In queste ultime settimane stiamo assistendo ad una fase di trasformazione radicale della situazione politica del Mediterraneo. Venti di rivolta sembrano spazzare le coste del Mare Nostrum: noi spettatori occidentali abbiamo assistito alla rapida caduta del governo di Ben Ali in Tunisia e stiamo seguendo con interesse e apprensione quello che accade in Egitto. Ancora più vicino al nostro tranquillo stivale, anche l’Albania è in subbuglio. Ve ne portiamo testimonianza con delle immagini da Tirana
COSA ATTENDERSI – È ancora presto per esprimere valutazioni sugli eventuali esiti delle più o meno violente manifestazioni di questi giorni nel paese delle aquile e tracciare paralleli con le dimensioni del cambiamento avvenuto in Tunisia e di quello che lascia presagire la situazione nelle strade del Cairo, Suez, Alessandria, ma sembra di sentire che una certa voglia di cambiamento, sempre meno contenibile, accomuni i manifestanti nelle strade del Nord Africa e quelli dei Balcani. Senza insistere oltre sulle affinità delle proteste (vedi il nostro Editoriale “Tunisizzazione” ed effetto domino: il significato delle parole), la situazione albanese ha specifiche caratteristiche e registi politici ben precisi.
La situazione politica a Tirana è in stallo dalle ultime elezioni del 28 Giugno 2009, vinte con uno scarto minimo dalla coalizione di Sali Berisha sul principale partito d’opposizione, il Partito Socialista guidato da Edi Rama, carismatico sindaco di Tirana. Dall’estate di due anni fa il dibattito politico è stato monopolizzato dallo scontro tra le due figure politiche intorno alla validità delle elezioni, comunque giudicate nei limiti della legalità dagli osservatori internazionali. Da allora i socialisti di Rama hanno scelto di boicottare i lavori di parlamento e mobilitare la popolazione in una serie di manifestazioni di proteste.
LA CRISI – La situazione è precipitata il 21 Gennaio di quest’anno, quando nel corso di una giornata di mobilitazione popolare, la polizia ha aperto il fuoco uccidendo tre civili. Il corteo era stato indetto dall’opposizione di Rama per invitare ancora una volta Berisha a lasciare la guida del paese, sulla scia dell’indignazione causata dalla diffusione in televisione di un video in cui vengono messi in evidenza la corruzione e il nepotismo della classe al potere. Protagonisti del famigerato video sono il vice Primo Ministro e Ministro degli Esteri Ilir Meta e Dritan Prifti, Ministro dell’Economia. Oltre a ricoprire cariche importanti nell’esecutivo, i due politici sono i vertici del Movimento Socialista per l’Integrazione, il partito grazie alla cui alleanza si regge il governo di Berisha.
In seguito allo scandalo, e alla tragica conclusione della manifestazione del 21, il Primo Ministro sta vivendo il momento più basso della sua carriera politica, a tutto vantaggio dell’unico avversario Rama. Molti commentatori nazionali e internazionali puntano il dito verso il comportamento ambiguo del Sindaco della Capitale, che sembra utilizzare l’arma della sommossa popolare, senza troppo curarsi delle conseguenze per quanto riguarda l’ordine pubblico e la stabilità delle istituzioni.
L’Albania sembra stretta nello scontro personale tra i due personaggi pubblici, scontro all’ultimo sangue che non ha risparmiato colpi bassi, e lo spettro della crisi del ’97, durante la quale gli scontri nelle strade fecero registrare 2000 morti, è sempre dietro l’angolo.
VISTO DA FUORI – L’Unione Europea, che si apprestava a salutare in tempi brevi l’entrata della piccola democrazia balcanica nel sistema comune, segue con apprensione la vicenda limitandosi a invocare una soluzione pacifica e un accordo tra i due contendenti. Se la situazione di stallo delle istituzioni e di agitazione popolare dovesse perdurare le prospettive di entrare nel club dell’Europa che conta naturalmente si allontanerebbero.
Infine è utile riportare l’opinione di alcuni studiosi che suggeriscono come dietro all’acuirsi dello scontro possano esserci motivazioni economiche. Secondo le ricerche di alcune società internazionali in territorio albanese si troverebbero consistenti riserve petrolifere non ancora sfruttate e lo scontro in atto avrebbe come motivazione anche lo sfruttamento di questa lucrosa scoperta.
Jacopo Marazia – Immagini di Valerio Muscella