Intervista del Caffè all’Ambasciatore della Repubblica di Cipro in Italia, Leonidas Markides. Si parla della situazione economica sull’isola, in lento miglioramento, degli ottimi rapporti bilaterali con il nostro Paese, e delle complicate relazioni con la Turchia, che occupa ancora de facto una parte di Cipro
Come ripresa del nostro articolo “Cipro: la ripresa del dialogo intercomunitario“, l’Ambasciatore della Repubblica di Cipro in Italia, Leonidas Markides, ci ha concesso un’intervista nella quale tocca diversi argomenti. Su tutti, la difficile situazione sull’isola tra popolazione greca e turca. Una soluzione, purtroppo, non sembra ancora vicina.
Poco più di un anno fa la crisi bancaria nella Repubblica di Cipro ha toccato il suo apice: a distanza di oltre dodici mesi cosa rimane di quegli eventi? La Repubblica è riuscita a superare la crisi?
Il memorandum concordato tra la troika (Commissione Europea, BCE, FMI) e Cipro in cambio del sostegno finanziario prevede misure molto dure e non sempre eque. In particolare, il nostro Governo aveva denunciato a suo tempo tentativi di approfittare della crisi per ridimensionare un settore trainante dell’economia cipriota come sono le banche, a tutto vantaggio dei sistemi creditizi di altri Paesi. Malgrado ciò, grazie al sacrificio dei maggiori correntisti e al pronto intervento delle autorità, il sistema bancario cipriota ha potuto contenere i danni. La puntuale applicazione del memorandum ha avuto effetti positivi anche sui conti pubblici, dove la troika ha riscontrato grandi progressi, grazie soprattutto al contenimento della spesa pubblica. Le previsioni del FMI parlano di possibile fine della recessione già dall’anno prossimo.
Quali prospettive vede per il Suo Paese nello sviluppo delle risorse di idrocarburi offshore? Quali possibili ostacoli?
Lo sfruttamento degli idrocarburi del Mediterraneo orientale avrà un serio impatto non solo sull’economia di Cipro ma in tutta Europa, sempre alla ricerca di fonti energetiche. Cipro si è mossa in tempo in accordo con i Paesi confinanti, con i quali la cooperazione è indispensabile. In particolare, bisogna risolvere in maniera condivisa la questione del trasporto del gas prodotto verso i mercati europei e mondiali. Alcuni governi propongono la soluzione di un gasdotto che attraversi la Turchia, ma c’è un ostacolo. Ankara infatti non riconosce la Repubblica di Cipro e mantiene un forte contingente militare di occupazione sull’isola. Ci sono anche altri progetti, come la costruzione di un terminale per la liquefazione, che è in fase avanzata di preparazione. Ovviamente, un grosso ostacolo è costituito dall’atteggiamento aggressivo della Turchia, che manda navi militari e minaccia le società di esplorazione. E’ una commedia dell’assurdo: la Turchia, Paese tra i pochi che non hanno sottoscritto la Convenzione dell’ONU sul diritto del mare (UNCLOS) del 1982, pretende di avere diritti sulla Zona Economica Esclusiva di Cipro a nome della comunità turco- cipriota. La quale, per decisione della Turchia stessa, ha proclamato unilateralmente la sua separazione dalla Repubblica di Cipro e la “fondazione” di un proprio “Stato”, non riconosciuto da alcuno. Ora però che c’è ‘odore di gas’ Ankara si è ricordata che la comunità turco- cipriota è riconosciuta dalla Costituzione della Repubblica di Cipro. Certo, individualmente i turco- ciprioti hanno tutti di diritti in quanto cittadini della Repubblica e quando saranno lasciati liberi di esprimersi e di decidere, potranno anche godere collettivamente dei vantaggi derivanti dalle riserve energetiche.
Negli ultimi mesi si è potuta constatare un’accelerazione nel dialogo intercomunitario tra la comunità greco-cipriota e quella turco-cipriota presenti nell’isola. A cosa è dovuto questo sviluppo?
Non so se si possa parlare di accelerazione. I negoziati vanno avanti con grandi difficoltà. L’impressione è che l’atteggiamento di Ankara non sia cambiato. Avevamo sottoposto una proposta per ripristinare la fiducia reciproca. Ha ottenuto il sostegno delle Nazioni Unite e di tutta la comunità internazionale e disponeva che le forze di occupazione turche permettessero il ritorno degli abitanti di Famagosta nelle loro case, ora rinchiuse in una città fantasma recintata. In cambio, i turco-ciprioti avrebbero avuto la possibilità di commerciare attraverso il porto di Famagosta, sottoposto al controllo dell’UE. La proposta non è andata avanti e al suo posto riceviamo dalla parte turco-cipriota sempre le stesse proposte, bocciate una volta per tutte insieme con il Piano Annan del 2004: fondare un “nuovo Stato”, una federazione che assomiglia molto a una confederazione tra “due Stati”, continuare a sopportare la presenza di truppe turche, avere sempre più coloni anatolici. Tutte proposte in contrasto con le risoluzioni delle Nazioni Unite su Cipro e con la volontà della maggioranza degli stessi turco- ciprioti. Il punto chiave è il fortissimo condizionamento della leadership turco- cipriota da parte di Ankara.
Esistono concrete possibilità di giungere ad una soluzione della disputa?
