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Dall’Europa al Medio Oriente: il gruppo jihadista Sharia4

Miscela Strategica I mesi estivi del 2014 hanno conosciuto un forte interesse da parte dei mezzi di comunicazione verso quello che veniva definito come un nuovo trend del jihadismo globale, ossia la partenza di giovani europei verso il Levante al fine di combattere con gruppi di carattere islamico. Per capire determinati meccanismi, può risultare utile analizzare il caso offerto da Sharia4, un network fondamentalista fortemente radicato nel contesto europeo. Grazie all’efficienza dei suoi modelli operativi e alla sua capacità di adattamento, è riuscito a imporsi sia a livello ideologico che attuativo, come fattore di radicalizzazione prima e di allaccio alle cellule jihadiste mediorientali dopo.

SHARIA4 NELLA GALASSIA JIHADSITA EUROPEA – L’universo jihadista europeo è essenzialmente suddivisibile in due macro-filoni, poco comunicanti fra loro e dalle evidenti discrasie attitudinali. Da un lato è osservabile un mainstream di gruppi che, giunti soprattutto dal Nord Africa e insediatisi nel Vecchio Continente verso la fine degli anni Ottanta, non hanno mai denotato reali ostilità verso i Paesi ospitanti, né sembrano intrattenere relazioni fra loro. Hanno un approccio fortemente conservatore, tendono a snobbare i media quanto i social network e soprattutto non esibiscono reclutatori, né intenzioni di ampliare la loro membership autoctona all’Europa. Vi è poi, all’estremo opposto, un sottosuolo di minuscoli gruppi, spesso privi di qualsivoglia collegamento con hub maggiori, che si è notato nascere a partire dalla prima metà degli anni Duemila. Si tratta di gruppi che senza poter contare, almeno all’inizio, su mediatori o facilitatori appartenenti a cellule già stabilmente collocate all’estero si istruiscono, si conoscono e si associano tramite il web. Padroneggiano e sanno sfruttare il linguaggio dei media e dei social, tendono alla coesione fra simili e sono generalmente privi di contatti con moschee e centri islamici, venendo spesso respinti per non attirare le attenzioni del Paese ospitante o evitare intrusione di spie. I loro membri, inoltre, il più delle volte non conoscono la lingua araba, trattandosi di immigrati di seconda e terza generazione, se non di europei “puri” (lo sono circa un nono del totale) che si sono radicalizzati in maniera autonoma.
Esattamente a metà fra i due estremi si colloca tutta una serie di gruppi che viene generalmente definita come “movimento Sharia4”. Il nome è composto da due parti: una è costante (Sharia4, precedentemente Islam4 e raramente Need4KhilafaIn), mentre l’altra, variabile, è di natura geografica. Si ottengono così le filiali di Sharia4Belgium, Sharia4UK, Sharia4France… Seppur fortemente dislocate, le varie cellule sono coordinate da un core centrale composto dai due padri fondatori del network, Omar Bakri, oggi in esilio in Libano, ideatore della propaggine inglese di Hizb ut-Tahrir (network estremista internazionale dalla forte connotazione politico-rivoluzionaria), e Anjem Choudary, un compagno di Bakri conosciuto a Londra: i due condividevano la direzione di al-Muhajirun, un collettivo islamico radicalista nato in Inghilterra a metà anni Novanta.

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Fig. 1 – Attivisti di Sharia4UK posano con uno striscione al termine di una conferenza stampa tenuta da Anjem Choudary

SHARIA4: LA SUA ATTVITÀ – In virtù della sua natura mediana nel contesto jihadista europeo, Sharia4 si muove su una doppia direttrice, agendo verso il basso come fattore radicalizzante e di proselitismo, e verso l’alto come trampolino di lancio per il terrorismo internazionale. Infatti, a causa della natura bottom-up del processo di aggancio con il jihadismo globale, si fa normalmente riferimento a questo fenomeno utilizzando il termine collegamento (bridging o linkage) più che reclutamento. Ritornando alla funzione radicalizzante, tramite l’organizzazione di manifestazioni, la condivisione di materiale su internet e la cosiddetta street da‘wa (predicazione per strada), i gruppi Sharia4 sono in grado di piantare nella società ospite i semi del fondamentalismo. In breve, dal punto di vista ideologico, il fondamentalismo sponsorizzato dal movimento è una rivisitazione della dottrina della hisba: poiché il mondo si trova oggi in una situazione di corruzione e decadenza (che paragonano alla jahiliyya, ossia l’era pre-islamica), la soluzione a ogni male è l’istituzione di uno Stato islamico regolato dalla shari‘a. È soprattutto tramite il web che i gruppi acquistano il know-how necessario alle loro operazioni. Infatti Sharia4 impone un modello operativo da seguire rigidamente: per questo la dialettica dei contenuti che i suoi gruppi propongono è unificata. Ad esempio, i loghi delle varie formazioni sono costituiti dalla bandiera o dalla mappa di un Paese, alla quale viene aggiunta una banda nera riportante la shahada (professione di fede musulmana). I loro volantini contengono immagini provocatorie composte da famosi monumenti europei su cui sventolano bandiere islamiche. I membri del network Sharia4 perseguono la classica dialettica del terrore già utilizzata in passato da al-Qa‘ida, sfruttando i canali mediatici per provocare sgomento nel pubblico tramite gesta eclatanti. I vari capigruppo sono spesso ripresi assieme a bandiere di cellule terroristiche, ne condividono il materiale e supportano i loro membri, agiscono a sostegno del jihad globale e glorificano i mujahidin.

