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Le missioni di peacekeeping ONU in Africa: Sudan e Sud Sudan

In 3 Sorsi Dal 2011 le Nazioni Unite sono presenti nell’area sudanese con due missioni di peacekeeping, UNISFA (United Nations Interim Security Force for Abyei) e UNMISS (United Nations Mission in the Republic of South Sudan). Dal loro successo dipende la stabilizzazione della regione, da decenni teatro di violenze e divisioni etniche.

1. LA CREAZIONE DEI MANDATI DELL’ONU

Terminato nel 2020 l’intervento di UNAMID (African Union-United Nations Hybrid Operation in Darfur), le Nazioni Unite sono rimaste nell’area sudanese con due missioni di peacekeeping, per tenere sotto controllo una regione che non avendo nella stabilitĂ  la propria caratteristica principale, nell’ultimo quindicennio ha visto la nascita di un nuovo Stato, il Sudan del Sud, l’esplosione di sanguinose guerre civili e il sorgere di violenti scontri intercomunitari.
Il dispiegamento delle forze di UNISFA (United Nations Interim Security Force for Abyei) si concentra nel distretto di Abyei, una zona a cavallo tra le due Repubbliche sudanesi, rivendicata da entrambe le parti e dal 2005 avente speciale status amministrativo. Con 3.550 unitĂ  di personale militare, la maggioranza fornita dall’esercito ghanese, UNISFA ha lo scopo principale di monitorare il rispetto dei diritti umani nell’area e il ritiro delle truppe sudanesi, presenti nonostante gli obblighi previsti dal Protocollo sulla risoluzione del conflitto nell’area di Abyei.
Al simile scopo di impedire il ritorno a uno stato di conflitto, UNMISS (United Nations Mission in the Republic of South Sudan) con le sue 17mila unità, per la maggioranza ruandesi, è stata costituita a seguito dell’indipendenza del Sudan del Sud. Inizialmente approvata per un periodo di un anno, il suo mandato è stato rinnovato regolarmente a partire dalla sua creazione. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha infatti stabilito che il contesto del giovane Sudan del Sud rappresenta una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale, da leggere in congiunzione con la delicata gestione della regione di Abyei e le tensioni per l’accesso alle sue risorse naturali.

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Fig. 1 – Caschi blu etiopi della missione UNISFA pattugliano la periferia di Abyei

2. LA SITUAZIONE NEI DUE PAESI

Dagli ultimi rapporti del Segretario Generale delle Nazioni Unite sulla situazione nei due Paesi emergono la crescente insicurezza sociale e la fragilitĂ  del contesto umanitario.
Ad Abyei, il cui processo di stabilizzazione politica risente del conflitto in corso in Sudan, le principali minacce alla sicurezza sono legate ai difficili rapporti tra le comunità, che spesso sfociano in veri e propri scontri aperti. Queste dinamiche sono esacerbate dalla proliferazione di armi, favorita dalla presenza irregolare di truppe sud sudanesi nell’area. Nell’ultimo rapporto si stima che da ottobre 2023 ad aprile 2024 ci siano stati 175 incidenti legati alle armi, 73 dei quali hanno provocato 257 morti e 207 feriti, e 13 scontri intercomunitari tra le comunità Ngok Dinka e Twic Dinka. A inizio anno, le tensioni tra i due gruppi hanno causato diverse vittime civili e la morte di due peacekeeper, la cui sicurezza rimane fonte di preoccupazione. Per questo motivo, nel periodo di riferimento del rapporto sono stati misurati 23.639 pattugliamenti terrestri e 47 pattugliamenti aerei di UNISMA nell’area di Abyei.
Allo stesso modo, il Sudan del Sud è lacerato da tensioni interne. Dal conflitto civile del 2013, il Paese è precipitato in una situazione di gravi disordini, e nonostante ora sia considerato un conflitto a bassa intensità, le milizie armate vagano perpetrando violenze impunemente. Tensioni intercomunitarie, razzie di bestiame e attività criminali sono solo alcune delle minacce che ostacolano UNMISS, e che si stima vedranno un aumento nel periodo futuro, a causa della crescente competizione per i pascoli e le risorse idriche e l’incessante numero di civili (rifugiati e rimpatriati) in arrivo dal Sudan. 10.346 sono i pattugliamenti svolti da dicembre 2023 a febbraio 2024 dalle forze di peacekeeping per monitorare la situazione.

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Fig. 2 – Truppe vietnamite in partenza da Hanoi per raggiungere il contingente della missione UNMISS in Sud Sudan

3. DESTINI INTRECCIATI

Affinché si possano compiere reali progressi nell’affrontare le situazioni umanitarie e ristabilire condizioni di pace nell’area sudanese, è necessaria una cessazione delle ostilità e la creazione di condizioni per un’efficace transizione politica che coinvolga le Autorità locali, i leader tradizionali e la società civile. In linea con lo scopo del loro mandato e nonostante l’acuirsi delle tensioni intercomunitarie, sia UNISFA che UNMISS hanno proseguito nel loro impegno con le parti, senza tuttavia trovare riscontri adeguati. Dall’analisi delle esperienze delle due missioni ONU emerge con chiarezza l’impossibilità di leggerle se non congiuntamente.
Se l’intensificarsi del conflitto in Sudan ha certamente aggravato la pressione sugli Stati confinanti, il Sudan del Sud ne ha risentito in modo particolare. I combattimenti a Khartum hanno infatti interrotto una via di rifornimento vitale, con ripercussioni sull’invio di aiuti umanitari in un contesto di fragilità avanzata. La preoccupazione del Segretario Generale António Guterres, espressa negli ultimi due rapporti delle missioni, riguarda proprio questo: che il delicato contesto umanitario, insieme all’impasse politica e alle crescenti divisioni interetniche, rilascino il loro alto potenziale di violenza con conseguenze disastrose per l’intera regione.

Beatrice Gobbi

Photo by dimitrisvetsikas1969 is licensed under CC BY-NC-SA

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Perchè è importante

  • L’ONU ha attive due missioni di peacekeeping nell’area sudanese: UNISFA nel distretto di Abyei, conteso tra Sudan e Sud Sudan, e UNMISS, nel Sud Sudan.
  • L’esito delle missioni, fondamentale per la sicurezza dell’intera regione e giĂ  complesso per le caratteristiche dei Paesi coinvolti, è oggi messo a rischio dalla guerra civile in Sudan e dalla crescenti divisioni etniche del Sud Sudan.

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Beatrice Gobbi
Beatrice Gobbi

Nata a Milano nel 1998, si è laureata prima in Cooperazione Internazionale e in seguito in Relazioni Internazionali con un’analisi comparativa del nazionalismo curdo in Iraq e in Iran. Da sempre appassionata di mondo islamico, negli anni ha affiancato questo interesse alla geopolitica delle risorse e al peacebuilding ambientale. Di giorno si occupa di progetti di sostenibilitĂ  presso il Politecnico di Milano e di sera scopre la letteratura e la cucina africana e mediorientale.

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