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Chi ha vinto le elezioni in Tunisia?

Lo scorso 26 ottobre le elezioni parlamentari tunisine hanno decretato la vittoria di Nida’ Tunis, che si è aggiudicato 85 seggi con il 39% dei voti. Alla luce dei numeri, però, il partito non dispone della maggioranza assoluta.

LE ELEZIONI – In Tunisia sono stati eletti pochi giorni fa i 217 parlamentari che entreranno a far parte del maglis an-nawwab, la Camera dei deputati. A supervisionare le elezioni, attuate con sistema proporzionale, è stata l’Alta autorità indipendente per le elezioni (ISIE), affiancata da osservatori di ONU e Lega araba, nonché da rappresentanti dell’Associazione tunisina per l’integrità e la democrazia delle elezioni (ATIDE).
Le liste erano 1.327, i partiti 94, circa 13mila i candidati, ma era chiaro già da settimane che il vero scontro sarebbe stato tra le due grandi della competizione, Ennahda e Nida’ Tunis.
Nida’ Tunis (Richiamo della Tunisia), il raggruppamento vincitore avverso all’Islam politico e forgiato da anime notevolmente eterogenee, è guidato dall’anziano Beji Caid Essebsi e gode tra gli altri del supporto dei sindacati e di parte della business community del Paese.
Ennahda (Rinascita), il partito islamista di Rashid Gannoushi, vinse nel 2011 le elezioni per l’Assemblea costituente con il 38% dei voti, conquistando 83 dei 217 seggi della Camera bassa. Oggi ha diritto a 69 seggi, posizionandosi al secondo posto con il 32% delle preferenze.
L’Union Patriotique Libre (UPL) guidata dal magnate Slim Rihai, azionista della casa editrice Dar Assabah e proprietario di alcuni tra i maggiori canali televisivi e della squadra di calcio Ennedi Lefriqi (Club Africano), si è posizionata al terzo posto con il 7% dei voti, a grande distanza dalle due maggiori contendenti, con 16 seggi.
In modo inatteso, il Fronte popolare, coalizione di sinistra costituita anche da gruppi di ispirazione baathista e guidata da Hamma Hammani, ha conquistato soltanto il quarto posto con 15 seggi, dopo aver giocato un ruolo fondamentale nell’attivazione della società civile nelle proteste contro Ennahda. Proprio per il Fronte popolare ha conquistato un seggio anche Mbarka Brahmi, vedova di Mohamed Brahmi, il coordinatore generale del partito ucciso il 25 luglio 2013.

GLI ELETTORI – I tunisini hanno votato in 10.569 seggi in patria e ben 405 all’estero. I votanti espatriati erano quasi 360mila. L’affluenza si è attestata a un inedito 69%, mentre il 23 ottobre 2011 era stata inferiore al 52%, con 4,2 milioni di cittadini recatisi alle urne. Dei circa 705mila tunisini che negli ultimi mesi si sono registrati come nuovi votanti, il 45% ha un’età inferiore ai trent’anni e il 50% è donna.
Tali indicatori permettono di smentire le previsioni di chi pronosticava una bassa affluenza determinata dalla cosiddetta disaffezione dei tunisini alla politica. Mossi proprio dalla voglia di cambiamento e dal bisogno di chiudere un quadriennio di transizione, i cittadini si sono invece recati alle urne cogliendo l’occasione che si presentava loro. Alla luce dell’affluenza in crescita e più in generale dell’energia con la quale cittadini, stampa e mass media hanno seguito la fase pre-elettorale, è altresì verosimile che anche le elezioni presidenziali del prossimo 23 novembre vedano una partecipazione ampia ed eterogenea.

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Beji Caid Essebsi, leader di Nida’ Tunis

VINCITORI E SCONFITTI – A pochi giorni dal cambiamento al vertice che porta i laici alla guida del Parlamento, nessuna forza sembra disporre di una maggioranza assoluta. Ciononostante lo smacco subito da Ennahda, che il partito ha riconosciuto già all’indomani delle elezioni attraverso le parole del portavoce Zied Laadhari, risulta evidente. Contrariamente a ciò che in Occidente si è portati a pensare, è verosimile che Ennahda, agli occhi dei tunisini, non abbia pagato lo scotto dei rapporti privilegiati con gli Stati del Golfo o del timore di una progressiva islamizzazione della società: che quest’ultima preoccupi le componenti più laiche della società civile è indubbio, ma esse, almeno in Tunisia, appaiono storicamente munite degli anticorpi necessari a farvi fronte. In questi anni non hanno mai smesso di vincere battaglie da non sottovalutare, prime tra tutte alcune di quelle emerse in seno alla Costituente. Nel testo dell’attuale Costituzione tunisina per esempio, il dibattito sulla scelta tra i termini «uguaglianza» e «complementarietà» tra uomo e donna, questione plurisecolare in tutti in contesti storici a maggioranza musulmana, ha visto la vittoria dei fautori dell’uguaglianza. Ciò che Ennahda ha pagato realmente è stata l’incapacità di arginare la corruzione e di imprimere una svolta all’economia stagnante.

