In 3 Sorsi – Le dichiarazioni rilasciate dal Presidente siriano Ahmed al-Sharaa sono importanti per comprendere le strategie attuali e gli obiettivi futuri del Paese levantino. Da Israele alla Russia, il nuovo Governo siriano è pronto a giocare a carte scoperte.
1. IL PRAGMATISMO COME CHIAVE PER COMPRENDERE LE RELAZIONI CON IL CREMLINO
La Siria aveva nella Russia di Vladimir Putin uno dei propri alleati strategici al fine di impedire alle forze della rivoluzione di rovesciare il Governo guidato da Bashar al-Assad. È per questa ragione che il mantenimento di relazioni amichevoli tra il Cremlino e la Siria – dopo la conquista del potere da parte delle milizie guidate dall’HTS di Ahmed al-Sharaa – merita di essere approfondito per comprenderne le motivazioni di fondo in vista dei possibili scenari futuri.
Qualsiasi discorso in merito non può che partire dalla presenza di due basi militari russe nel Paese levantino: una base navale a Tartus, sul Mediterraneo, fondata dai sovietici, e una base aerea a Khmeimim, costruita nel 2015.
In questo contesto, l’auspicio del Governo russo di mantenere due avamposti strategici per i propri affari nel Mediterraneo e in Africa trova una sponda nel pragmatismo che caratterizza la politica estera del bilanciamento perseguita dal nuovo Presidente siriano. Una realtà testimoniata plasticamente dalle sue dichiarazioni al Canale televisivo statale Alekhbariah: “Quando le nostre forze arrivarono a Homs, la Russia si tenne fuori dalla battaglia in base a un accordo raggiunto tra noi”. Su queste basi, entrambe le parti appaiono propense a preservare le relazioni in materia di sicurezza, approfondendo ulteriormente quelle di natura economica.
Fig. 1 – Il Presidente siriano Ahmad al-Sharaa incontra la diaspora siriana durante la sua partecipazione all’80ª sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York, Stati Uniti, 22 settembre 2025
2. DALLO SCONTRO ALLA TREGUA? LA VIA DIPLOMATICA PER NEUTRALIZZARE LA MINACCIA POSTA DA ISRAELE
Un dossier di importanza strategica cruciale per la Siria è indubbiamente rappresentato dai rapporti con Israele, che ha approfittato del rovesciamento del Governo di al-Assad per estendere la propria presenza nell’area meridionale del Paese. Anche in questa circostanza, al-Sharaa ha preferito anteporre la linea diplomatica a quella dello scontro, convinto della necessità di placare le tensioni al confine con Israele per poter concentrare i propri sforzi sulla ricostruzione del Paese. Nonostante gli attacchi militari di Tel Aviv contro Damasco, giustificati con la volontà di “difendere la comunità drusa” vittima degli scontri con forze filogovernative a Suwayda, il Governo siriano ha continuato a mantenere un canale di contatto con la controparte israeliana, servendosi dell’ausilio di un’Amministrazione Trump sempre più conscia dell’opportunità geostrategica insita nella stabilizzazione della situazione interna alla Siria. L’avvicinamento della nazione levantina all’asse occidentale e la possibile normalizzazione dei rapporti con Israele sono i fattori principali che orientano la politica estera degli USA in materia. Ma, come fatto intendere dallo stesso al-Sharaa, per ora il Governo americano deve “accontentarsi” di uno step preliminare: “I negoziati per raggiungere un accordo in materia di sicurezza sono in corso e potrebbero produrre esiti positivi nei prossimi giorni. Al momento, il tema della normalizzazione non è parte dei discorsi”.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Gli automobilisti passano davanti a un cartellone pubblicitario esposto a Tel Aviv il 26 giugno 2025 dall’iniziativa politico-securitaria israeliana Coalizione per la Sicurezza Regionale
3. LA PREMESSA INELUDIBILE PER UN ACCORDO CON LE SDF: NESSUN DISEGNO FEDERALISTA
Tra i temi più rilevanti dell’Amministrazione guidata da al-Sharaa spicca quello dei rapporti con le Sirian Democratic Forces (SDF), che operano principalmente nel nord-est della Siria. L’accordo siglato nel marzo 2025 prevede l’obiettivo dell’integrazione delle forze armate curde e delle loro Istituzioni civili nel contesto di una Siria unificata e non frammentata, con la contestuale rinuncia al controllo di aeroporti e giacimenti strategici a beneficio dello Stato siriano. Al contempo, Damasco si impegna a riconoscere i diritti linguistici e culturali della comunità curda, volendo segnalare la propria disponibilità a costruire un futuro caratterizzato da una pacifica convivenza tra le varie comunità in cui si sostanzia il pluralismo etnico, culturale, linguistico e sociale dello Stato levantino. L’inclinazione del Governo siriano al dialogo incontra una “linea rossa” ben definita, su cui al-Sharaa stesso sottolinea l’impossibilità di transigere: “La Siria non rinuncerà nemmeno a un granello della propria terra. Dobbiamo proteggere ogni centimetro del territorio siriano e garantire l’unità del Paese”. Tale visione ricalca un nazionalismo di fondo dell’Amministrazione siriana che si colloca in antitesi rispetto al desiderio di autonomia rivendicato dalle SDF. In uno scenario, quale quello attuale, nel quale è dunque possibile contemplare uno spiraglio di pace solo in presenza di una bilaterale disponibilità al compromesso, così come agognato dalla popolazione siriana lacerata da oltre un decennio di conflitto.
Michele Maresca
“against the massacres of civilians in Syria” by Jeanne Menjoulet is licensed under CC BY


