Caffè150 – Il 27 ottobre 1962 nelle campagne di BascapĂ© nei pressi di Pavia moriva Enrico Mattei, Presidente dell’Ente Nazionale Idrocarburi (ENI), a seguito della caduta del bireattore su cui volava insieme al pilota Irnerio Bertuzzi e al giornalista inglese William Mc Hale. Molti studiosi ritengono che con questa poliedrica figura di uomo intelligente e deciso, con indiscusse capacitĂ imprenditoriali, ex comandante partigiano e cattolico osservante, morì il sogno dell’autonomia energetica italiana
LA CARRIERA – Personaggio assai discusso, la cui morte resta annoverata tra i grandi misteri italiani irrisolti, Mattei è stato secondo alcuni anche un grande corruttore. Celebre almeno quanto la sua morte è infatti rimasta la frase in cui affermava: “I partiti sono come i taxi. Li chiamo quando servono perchĂ© mi portino dove voglio. Io pago la corsa.” La sua rilevanza politica iniziò quando Mattei decise di mettere in discussione quelle clausole del Trattato di Pace con gli Stati Uniti che, dopo la Seconda Guerra Mondiale, imponevano all’Italia di liquidare l’Azienda Generale Italiana Petroli (Agip), una grande azienda pubblica (il capitale sociale era conferito per il 60% dal Ministero per il Tesoro, per un 20% dall’Istituto Nazionale delle Assicurazioni (INA) e per il restante 20% dalle Assicurazioni Sociali) istituita nella forma di societĂ per azioni con il regio decreto del 3 aprile 1926 per lo svolgimento d’ogni attivitĂ relativa all’industria e al commercio dei prodotti petroliferi. Ma Mattei, che subito dopo la guerra e una carriera rapidissima ne diviene Vicepresidente, non ci stava a cedere ai privati il controllo sull’energia italiana. Le scoperte di metano nel 1946 in Emilia-Romagna e a Caviaga, in Lombardia, resi noti nel 1949, e il supporto della Democrazia Cristiana, i cui rapporti derivavano dalle battaglie come comandante partigiano per le brigate cattoliche, furono una motivazione sufficiente per ritardare lo scioglimento dell’Agip. Progressivamente le azioni della compagnia iniziarono a salire e, tramite l’impiego di mezzi e metodi a volte controversi ma efficaci, il gas iniziò ad arrivare in tutte le case italiane.
L’UOMO E LA POLITICA – E’ importante sottolineare che fin da questo momento Mattei ebbe l’appoggio di De Gasperi (ai quali è dedicato un altro speciale del CaffĂ©) e, soprattutto, di Ezio Vanoni, un nome oggi sconosciuto ai piĂą ma che fu Ministro delle Finanze. Come si legge sulla rivista CeRDEF della Scuola superiore dell’economia e delle finanze: “Vanoni dopo aver retto il dicastero del Commercio Estero divenne nel 1948 Ministro delle Finanze e si distinse subito per due rilevanti iniziative: il riordino del sistema tributario e la valorizzazione di quelle “partecipazioni statali” che potevano contribuire alla ricostruzione e dare avvio ad un effettivo sviluppo economico.” Fu, dunque Vanoni, a ben vedere, a troncare la liquidazione dell’Agip che si stava quasi per concludere, e a permettere la vita del cane a sei zampe. Una tale presa di iniziativa non lasciò probabilmente indifferenti gli Stati Uniti. Secondo l’ Intelligence memorandum del 17 luglio 1946 dal titolo “Interests” (il documento è custodito nei National Archives di Washington), il Dipartimento di Stato registrava che in quell’anno in Italia operassero 44 aziende americane per un investimento totale di circa 73 milioni di dollari (la metĂ di tutti gli investimenti statunitensi in Italia), dei quali circa un terzo effettuati dalla Standard NJ, che controllava una costellazione di aziende del settore petrolifero e dei servizi automobilistici.
LE SETTE SORELLE – L’infaticabile Mattei non si fece intimidire dalle grandi potenze e costruì l’ENI intorno all’Agip (nel 1953 ne diventò Presidente). L’obiettivo nella mente di Mattei restò quello dell’autonomia energetica dell’Italia, per questo il suo progetto entrava inevitabilmente in competizione con il potere delle “Sette Sorelle”, locuzione coniata da Mattei stesso per indicare le grandi imprese petrolifere che monopolizzano il mercato del greggio. I contatti cercati con Libia, Marocco, Egitto, Iran e Unione Sovietica con cui Mattei stipulò accordi non potevano che dare fastidio, in particolar modo agli Stati Uniti e le sue “Cinque Sorelle” (vedi il Chicco in PiĂą). Con queste ultime padrone delle riserve tradizionalmente aperte allo sviluppo occidentale, Mattei non vedeva infatti altra possibilitĂ per il futuro energetico italiano se non stabilire accordi con paesi con i quali gli USA – e quindi le sue compagnie – non intendevano fare affari per motivi politici. Si trattava di territori e risorse dunque ancora liberi e facilmente sfruttabili da quello che diventerĂ il gigante italiano del petrolio. Fare affari con paesi non allineati a Washington attirò ovviamente l’inimicizia dell’amministrazione USA, tanto che lo scontro con il potere statunitense non venne nascosto da Mattei nelle sue esternazioni: “La politica del monopolio americano è finita. Le nuove realtĂ politiche dei paesi produttori di petrolio rendono possibile un nuovo sistema, basato su accordi diretti tra paesi produttori e paesi consumatori di petrolio.”
LA MORTE E GLI INTERROGATIVI – A causa di tali contrasti e dei risentimenti che ne derivarono, la morte di Enrico Mattei, apparentemente un incidente, ha sempre lasciato aperte molte ipotesi di assassinio. Riguardo ai possibili committenti o responsabili si spazia dall’estremismo di destra, ostile a Mattei per le sue aperture al modo arabo, a Israele o alle Sette Sorelle, dagli Stati Uniti alla mafia. La morte di Mattei certamente lasciò degli strascichi su chi si avvicinò al suo caso: De Mauro, il Direttore de l’Ora di Palermo, che aveva lavorato al Giorno (quotidiano di Mattei) e che indagò sulla sua morte sparì nel nulla. Anche Pier Paolo Pasolini, il cui decesso resta avvolto dal mistero, si interessò alla figura di Mattei, tanto che “Petrolio”, un libro incompiuto e pubblicato postumo che conteneva il capitolo “Lampi su Eni”, sparì dalle carte del manoscritto originale.
Anna Longhini