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Georgia: le relazioni con la crisi ucraina

In tre sorsi – Gli ormai decennali progetti d’integrazione nell’Alleanza Atlantica del piccolo Paese caucasico sembrano ancora oggi incapaci di produrre risultati tangibili a causa del veto della Russia.Il Summit NATO di Cardiff dello scorso Settembre è stata la più recente, ma probabilmente non ultima, sconfitta politica; la nomina da parte di Poroshenko dell’ex Primo Ministro georgiano Mikhail ‘Misha’ Saakashvili a capo del Consiglio Consultivo per le Riforme in Ucraina fa tornare sotto i riflettori l’uomo che aveva fatto dell’integrazione nella NATO l’obiettivo primario della Georgia.

1. IL PASSATO – Dal 22 Novembre 2002, giorno in cui Eduard Shevardnadze, ex Ministro degli Esteri sovietico e Presidente della Georgia dal 1995 al 2003, presentò formalmente al summit NATO di Praga la richiesta di adesione della Georgia, il cammino del Paese verso l’Alleanza Atlantica è stato un intenso susseguirsi di concessioni e smentite da parte dei partner occidentali. Misha Saakashvili’, avvocato formatosi nelle università statunitensi, dopo aver ricoperto a poco più di trent’anni il ruolo di Ministro della Giustizia sotto il Governo di Shevardnadze, per poi dar vita alla sua creatura politica, lo United National Movement, fu l’uomo forte della protesta popolare le cui cause scatenanti furono i brogli in occasione delle elezioni parlamentari del Novembre 2004 e la dilagante corruzione del Paese. La protesta era patrocinata anche da movimenti studenteschi, partiti d’opposizione e ONG ed è nota come “Rivoluzione delle Rose”. Divenuto Primo Ministro con oltre il 90% dei consensi nel Gennaio 2004, spinse la repubblica caucasica con decisione verso intensificati rapporti con gli Stati Uniti. Il Primo Ministro arrivò perfino a dedicare a George W. Bush uno dei principali viali della capitale e, ispirato dal sostegno del suo mentore, pose l’adesione alla NATO come priorità del suo programma di politica estera. Le speranze, anche se non esplicitate in dichiarazioni ufficiali, del premier Saakashvili erano rivolte all’ottenimento del MAP (Membership Action Plan) – programma di “consiglio, assistenza e supporto pratico” per i Paesi che aspirano ad aderire alla NATO – insieme all’Ucraina, in occasione del summit NATO di Bucarest dell’Aprile 2008. L’appoggio incondizionato degli Stati Uniti, pronti a sostenere la Georgia “faro della democrazia”, e dei Paesi baltici dovette scontrarsi con lo scetticismo dell’Italia, decisa a non inimicarsi la Russia di Putin, della Francia e della Germania. La Cancelliera Merkel, inoltre, dichiarò che gli Stati coinvolti in conflitti congelati sul proprio territorio non sarebbero potuti divenire membri NATO.

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Saakashvili ai tempi dell’alleanza con George W. Bush

2. IL PRESENTE – Il primo vero avvicendamento elettorale democratico nella breve storia della Georgia nel 2012 e il suo contributo alla missione ISAF in Afghanistan – il contingente di truppe georgiano era il più numeroso tra quelli dei Paesi non membri dell’Alleanza Atlantica- avevano fatto sperare nella concessione dell’agognato MAP nel summit NATO di Cardiff dello scorso Settembre.
Il Paese, governato da Irakli Garibashvili, luogotenente del miliardario ex primo ministro Bidzina Ivanishvili, fautore di una politica più distesa nei confronti di Mosca, si trova stretto tra l’attivo impegno in operazioni militari NATO (oltre il 70% dell’opinione pubblica è favorevole all’adesione all’Alleanza) e i continui moniti della Russia. Infatti, il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov lo scorso 18 Febbraio ha condannato l’installazione di centri di addestramento NATO in Georgia come azione verso la quale il Cremlino non avrebbe potuto restare impassibile. Intanto, mentre gli occhi della comunità internazionale sono puntati sul fronte ucraino, la Russia ha stipulato un trattato di confine con il Ministro degli Esteri de facto dell’Ossezia del Sud , Dmitry Sanakoev. Finora la ferma condanna georgiana dell’atto, interpretato come minaccia concreta alla sovranità e all’indipendenza della Georgia, è rimasta inascoltata dagli Stati dell’Unione Europea. Ulteriore apprensione desta il progetto di “alleanza e integrazione” tra Mosca e Tskhinvali (capitale dell’Ossezia del Sud) che potrebbe preludere, secondo quanto affermato dalle autorità georgiane, a un’annessione o a una tacita incorporazione nella Federazione Russa.