IL SOSTEGNO AL TERRORISMO INTERNAZIONALE – All’interno dei gruppi Sharia4 vi sono le cosiddette bridging person, ossia individui dotati di agganci, conoscenze e credibilità nel contesto jihadista mediorientale. Qualora alcuni membri di una cellula esprimano la volontà di partire per il jihad, in base al Paese e al gruppo di destinazione i sopracitati si attivano al fine di rendere possibile il collegamento. L’incontro con la bridging person è fondamentale: dalla presentazione che questa fa dell’aspirante combattente dipende la riuscita dell’aggancio o meno. Per valutarne l’affidabilità sottopongono i membri a test ideologici, ne studiano il passato, il giro di conoscenze e l’eventuale attenzione posta sull’interessato dalle forze dell’ordine. I gruppi Sharia4 sono in alcuni casi in grado di finanziare direttamente i combattenti, pagandone il viaggio verso il teatro del jihad. I fondi derivano in buona parte da finanziamenti privati e da donazioni che alcune moschee e centri islamici affiliati al gruppo raccolgono, in alcuni casi a insaputa dei donatori.  Non va sottovalutato il fatto che, qualora si verifichi il collegamento e il jihadista riesca a tornare nel Paese di partenza, potrà egli stesso fungere da bridging person, avendo acquisito le conoscenze necessarie: questo assicura al network Sharia4 una potenziale autosufficienza in quanto a capacità attrattive verso i nuovi membri, oltre che un continuo aggiornamento circa gli ultimi trend del jihadismo mediorientale.

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Fig.2 – Anjem Choudary, membro di rilievo di Sharia4, posa di fronte al Parlamento inglese a Londra

LA PROFONDITÀ DELLA MINACCIAIl coinvolgimento dei gruppi Sharia4 nell’attuale jihad siriano è confermato dai più autorevoli rapporti sul terrorismo globale, tra cui il TE-SAT 2013 dell’Europol e il Country Reports On Terrorism 2013, dove figurano come «reclutatori attivi in Europa per il conflitto siriano». Per dare un’idea pratica del peso specifico di Sharia4 nel contesto del terrorismo di matrice europea, secondo uno studio del Centre For Social Cohesion, già nel 2009 un settimo degli individui arrestati per violenza e terrorismo internazionale in Inghilterra mostrava legami con il network. Analizzando la questione empiricamente, si può notare come Paesi quali l’Italia, dove Sharia4 è entrato solo marginalmente, registrino numeri ben più bassi di partenze verso il Levante (circa 70 casi) rispetto a Paesi molto più piccoli, ma fortemente penetrati dal movimento, quali Olanda (200 combattenti) e Belgio (300). Sharia4Belgium e Sharia4Holland, infatti, costituiscono insieme alla filiale inglese la triade di maggiore influenza del network. Riguardo all’accennato caso italiano, si è registrata semplicemente l’apertura, ufficialmente riconosciuta da Sharia4Belgium, di un piccolissimo nucleo (Sharia4Italy) nell’estate del 2012. Oggi il nucleo è inattivo a causa del coinvolgimento del suo leader, Anas el-Abboubi, nel conflitto siriano.

LA STORIA DEI FLUSSI JIHADISTI – Mentre gli attuali flussi umani in direzione Europa-Siria presentano sicuramente alcuni tratti innovativi sia a livello qualitativo che quantitativo, il fenomeno del cosiddetto linkage trova in realtà diversi precedenti storici. Cronologicamente, il primo caso registrato di foreign fighters jihadisti è quello afghano del 1988, in cui diversi giovani sauditi si univano a un gruppo chiamato Qa’ida al-ma’lumat (“base dati”) e guidato da Osama bin Laden. La cellula era a sostegno della coalizione islamica contro l’Unione Sovietica e si occupava di registrare, addestrare e armare i mujahidin sauditi: si evolse nel tempo sino a diventare quello che oggi conosciamo semplicemente come al-Qa‘ida. Il primo caso di conflitto assimilabile alla nozione di jihad con una forte componente di combattenti europei è invece quello relativo al genocidio bosniaco del 1995. Seppur numericamente minori rispetto all’attuale caso siriano, anche i successivi jihad iracheno, maliano, ceceno e somalo registrarono alcune quote di affluenza dall’Europa. Ciò che più ha contribuito però a rendere unico il caso siriano è la dimensione temporale: l’estrema rapidità di arruolamenti ha fatto sì che in tre anni la Siria ricevesse lo stesso numero di combattenti stranieri (circa 11mila) di quanti ne abbia ricevuti in dieci l’Afghanistan e in sei l’Iraq. Un’ulteriore fonte di innovazione è la sostanziale parità numerica fra combattenti stranieri di estrazione sciita e sunnita, con una forte preponderanza dei secondi in passato.

Marco Arnaboldi

[box type=”shadow” align=”aligncenter” ]Un chicco in più

Per un’analisi più approfondita sul movimento Sharia4 rimandiamo a Sharia4: un ponte tra Europa e Levante.

Per la ricostruzione storica del movimento è consigliata l’inchiesta di Catherine Zara Raymond, rilasciata per l’International Center for the Study of Radicalization and Political Violence.[/box]

 

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Marco Arnaboldi
Marco Arnaboldihttp://www.jihadistanblog.blogspot.com

Ventiquattro anni, saronnese, mi sono laureato in Relazioni Internazionali (studiando anche la lingua araba) presso l’Università Cattolica di Milano con una tesi sui combattenti europei impegnati in Siria. Sono stato Visiting Student a Siviglia e a Gerusalemme, attualmente frequento una specialistica in Politiche Internazionali. Ho lavorato come analista presso un’azienda di security consultancy, oggi collaboro con alcuni istituti di ricerca e diverse testate italiane. I miei temi di analisi sono il Medio Oriente, l’Islam politico, il jihadismo e l’home-grown terrorism. Da ultimo, curo un sito sul Jihadismo targato IT (www.jihadistanblog.blogspot.com).

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