.
Un lavoro, dunque, di cooperazione quello tra le Istituzioni europee e gli Stati membri, che permetterebbe di affrontare in maniera pragmatica le sfide contemporanee, nel solco dell’ormai onnipresente “open strategic autonomy”. 

Filomena Ratto

Photo by NoName_13 is licensed under CC BY-NC-SA

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Perchè è importante

  • Il Regolamento sul controllo degli investimenti diretti esteri dell’UE è uno dei numerosi pilastri della politica commerciale europea e riflette il passaggio verso un’autonomia strategica aperta.
  • Il Regolamento la cooperazione tra gli Stati membri, porterà maggiore efficienza e, in definitiva, preserverà la sicurezza e l’ordine pubblico nell’Unione Europea.

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Filomena Ratto
Filomena Ratto

Napoletana di origine, laureata in Giurisprudenza e ora di base a Bruxelles. Appassionata di diritto europeo e delle dinamiche della politica commerciale dell’UE. Amo leggere e sperimentare in cucina… magari con una buona tazza di caffè (geopolitico, ovviamente).

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