Ancora violenze nella Striscia di Gaza. Colloqui fermi ad un punto morto e che difficilmente ripartiranno, come da più parti annunciato, verso la metà di agosto. Le fazioni politiche palestinesi restano ancora sempre più distanti e profondamente divise, mentre anche l'esecutivo israeliano non vive certo uno dei suoi migliori momenti.
Sale la tensione nella striscia di Gaza e nel sud di Israele – Torna a tingersi di rosso la Striscia di Gaza. Alcuni miliziani palestinesi legati a movimenti estremisti di matrice islamica hanno lanciato missili sulle cittadine di Ashkelon, Sderot, Eliat ed Aqaba. Pochissimi feriti ed un solo morto: un tassista giordano. Le decine di missili palestinesi caduti in pochi giorni sul territorio israeliano sono il preoccupante segnale di una ripresa delle violenze nella zona costiera di Israele, mentre a Gaza le violenze non si sono quasi mai fermate. Da alcuni mesi, a cadenza più o meno regolare, l'esercito israeliano ha condotto campagne di repressione nei confronti delle forze palestinesi presenti nella striscia di Gaza ed oggi un attentato dinamitardo, ancora non rivendicato, ha provocato la morte di Issa Abdul-Hadi Al-Batran, capo artificiere delle Brigate Izz al-Din al-Qassam, il braccio militare di Hamas. Nell'esplosione sono rimaste ferite altre 42 persone ed alcuni esponenti delle Brigate hanno già annunciato vendetta per questo ennesimo affronto.
L'ultimatum di Obama – La prima pagina del giornale arabo al-Quds titolava ieri: "Obama spinge Abu Mazen verso i negoziati diretti entro metà agosto". Più che una spinta una vera propria imposizione poiché, come riportato invece al giornale arabo al Hayat, l'ennesimo rinvio dei colloqui diretti fra israeliani e palestinesi porterà a gravissime conseguenze per Abu Mazen. Fonti diplomatiche rivelano che Obama sarebbe addirittura pronto a tagliare le relazioni internazionali con l'Autorità Nazionale Palestinese. Una "richiesta" quella statunitense che giunge quasi contemporaneamente alle parole del premier israeliano Benjamin Netanyahu il quale si è detto sicuro che le trattative ripartiranno fra massimo due settimane. Di certo le recenti esplosioni di violenza registrate nel sud della regione non fanno pensare che, dopo un anno e mezzo di stallo, le due parti possano tornare a dialogare in breve tempo. Non sorprende infine il tempismo perfetto della nuova escalation di violenza: anche solo dinanzi alla ventilata possibilità di tornare a sedersi ai tavoli delle trattative la regione è tornata ad infiammarsi.
Una pericolosa situazione di stallo – Nulla sembra potersi sbloccare. Almeno nell'immediato. Seguendo un copione più volte visto e rivisto, le due parti si perdono in dichiarazioni d'intenti che difficilmente possono effettivamente giungere a risultati tangibili.Al momento attuale anche un'improbabile ripresa delle trattative non fornirebbe alcuna possibilità reale di giungere ad un accordo vista la difficile situazione dei due attori in gioco. L'esecutivo Netanyahu appare sempre profondamente spaccato su quali e quante concessioni fare alla controparte palestinese. Inoltre la popolarità del premier appare in netto calo. Logorata dalla mancata risoluzione del caso Shalit, ad oggi solo il 41% degli israeliani appare soddisfatto della sua leadership e se le elezioni dovessero svolgersi di qui a pochi mesi, il partito di centro Kadima guadagnerebbe più seggi del Likud. Accusato dalla sua stessa coalizione di asservire gli interessi di Washington, il premier israeliano vive uno dei momenti storici più difficili nelle relazioni con gli Usa. D'altra parte Abu Mazen sembra ormai rappresentare esclusivamente il suo partito, Fatah, o ancora meglio solo una parte dello stesso. Il rinvio delle elezioni legislative previste per questa estate ed il prolungamento anti-costituzionale del mandato presidenziale gli hanno ormai alienato gran parte della popolazione e dell'opinione pubblica.
Conclusioni – Il 26 settembre scadrà la moratoria parziale di dieci mesi riguardante l'edificazione nelle colonie della Cisgiordania. La situazione potrebbe allora ancora peggiorare. Non solo a Gaza. Da tempo all'interno dei territori si torna a parlare con insistenza di una ripresa delle violenze sullo stile delle passate sollevazioni popolari del 1987 e del 2001. Una nuova Intifada è dunque prossima? Le parole del deputato arabo israeliano Hanin Zoabi non fanno certo ben sperare: "Israele sta scherzando con il fuoco". Un fuoco che potrebbe iniziare molto presto a bruciare.
da Gerusalemme Marco Di Donato 2 agosto 2010 [email protected]