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Scontro Libia-USA sul blitz di Tripoli

Continua la polemica tra Libia e Stati Uniti dopo la cattura a Tripoli di el-Libi, ricercato dal 1998, da parte delle forze di sicurezza americane. Il Congresso Nazionale libico chiede la liberazione del prigioniero, mentre i gruppi estremisti del Paese invitano ad attaccare obiettivi statunitensi. Per risposta, Washington, che ritiene le minacce attendibili, sposta 200 marines a Sigonella, in Sicilia.

 

1. LA REAZIONE LIBICA – Il blitz statunitense di sabato in Libia che ha condotto alla cattura di el-Libi, ritenuto l’ideatore degli attentati contro le ambasciate americane in Kenya e Tanzania nel 1998, ha aperto un fronte di crisi tra Washington e Tripoli. L’opinione pubblica libica, infatti, non ha gradito il raid, inteso come un’infrazione del diritto internazionale, né che il Governo abbia affermato di non essere stato preventivamente informato dell’azione. Al contrario, il segretario Kerry ha dichiarato che la Libia fosse al corrente dell’imminente cattura dell’uomo, il quale adesso è probabilmente detenuto sulla nave prigione San Antonio, in attesa di essere sottoposto a un processo negli USA. Da parte sua, il Congresso Nazionale di Tripoli ha chiesto la liberazione di el-Libi, appena rientrato dall’Iran dopo essere stato graziato, definendo l’arresto una «flagrante violazione della sovranità nazionale». Il primo ministro Ali Zeidan si è detto concorde sulla necessità di ricondurre el-Libi nel Paese, mentre l’ambasciatrice statunitense è stata convocata dal ministro della Giustizia. A preoccupare Washington, però, è la reazione delle componenti islamiste più intransigenti, che hanno invitato a prendere d’assalto obiettivi statunitensi, compresi cittadini americani da impiegare come «merce di scambio».

 

2. LE CONTROMISURE DEGLI USA – L’Amministrazione Obama ritiene che le minacce in Libia siano concrete, cosicché, con l’autorizzazione del ministero della Difesa italiano, il Pentagono ha disposto l’invio a Sigonella di 200 marines e 6 velivoli (quattro MV22 “Osprey” e due KC-130 per il rifornimento in volo). Secondo le comunicazioni ufficiali, la misura è parte di un processo di rischieramento concordato tra Italia e Stati Uniti e mirato allo spostamento in Sicilia di una task force per il sostegno a eventuali missioni di evacuazione e salvataggio. In realtà, probabilmente Washington ha accelerato le operazioni, al fine di garantire una pronta risposta contro coloro negli USA che stanno richiamando Obama alla massima allerta per evitare fatti analoghi all’11 settembre 2012, quando l’ambasciatore Stevens e altri tre statunitensi furono uccisi durante un assalto al consolato americano di Bengasi.

 

3. LA POSIZIONE DI AMNESTY INTERNATIONAL – Il Presidente deve fronteggiare anche le critiche interne per il ricorso a un’azione di “rendition”, cioè la cattura di un sospettato in un Paese terzo, che molti ritengono una caratteristica della lotta al terrorismo dell’epoca di Bush. Amnesty International ha definito il blitz di sabato una «violazione dei diritti umani fondamentali» e si è dichiarata preoccupata per il rischio che il Governo statunitense impieghi durante gli interrogatori metodi quali l’isolamento prolungato e le privazioni di sonno: «Se el-Libi verrà portato negli USA, non dovrebbe essere condannato a morte». I toni del comunicato della ONG sono ripresi anche dall’inviato delle Nazioni Unite in Libia, Tarek Mitri, il quale ritiene che le richieste dell’Autorità del Paese siano legittime: «Tripoli ha il diritto di conoscere le circostanze della cattura di el-Libi».

 

Beniamino Franceschini

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Beniamino Franceschini
Beniamino Franceschini

Classe 1986, vivo sulla Costa degli Etruschi, in Toscana. Laureato in Studi Internazionali all’UniversitĂ  di Pisa, sono docente di Geopolitica presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici di Pisa. Mi occupo come libero professionista di analisi politica (con focus sull’Africa subsahariana), formazione e consulenza aziendale. Sono vicepresidente del Caffè Geopolitico e coordinatore del desk Africa.

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