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La conta dei voti

Se Ennahda deve assumersi le responsabilità della sconfitta, ai partiti laici, Nida’ Tunis e non solo, va imputata l’impossibilità di conseguire una maggioranza assoluta. Tale mancato traguardo è stata determinato primariamente dall’assenza dell’unione con molti dei partiti liberali più piccoli, alcuni dei quali hanno apertamente lamentato di essere stati esclusi dal partito oggi vincitore.
Ciò che tra alcune settimane potrebbe emergere dalle elezioni sarà con tutta probabilità un Governo di coalizione sotto la guida di Essebsi. Gli esponenti di Nida’ Tunis si sono finora detti contrari alla prospettiva di una coalizione con Ennahda fintanto che essa non abbia chiarito i propri rapporti con la Fratellanza Musulmana in patria e all’estero, ma appare improbabile che i vincitori decidano di cercare espedienti per confinare all’opposizione l’imponente secondo classificato, mossa che potrebbe rivelarsi controproducente, inasprendo tensioni fino a oggi tenute sotto controllo.
Per quanto riguarda gli obiettivi primari, al composito Parlamento, la cui fisionomia prenderà forma nelle prossime settimane, spetterà il compito di alzare o mantenere quantomeno inalterato il tasso di crescita, che dopo il biennio post-rivoluzionario si è attestato nel 2013 al 2,6%, mentre la disoccupazione raggiungeva il 15,3% ancora al giugno di quest’anno.
Contemporaneamente dovrà altresì dimostrare che le angosce interne ed estere sul versante sicurezza sono immotivate. Voci insistenti sostengono che Ennahda abbia favorito negli ultimi mesi l’invio di 5mila tunisini nei campi di addestramento islamisti in Libia. A ciò si aggiunga che il contingente tunisino è probabilmente il secondo più numeroso all’interno dell’ISIS, con circa 3mila uomini impegnati in Siria e in Iraq. Oltre alla stagnazione economica, a preoccupare i votanti è stato dunque il timore del ritorno di questi giovani espatriati, che una volta in Tunisia potrebbero applicare alla scena politica interna la propria interpretazione del jihad. Conseguentemente, l’eventualità che lupi solitari o cellule organizzate decidano di attivarsi nei prossimi mesi contro la maggioranza laica di Nida’ Tunis non è da sottovalutare. Attualmente inoltre, circa 1.500 tunisini sono già incarcerati con accuse di terrorismo.
In ogni caso durante le elezioni il ministro dell’Interno Lotfi Ben Jeddou ha mobilitato circa 50mila membri delle forze dell’ordine e 20mila soldati, e la giornata elettorale è stata pacifica nonostante le precedenti minacce della Brigata Okba Bin Nafaa, affiliata ad al-Qaida e attiva sul confine con l’Algeria.

LA PRESENZA FEMMINILE – Tracciando un primo bilancio di queste elezioni parlamentari, una nota pervicacemente dolente riguarda la presenza femminile sulla scena politica del Paese. Un decreto del maggio del 2011, in vista dell’Assemblea costituente, ha stabilito che i partiti presentino un ugual numero di candidati e candidate. Alle elezioni dello stesso anno le donne hanno ottenuto 49 seggi, 42 solo per Ennahda, attestando la loro presenza al 27,2%. Oggi, sebbene vi siano state molte candidate all’interno delle liste, solo il 12% di loro era posizionato come capolista, cosa che ha reso assai esigue le possibilità di molte.
A prescindere dalla fisionomia che il nascente Parlamento si accinge ad assumere e dai tuttora esistenti margini di miglioramento nella gestione della res publica, la Tunisia ha intrapreso un itinerario democratico sul quale i tunisini si rivelano in gran parte ottimisti, consapevoli del laboratorio di democrazia che il Paese è tornato a essere per la sponda sud del Mediterraneo e non solo.

 Sara Brzuszkiewicz

[box type=”shadow” align=”aligncenter” ]Un chicco in piĂą

Discostandosi dal risultato in patria, gli oltre 106mila tunisini presenti in Italia hanno votato in maggioranza per Ennahda, facendole conquistare due seggi contro l’unico seggio di Nida’ Tunis.

Avevamo presentato le elezioni in Tunisia con questo articolo: La Tunisia e il suo autunno elettorale.

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Sara Brzuszkiewicz
Sara Brzuszkiewicz

Sono nata nel 1988 e ho cominciato a conoscere il mondo molto presto grazie a due folli amanti dei viaggi, i miei genitori. Laureata in Mediazione Linguistica e Culturale nel 2010 ed in Lingue e Culture per la Comunicazione e la Cooperazione Internazionale nel 2012, sono junior researcher su Nord Africa e Medio Oriente alla Fondazione Eni Enrico Mattei e dottoranda in Istituzioni e Politiche all’Università Cattolica di Milano. Nutro una smisurata passione per la lingua araba, una delle più ricche al mondo, e per la cultura arabo-musulmana in tutte le sue forme: dalla storia alla cucina, dalla geopolitica alla letteratura, dall’attualità alla danza orientale. Appena ho potuto, per migliorare il mio arabo o per piacere personale, ho viaggiato tra Egitto, Marocco, Siria, Tunisia, Emirati Arabi Uniti, Oman. Cittadina del mondo troppo sensibile, mi lego per sempre ad ogni luogo vissuto, che poi è immancabilmente difficile lasciare.

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