Analisi – Il divieto di utilizzare il russo come lingua ufficiale è diventato una vera ossessione per le autorità lettoni, con il rischio di spingere i russi fra le braccia (ideologiche) di Putin. Nel frattempo Riga è preoccupata da una possibile azione militare di Mosca nei suoi confronti.
La prima parte del reportage è disponibile qui.
L’OSSESSIONE DELLA LINGUA
A testimoniare che per le Autorità lettoni la questione linguistica abbia assunto i contorni di un’ossessione, c’è la GZA, vale a dire la Commissione per il controllo dell’uso del lettone nei luoghi pubblici. Ne sa qualcosa Dario, un italiano che qualche anno fa ha aperto una gelateria nel centro di Riga. Dario non sa né il lettone né il russo e comunica con i clienti in inglese. Qualcuno lo ha denunciato e, dopo alcuni richiami scritti, ha ricevuto una multa di 100 euro, reo di… non sapere il lettone. Maria, che conosce la lingua, sostiene che il Governo in realtà non fa nulla per promuovere davvero il lettone: “Io ho imparato il lettone grazie a mio marito, anche se non ho ancora dato l’esame per la cittadinanza e non credo lo darò. Praticamente, non ci sono corsi pubblici per gli stranieri: o vai in una scuola privata e paghi, oppure il lettone non lo puoi studiare. I corsi organizzati dallo Stato durano poco e sono sempre pieni, puoi aspettare anni prima che ti accettino! Anche a scuola, non ci sono corsi per i bambini di madrelingua russa. Da anni si parla di una riforma scolastica, ma non se ne fa niente: il Governo stanzia pochi fondi per l’istruzione pubblica e gli insegnanti sono arrabbiati e demotivati”.

Fig. 1 – Il quartiere dormitorio di Imanta, alla periferia di Riga | Foto: Christian Eccher
I DOLORI DI UN GIOVANE STATO
Il panorama politico lettone, dall’indipendenza in poi, è caratterizzato dal predominio di partiti di destra e centro-destra etnici (rappresentativi solo dei lettoni) che hanno promosso una politica economica neoliberista e l’integrazione del Paese nella NATO e nell’Unione Europea. I rapporti con la Federazione Russa sono estremamente tesi, soprattutto da quando al Cremlino siede Vladimir Putin. I partiti percepiti come espressione della minoranza russofona sono sempre stati tenuti a distanza dal Governo, anche perché sospettati di avere legami troppo stretti con Mosca; in generale, si è messa in atto un’operazione culturale di allontanamento dal retaggio sovietico. Il Governo ha recentemente vietato i festeggiamenti del 9 maggio e, nel parco di Riga, dove fino a pochi anni fa c’era il monumento ai caduti sovietici, ora sorge una ruota panoramica. Attualmente, al Governo c’è il partito della premier Evika Silina, Nuova Unità. Fan parte dell’esecutivo anche l’Unione dei Verdi e degli Agricoltori (PVA), un partito rurale che ha i propri elettori nelle campagne, e il Partito Progressista. All’opposizione ci sono diverse organizzazioni politiche, fra cui Stabilità, un movimento non filorusso ma neanche russofobico (per questo anche molti russi guardano con simpatia a questo partito, dopo che alle elezioni del 2022 la formazione fino ad allora votata dai russofoni, Armonia, è praticamente scomparsa dalla scena politica perché non ha superato la soglia di sbarramento del 5%, probabilmente per aver criticato l’invasione russa in Ucraina. Sono rimasti fuori dal Parlamento anche i membri dell’Unione lettone dei russi, un’organizzazione legata al Cremlino che non ha mai avuto grande popolarità fra i russi lettoni). Nella Saeima, il Parlamento lettone, Evika Silina può contare su 53 parlamentari, mentre l’opposizione su 47. In questo momento, la situazione a livello governativo è abbastanza tesa, con il PVA che si oppone alle nuove privatizzazioni promosse dalla premier (che toccherebbero l’industria energetica pubblica e la compagnia aerea AirBaltic). L’opposizione critica invece i fondi stanziati per la difesa, soldi visti come tolti alla scuola e alla sanità. La Lettonia, come gli altri Paesi baltici, sta fortificando (e minando) la linea di frontiera con la Russia e la Bielorussia. Recentemente, i Paesi baltici hanno abbandonato la convenzione internazionale che vieta l’uso delle mine antiuomo. A Riga capita spesso di sentire, su tram e autobus, frasi del tipo: “Se crolla l’Ucraina, noi siamo i prossimi, la Russia ci invaderà”. I partiti di opposizione si chiedono se abbia senso spendere miliardi di euro per la difesa quando, nel caso di un attacco russo, i Paesi baltici cadrebbero immediatamente. Secondo i politici di opposizione, l’Occidente sarebbe pronto a sacrificare questi piccoli Stati pur di salvare l’Europa occidentale; i Paesi baltici assumerebbero così il ruolo di cuscinetto fra la Russia e i Paesi dell’Europa occidentale. La maggior parte dei partiti di opposizione ritiene che solo una soluzione diplomatica possa garantire a Riga, Vilnius e Tallin l’indipendenza.

Fig. 2 – Il centro di Riga | Foto: Christian Eccher
SELVE ANTICHE, OMBROSE PIANTE
Il bosco alla periferia di Imanta è un rifugio di frescura e di aria pulita. Gli unici rumori che giungono fra le piante sono quelli degli aerei che atterrano nel vicino aeroporto. Quando il vento soffia da sud, gli aeroplani sorvolano la città e virano verso ovest proprio su Imanta; in corrispondenza del bosco, attivano gli inversori, il cui fischio attraversa anche le chiome degli abeti, prima che il velivolo tocchi l’asfalto della pista. Passeggio con M., un signore anziano, in pensione, che vive nello stesso condominio di Maria e Tatyana. M. è lettone. Non giustifica le misure del Governo contro la lingua russa, ma interpreta in maniera diversa questa legge: “Ogni Stato nazionale – dice mentre cammina lungo il sentiero, – si sforza di creare un’unità linguistica. Lo avete fatto anche voi in Italia, la vostra lingua si è imposta a scapito dei dialetti. Per molti, il russo è la lingua degli occupatori, per cui non può più essere ufficiale”. Ribatto che, durante il periodo sovietico, Riga è diventata una metropoli e che sono state costruite industrie e case. M. mi sorride e risponde: “Cosa credi, noi lettoni non abbiamo mani e testa per costruire? Siamo stati una colonia dell’URSS, avremmo costruito tutto da soli anche senza Mosca… La storia è storia, ma non dobbiamo essere vittime del passato. Se i russi che vivono a Riga, soprattutto dopo l’invasione di Mosca in Ucraina, avessero detto chiaramente di essere contro Putin, forse non si sarebbe arrivati al divieto del russo, che è poi un divieto solo ufficiale, tutti possono parlare russo, anche tu e io adesso parliamo russo. Il Governo lettone ha paura che fra i russi si nascondano quinte colonne… Cosa vuoi, è la ruota della Storia: una volta gira da una parte, una volta dall’altra. Durante il periodo sovietico girava contro di noi, adesso gira contro i russi. Forse, una volta caduto Putin e se la Russia dovesse perdere la guerra, raggiungeremo un equilibrio e la questione linguistica non sarà più legata alla politica”.
Christian Eccher
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