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La caduta della potente famiglia Ming: la Cina contro le città della truffa 

In 3 sorsiIl Tribunale intermedio del Popolo di Wenzhou ha condannato 39 persone appartenenti alla potente famiglia Ming per la gestione delle scam cities, le cosiddette “città della truffa”, in Myanmar. Queste città si trovano in territori di fatto controllati da milizie locali, cosa che consente il loro uso per svariate attività illegali. Secondo l’ONU–UNODC, questi insediamenti criminali hanno reti transnazionali che si spostano e diversificano per eludere le repressioni locali.

1. I PREGRESSI DELLA VICENDA

Le scam cities, di cui avevamo già parlato in questo articolo, sono delle vere e proprie città del crimine, tra Myanmar, Thailandia e Laos (in alcuni casi, anche Cambogia), dove per almeno tre anni sono stati attirati cittadini cinesi con la falsa promessa di un impiego ben retribuito. Una volta giunti sul posto, venivano ricattati e costretti a partecipare ad attività criminali, tra cui phishing, truffe sentimentali e falsi investimenti in criptovalute. 
Il caso più eclatante riguarda il noto attore cinese Wang Xing, rapito nel gennaio 2025 e ritrovato pochi giorni dopo in Myanmar (era atterrato in Thailandia per poi essere trasportato illegalmente oltre il confine) in condizioni di grave denutrizione, solo grazie ai numerosi sforzi della fidanzata e dei familiari, sostenuti da una campagna virale sui social media. L’attenzione mediatica ha spinto le Autorità a intervenire con maggior decisione.
Il fenomeno ha assunto dimensioni talmente rilevanti da generare un settore criminale parallelo, con giri d’affari stimati in miliardi di dollari, alimentati da un lato dai riscatti pagati dalle famiglie delle persone sequestrate, dall’altra dai profitti che finanziano le milizie armate operanti in zone fuori dal controllo governativo. 
Le scam cities sono nate sfruttando il turismo del gioco d’azzardo, vietato in Cina, ma tollerato nei Paesi confinanti del Sud-est asiatico.

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Fig. 1 – L’estradizione dell’imprenditore cinese She Zhijiang dalla Thailandia, novembre 2025. Ricercato per lungo tempo dalle Autorità cinesi, She è coinvolto direttamente nelle attività delle scam cities in Myanmar

2. PRESSIONI INTERNAZIONALI E IMPATTO ECONOMICO

Dopo le pressioni esercitate nel febbraio 2025 da Cina, Myanmar e Thailandia sulle reti criminali e sulle milizie locali attive lungo il confine, circa 7mila prigionieri – perlopiù cittadini cinesi – sono stati liberati. 
Ad aprile, anche le Nazioni Unite hanno denunciato il fenomeno, stimando decine di miliardi di dollari di profitti annui generati dai centri di truffa.
A seguito di una serie di raid a KK Park, uno dei principali centri del Myanmar, oltre 1.500 persone di 28 Paesi sono fuggite in Thailandia. A ottobre, il Primo Ministro thailandese Anutin Charnvirakul ha annunciato il rimpatrio di 500 cittadini indiani, mentre le indagini rivelano che molti lavoratori erano vittime di tratta, costretti a turni massacranti e violenze nei cosiddetti “centri di frode”.
La vicenda del rapimento dell’attore cinese Wang Xing in Thailandia ha avuto inoltre ripercussioni economiche, provocando la perdita di un milione di turisti cinesi e suscitando preoccupazioni nel Governo di Bangkok, dato il peso del turismo nell’economia del Paese. 

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Fig. 2 – Un volo di cittadini cinesi liberati dalle scam cities pronto a partire dall’aeroporto thailandese di Mae Sot, febbraio 2025

3. LA CADUTA DELLA FAMIGLIA MING: LE SENTENZE

Secondo quanto riportato dall’agenzia Xinhua, gli imputati condannati dal tribunale di Wenzhou avrebbero costruito 41 complessi nella regione di Kokang, impiegati principalmente per frodi telematiche. Inoltre avrebbero gestito case da gioco illegali e si sarebbero resi responsabili di omicidi di lavoratori delle scam cities, sfruttamento e coercizione alla prostituzione, oltre all’organizzazione di passaggi illegali attraverso il confine. Le sentenze cinesi richiamano l’uso di forza armata per impedire la fuga delle persone prigioniere – nel caso specifico si citano almeno 14 uccisioni.
Per tali motivi 11 imputati sono stati condannati a morte, mentre altri cinque hanno ricevuto la pena capitale con sospensione di due anni (spesso commutata in ergastolo) e 11 sono stati condannati all’ergastolo. Tutti gli altri hanno ricevuto pene comprese tra 5 e 24 anni di reclusione.
La maxi-condanna alla famiglia Ming rappresenta il culmine della stretta cinese contro le scam cities, ma anche il segnale di un problema regionale ancora irrisolto, in cui criminalità organizzata, corruzione e povertà continuano a intrecciarsi lungo i confini più fragili del Sud-est asiatico. Il messaggio delle agenzie ONU è chiaro: senza cooperazione giudiziaria e finanziaria internazionale – tracciamento dei flussi, protezione delle vittime e sanzioni mirate – le reti si sposteranno altrove, espandendosi anche fuori dall’Asia.

Annachiara Maddaloni

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Perchè è importante

  • Il tribunale di Wenzhou ha condannato 39 membri della famiglia Ming a diverse pene, compresa quella capitale, per aver gestito le scam cities in Myanmar, centri criminali basati su frodi online, tratta degli esseri umani e violenze.
  • La maxi-condanna segna un punto di svolta nella repressione cinese del fenomeno, ma quest’ultimo resta un problema regionale irrisolto alimentato da reti transnazionali, corruzione e profitti miliardari.

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Annachiara Maddaloni
Annachiara Maddaloni

Appassionata di Asia, fin da piccola ho avuto il privilegio di partecipare a varie esperienze linguistiche e culturali nel Regno Unito e negli Stati Uniti. La curiosità per i contesti multiculturali mi ha portata, a 15 anni, a vincere una borsa di studio per trascorrere un breve periodo in Cina. Durante il percorso universitario ho approfondito gli studi presso la Fu Ren Catholic University di Taipei e la Beijing International Studies University.

Dopo quattro anni in aziende multinazionali, dal 2020 collaboro con l’Istituto Confucio dell’Università Cattolica, dove coordino i progetti editoriali e scolastici legati alla promozione della lingua e cultura cinese in Lombardia.

Contestualmente, da qualche anno ho scoperto una grande passione per l’insegnamento delle lingue. Avere a che fare con le nuove generazioni stimola la mia crescita personale e professionale, oltre a spingermi ad approfondire ciò che succede nel mondo e a verificare con cura le fonti da cui provengono le informazioni.

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