3. IL FUTURO – La Georgia guarda con preoccupazione la presente crisi ucraina: i due Paesi, accomunati prima da simili percorsi di apertura all’Occidente dopo il crollo dell’Unione Sovietica, da due “Rivoluzioni Colorate” ad appena un anno di distanza e da speculari tentativi di integrazione nell’Alleanza Atlantica, rischiano di condividere il comune peso di “conflitti congelati” in regioni separatesi grazie all’appoggio della Russia. Anche in virtù di queste analogie, l’establishment ucraino ha scelto di affidarsi all’esperienza di ex membri del Governo di Tbilisi.
Saakashvili, tornato a rivestire un ruolo di particolare rilievo in quanto capo del Consiglio Consultivo per le Riforme del Governo di Kiev, gestirà i rifornimenti militari verso l’Ucraina per il debole governo di Arsenij Yatseniuk, nella cui compagine figura come vice-Ministro degli Affari Interni Eka Zguladze che aveva rivestito lo stesso ruolo in Georgia. L’ex enfant prodige della Rivoluzione delle Rose, lautamente finanziata dal governo statunitense e dall’Open Society Institute di George Soros, ormai esule e impossibilitato a tornare nel proprio Paese dove pendono su di lui diversi capi d’imputazione, si prepara ad incarnare il ruolo di portavoce degli interessi di Washington in Ucraina. La presenza europea in Georgia non è sufficientemente salda da poter salvaguardare, attraverso la missione di monitoraggio dell’Unione Europea (EUMM), i confini delle due regioni secessioniste, Abkhazia e Ossezia del Sud, dalle pressioni russe.
La compagine governativa, travolta da continui scandali e avvicendamenti – ultime le dimissioni del Ministro dell’Interno sospettato di aver protetto i mandanti di un omicidio politico – sembra destinata a perdere coesione. Alla Georgia non va meglio sul piano economico: ancora dipendente dalle rimesse in gran parte provenienti dalla Russia, si troverà, inoltre, ad affrontare una crescente svalutazione della moneta (il lari) che da Novembre ha perso il 23% sul dollaro toccando il valore minimo dal 2004.
Nel 2012 Ivanishvili, in un’intervista al The Georgian Times, dichiarava che Tbilisi non sarebbe stata in grado di rimanere neutrale e che, tra le molte influenze, avrebbe dovuto trovare la propria posizione. In un contesto politico dove nelle urne è il leader e non la coalizione a determinare la scelta, non sono pochi coloro che hanno in mente l’uomo giusto per far trovare il giusto posto alla Georgia nello scacchiere geopolitico: è Saakashvili, “Misha l’americano”, ponte tra i voleri di Washington, la crisi ucraina e le speranze NATO georgiane.

Filippo Pierozzi

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Un chicco in più

Al link seguente potete trovare una cronologia delle relazioni della Georgia con la NATO.
La compagine governativa georgiana dallo scorso autunno sta attraversando un periodo di costante crisi. Alle recenti difficoltà nel trovare una posizione comune nella nomina del Presidente della Suprema si sono aggiunte le dimissioni del Governatore della regione dell’Imereti.
Mentre lo UNM ha già messo sul tavolo un programma elettorale di tagli alle tasse, in vista di probabili elezioni anticipate, il magnate Ivanishvili prepara una nuova “discesa in campo “per ricompattare la sua creatura politica, Georgia’s Dream.
La futura collocazione strategica del Paese, oltre che dall’ingombrante peso russo e dalla risoluzione della crisi ucraina, dipenderà dall’esito delle prossime elezioni parlamentari previste per il 2016.

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Filippo Pierozzi
Filippo Pierozzi

Classe ’93, laureando in Relazioni Internazionali presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Guidato da suggestioni letterarie e cinematografiche, ho frequentato corsi presso la London School of Economics e l’Ècole Normale di Parigi. Lo stage presso l’Ambasciata italiana di Tbilisi ha contribuito ad allargare i miei orizzonti tematici all’area del ‘grande Caucaso’ e alle questioni di sicurezza ed è un valido alibi per il desiderio di viaggiare che da tempo mi porta lontano da Castelfranco, piccolo borgo della campagna aretina. Tra partite NBA e serie tv cerco tempo per sognare un futuro diplomatico e l’estetica dei film di Wes Anderson.

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