In 3 sorsi – A un giorno dal voto, i latino-americani potrebbero essere l’ago della bilancia per le elezioni USA 2024: storicamente, il Partito democratico ha sempre ottenuto la maggioranza dei consensi, ma le cose stanno cambiando.Â
1. UN ELETTORATO IN CRESCITA
Mai come quest’anno il voto dei cittadini latino-americani negli Stati Uniti sarà rilevante per decretare chi tra Donald Trump e Kamala Harris conquisterà la Casa Bianca il 5 novembre. I latinos, infatti, costituiscono il 15% dell’elettorato statunitense (prima minoranza etnica, davanti ad afroamericani e asiatici), equivalente a 36 milioni di elettori, ma, in realtà , nel territorio nordamericano i residenti con discendenze messicane, portoricane e venezuelane sono quasi il doppio: circa 65 milioni (di cui 11 privi di documenti). Dal 2020 questo gruppo demografico è quello che è cresciuto maggiormente, aggiungendo 4 milioni di nuovi elettori (rispetto al 2000, invece, a titolo di paragone, sono cresciuti di 20 milioni). Secondo il sondaggio condotto da Times/Siena, la candidata democratica, e attuale vicepresidente, Harris è in testa tra gli elettori ispanici con il 56%. Tuttavia Trump, nonostante la retorica xenofoba condita dalla promessa, in caso di elezione, di eseguire la più grande deportazione di immigrati privi di documenti della storia a stelle e strisce, mantiene, da agosto, tra il 37 e il 40% dei consensi.
Fig. 1 – Bandiere americane durante un evento della campagna presidenziale
2. DEM E GOP: DATI A CONFRONTO
Analizzando i dati di accettazione da parte dell’elettorato latino per Trump, a prima vista la differenza con il Partito democratico sembra sostanziale: 19 punti percentuali (56 contro 37). Quattro anni fa, nonostante il tycoon raggiungesse una cifra molto simile a quella attuale, ovvero il 36%, l’allora candidato democratico Joe Biden riceveva i voti del 62%. La differenza era di 26 punti percentuali. Nel 2016 la distanza era stata ancora maggiore: il repubblicano ottenne il 28%, mentre la sua rivale Hillary Clinton ottenne il 68%, con un gap di 39 punti. In sintesi, Trump guadagna consensi ai danni dei democratici (il 6% nello specifico, considerando anche gli elettori indipendenti). L’ultima volta che un candidato democratico aveva ricevuto meno del 60% dei consensi latinoamericani era stato nel 2004, quando John Kerry subì la sconfitta e George W. Bush fu rieletto Presidente. È certo che queste, al momento, siano soltanto predizioni di voto, ma se Trump ottenesse il 37% dei voti ispanici, eguaglierebbe il risultato di Ronald Reagan del 1984: un dato incredibile, considerando che otto anni fa conquistò la Casa Bianca definendo stupratori e criminali gli immigrati messicani e sostenendo che l’ex Presidente democratico Barack Obama non era nato negli Stati Uniti. Â
Fig. 2 – Kamala Harris e Donald Trump durante il secondo dibattito presidenziale tenutosi a Philadelphia lo scorso 10 settembre
3. PERCHÉ TRUMP?
Provare a dare una motivazione all’incremento del voto ispanico a favore di Trump è complicato, ma Nate Cohn, giornalista statunitense e capo analista politico per The Upshot del The New York Times, ha provato a tracciare una risposta attraverso una serie di spiegazioni ricavate da un sondaggio datato 13 ottobre. Per questa parte di elettorato statunitense l’economia è il tema chiave delle presidenziali 2024. Il 90% dei sostenitori latini di Trump valuta le attuali condizioni dell’economia USA scarse o discrete, contro il 66% degli elettori di Harris. Inoltre, l’80% degli elettori latinoamericani registrati afferma di essere molto preoccupato per l’attuale prezzo degli alimenti, dei beni di consumo e per il costo degli alloggi. E tutto questo, nonostante i dati degli ultimi mesi dimostrino che in realtà , negli Stati Uniti, l’economia stia crescendo. Un’altra spiegazione (più una suggestione, volendo) su cui Cohn invita a riflettere è che agli elettori ispanici non importa la propaganda razziale trumpiana e che, addirittura, in certi casi, sono divertiti da questa. In pratica, il 40% degli elettori sostiene che i latinos che si offendono per le frasi xenofobe di Trump prendono troppo sul serio le sue parole. Ma ciò che sorprende maggiormente è che solo un terzo dei votanti latino-americani sostiene che il candidato repubblicano si riferisce a loro stessi quando parla dei problemi relativi all’immigrazione – e infatti, alcuni sono d’accordo con le sue politiche di deportazione e con la continuazione del muro al confine con il Messico. La gara è ancora aperta e solamente dal 6 novembre (forse), potremmo farci un’idea migliore sul reale impatto che il voto ispanico avrà avuto su queste presidenziali. Una cosa, però, è certa, il Partito democratico è obbligato a cambiare strategia per riacquistare quella fiducia di cui godeva un tempo tra questo spicchio di elettorato statunitense.
Simone Grussu
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