Sicuramente ci sono. La questione di Cipro è un problema di invasione straniera e di occupazione di quasi il 37% di un Paese indipendente, membro delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea. Se la Turchia rinuncia ai suoi folli progetti neo-ottomani, i ciprioti possono trovare in tempi rapidi una soluzione istituzionale basata sulla libera convivenza tra le due comunità, quella maggioritaria (80%) e quella minoritaria (18%). La Turchia ha inventato e diffuso il mito che le due comunità non possano convivere in un unico stato. La verità è che hanno convissuto per quasi cinque secoli e che gli scontri interetnici degli anni Sessanta e Settanta erano espressione di correnti nazionaliste cipriote sostenute, finanziate e armate dalle cosiddette “potenze garanti”, dalla Turchia e dalla Grecia dei colonnelli.
Potrebbero esserci ripercussioni a livello internazionale (rapporti con Grecia, Turchia, Gran Bretagna, Nazioni Unite) o si tratta solo di una questione interna legata alla convivenza all’interno dell’isola? Quale ruolo potrebbero giocare le istituzioni di Bruxelles in queste dinamiche?
Fin dai primi anni dell’indipendenza Cipro è stata vittima della Guerra Fredda. Il Presidente Makarios era uno dei fondatori del Movimento dei Non Allineati e questo creava così grandi preoccupazioni ai paesi NATO che alla fine qualcuno cercò di assassinarlo. Ora la Guerra Fredda non c’è più ma il Medio Oriente è in fiamme. Riunificare Cipro, contenendo la bulimia geopolitica di Ankara, potrebbe essere un importante segnale in controtendenza per un Occidente disorientato e confuso e per un’Unione Europea in pessime condizioni economiche e politiche. Quest’anno si festeggia il decimo anniversario dell’adesione di Cipro all’Unione Europea. Cipro non ha aderito all’UE per ragioni economiche ma per ragioni politiche: poiché cercava in Europa quell’ambito di sicurezza che i valori fondativi dell’UE sanciscono e garantiscono. L’Unione ha svolto un ruolo significativo imponendo alla Turchia di normalizzare i suoi rapporti con Cipro come condizione per fare progressi sulla via dell’adesione all’UE. La risposta turca è stata di totale inosservanza. Quest’anno ci sono state anche delle provocazioni. Al Consiglio d’Adesione che si è tenuto sotto la presidenza greca, il governo turco ha presentato un suo paper in cui la Repubblica di Cipro veniva definita “defunta”. Poco prima, nella pagina web del ministero degli esteri turco, i cittadini di Cipro che devono chiedere il visto sono qualificati cittadini di una inesistente “amministrazione greca di Cipro del sud”. Abbiamo sentito accusare Cipro di ostacolare l’adesione turca ma la verità è che i turchi si sono ostacolati da soli perché non hanno compreso bene che cosa è l’Unione Europea, con i suoi difetti e le sue virtù.
Nel novembre dello scorso anno Praxoula Antoniadou Kyriacou (ex ministro della Repubblica di Cipro) e Özlem Oğuz Çilsal (economista turco-cipriota) hanno pubblicato un paper dal titolo When all Players can win in cui sostengono che l’unificazione dell’isola porterebbe vantaggi tanto dal punto di vista economico quanto da quello politico per entrambe le comunità. Quali vantaggi vede da una maggiore cooperazione?
Che la riunificazione sia nell’interesse di tutto il popolo di Cipro è una cosa che noi ciprioti conosciamo da molti decenni. Il problema è che quando, nel 2011, un giornale turco- cipriota ha protestato per l’aggressione delle truppe di occupazione contro gli statali in sciopero, qualcuno ha messo una bomba in redazione. Due giornalisti turco- ciprioti sono stati assassinati negli anni Sessanta. Un mese fa una coppia di negozianti turco-ciprioti è stata arrestata ed è sotto processo perché ha innalzato la bandiera della Repubblica di Cipro. Ecco la differenza che c’è tra studi e analisi interessanti e pacate e la reale situazione di oppressione e di violenza che si vive nella parte settentrionale della nostra isola.
Infine, lei è l’ambasciatore della Repubblica di Cipro in Italia. Come giudica i rapporti tra i nostri due Paesi? In quali aree ritiene che le relazioni possano essere ulteriormente implementate?
I rapporti tra Italia e Cipro sono antichissimi e tradizionalmente eccellenti e hanno avuto un’accelerazione dopo l’adesione di Cipro all’UE. I segni della lunga e feconda presenza della Serenissima sono tuttora molto evidenti in ogni angolo della nostra isola. Negli ultimi decenni l’Italia ha costantemente appoggiato la lotta del popolo cipriota per la riunificazione dell’isola. Tutti i Governi italiani hanno sostenuto le giuste richieste e le aspirazioni del popolo cipriota in tutti i forum internazionali sia in ambito europeo che fuori. Decine di migliaia di italiani trascorrono le loro vacanze estive a Cipro, alcuni si sono anche stabiliti, attratti dal buon clima. L’Italia è il secondo partner commerciale di Cipro nell’UE dopo la Grecia e con un bilancio degli scambi costantemente vantaggioso, secondo i dati statistici del 2013. A Cipro domina la moda italiana, mentre è apprezzata anche la cucina. Infine, c’è anche un intenso interscambio culturale, con manifestazioni che si tengono in ambedue i nostri Paesi, spesso incoraggiate dalla rete di comuni e municipi gemellati, come, cito solo come esempio, le città di Venezia e di Larnaca.
Filippo Urbinati